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7086 elementi trovati per ""

  • سلفيني أشاد بالدور المحوري للكويت في تعزيز الاستقرار

    وطنية - روما - أشاد السيناتور الإيطالي ماتيو سالفيني زعيم أكبر أحزاب الائتلاف الحاكم، بـ"الدور المحوري للكويت في تعزيز الاستقرار". وقال إثر لقاء مع سفير الكويت في روما عزام المبارك، إن "هناك اهتماما كويتيا ايطاليا بتطوير العلاقات على جميع مستوياتها لتشمل العلاقات الاقتصادية والتجارية، خصوصا أن إيطاليا تترأس قمة مجموعة الـ 20". ==========إ.غ.

  • Talal Khrais: “Negli occhi della gente, la speranza e la volontà di rinascere”

    Prosegue il resoconto del caro amico e collega Talal Khrais, che si trova a Beirut, sua città natale: “ Dopo quattro giorni sto ancora camminando per le strade della mia martoriata Beirut, e sono riuscito con grande difficoltà a scrivere a causa dello shock che ho subito vedendo la città della mia infanzia, della mia gioventù, completamente disastrata. Dal primo giorno, ho cominciato a piangere dimenticando che sono stato, come mi chiamano i colleghi, grande reporter che ha vissuto conflitti e guerre. Ho pianto vedendo tanta gente vicino alle loro case distrutte, famiglie che si rifiutano di lasciare il loro appartamento nonostante sia insicuro. Mi sono guardato intorno con le lacrime agli occhi: non ci sono più i quartieri di Beirut, la mia città di tanti colori, le scale di Gemayseh dove passavo insieme agli amici i momenti più belli della vita, gli alberghi della ‘dolce vita’ e le scuole. Beirut storica non c’è più. Ho camminato ancora verso via Nahre Ibrahim dove ho passato i momenti più belli della mia vita, nell’Associazione di Vahan Tekeyan e al quotidiano della diaspora armena ‘Zartounk’, dove ho iniziato a 16 anni il lavoro che svolgo ancora oggi. Li ho lavorato, ho studiato, ho incontrato il primo mio amore Araks. I danni sono enormi, guardavo il palazzo e non riuscivo a non piangere, e non riuscivo a capire se Vahan, il custode del Palazzo, stesse sorridendo o piangendo a sua volta:”Ce la faremo, vedrai. Siamo sopravvissuti a genocidi e guerre, bisogna fare qualcosa, non possiamo andare avanti in questo modo…”. Sono passati 34 giorni da quando la terribile esplosione di nitrato di ammonio al porto ha distrutto grande parte di Beirut storica, e molti palazzi che risalivano al XVII secolo. Quartieri che un tempo erano pieni di vita, ora sono cumuli di case inabitabili, brandelli di muri, finestre rotte. Sono 300mila i libanesi che non hanno un tetto sulla testa, rimasti senza casa, la maggioranza sono cristiani e armeni. Dove andrà tutta questa gente? Non c’è elettricità, né linea telefonica. Migliaia di porte non si chiudono. Non vogliono lasciare case pericolanti e non hanno fondi per ricostruire. È quasi impossibile, per la maggior parte dei residenti, finanziare la ricostruzione delle proprie case, poiché il Paese sta affrontando una crisi economica senza precedenti con un’inflazione alle stelle. Ma bisogna vedere l’altro lato della medaglia per sperare e credere alle parole di Vahan. Tutto il Libano, tranne il governo quasi inesistente è sceso in campo per sostenere i bisognosi che si sentono abbandonati dalla classe dirigente. Offrono le loro case, le chiese tutte le chiese sono aperte per ricevere gli sfollati. Arrivano ogni giorno aiuti medici, ospedali da campo temporanei, supporto umanitario e tecnico da molte zone del mondo e dall’Italia sempre presente in Libano. I primi due giorni non ho potuto apprezzare abbastanza l’operato dei volontari libanesi e non libanesi, che sono giovani, belli e umani, lavorano giorno e notte per sgombrare i detriti e ricostruire, utilizzano le tecnologie, un Call Center a Gemmayzeh per ricevere chiamate dove esiste una emergenza. La ricostruzione nelle loro mani. Migliaia di giovani lavorano in grande silenzio. Gestiscono la distribuzione del materiali di emergenza, garantiscono l’assistenza sanitaria portano gli aiuti alimentari ai bisognosi. I volontari si trovano ovunque nelle aree disastrate, aiutano a pulire le strade e le case. La maggior parte delle organizzazioni in campo mi hanno detto che tanti soldi vengono raccolti in loro nomi alla loro insaputa in Europa in Italia e che non deve essere strumentalizzata la loro tragedia. Il Libano non ha bisogno di soldi, ha bisogno di vetro e materiale di costruzione come infissi, materiale elettrico. Per questo. Ne ringraziare tutti i Paesi amici, e in particolare l’Italia, per l’assistenza, a testimonianza che italiani e libanesi sono due popoli con un solo cuore, sento il bisogno di dare un avvertimento: è essenziale che gli aiuti, i fondi e i materiali non passino attraverso organizzazioni non governative che destinano la maggior parte delle risorse a viaggi organizzati e privilegi, ma che vengano affidati a organismi ufficiali. Un esempio è stata la spedizione delle autopompe, delle jeep e delle attrezzature che i Vigili del Fuoco di Firenze hanno portato direttamente ai Vigili del Fuoco di Beirut. Grande speranza poi è riposta nella prossima visita del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che sarà a Beirut l’8 settembre, come già hanno fatto diversi rappresentanti dello Stato Italiano, fra cui la vice ministra degli Esteri, Emanuela Del Re, E’ molto importante, perché ogni più piccola risorsa che non raggiunge la destinazione prevista, potrebbe significare la perdita di una vita. Io continuo a camminare per le strade della mia città devastata, senza la forza di mettermi a scrivere, ringraziando per altro il caro amico e collega Roberto Roggero, che sta raccogliendo le mie testimonianze alla redazione di Assadakah. Insomma, mi guardo intorno e vedo tanto dolore, disperazione, ma anche la speranza che caratterizza la gente del Libano, che può trovare la forza di rinascere e portare il Paese a condizioni anche migliori di quelle di prima ”.

  • Cina – Criptovaluta ufficiale, vendite record in Italia

    La Cina, con una mossa senza precedenti, ha appena annunciato l’adozione ufficiale di una determinata criptovaluta come moneta ufficiale della Cina. Il governo cinese ha appena comunicato di aver scelto un’azienda di riferimento per l’acquisto e la commercializzazione della nuova moneta: lo YuanPay Group. Le vendite di questa valuta sono iniziate ufficialmente il 1 febbraio 2021 e attualmente è possibile acquistarla solo da YuanPay Group. Infatti, il vice ministro delle finanze cinese, Liu Kun, ha comunicato che il prezzo di questa nuova moneta ufficiale è di soli 0,09 euro. Un prezzo incredibilmente basso rispetto alla maggior parte delle altre monete in circolazione. Il Bitcoin, ad esempio, al momento della redazione di questo documento viene scambiato a 33.726,84 euro, mentre l’Ethereum a circa 1015,76 euro. Il 3 febbraio 2021 sono state occupate quasi tutte le posizioni riservate ai residenti in Italia. YuanPay Group può accettare solo un numero limitato di utenti totali, in modo da mantenere alto il profitto per gli utenti. Al momento ci sono ancora 37 posti disponibili.

  • Egitto – Scoperte due mummie con la lingua d’oro

    Clamorosa scoperta archeologica in Egitto: mummie, risalenti a circa 2.000 anni fa, rinvenute in scavi condotti a ovest di Alessandria da una missione dell’Università di Santo Domingo, presso il tempio di Taposiris Magna, antica città il cui nome significa appunto “Grande Tomba di Osiride”. La divinità aveva la signoria sul mondo dei morti, di cui era sovrano e giudice supremo, e la lingua d’oro della mummia serviva al defunto per parlare a Osiride, nel mondo dei morti. La missione archeologica ha riportato alla luce 16 tombe scavate nella roccia, una tecnica di inumazione diffusa in era greco-romana, con all’interno un certo numero di mummie in cattivo stato di conservazione, come ha riferito il ministero, riferendosi alle due con la lingua d’oro. Servivano al defunto per parlare a Osiride. Si tratta di foglie d’oro a forma di lingua nella bocca delle mummie, in un uno speciale rituale per assicurare ai defunti la capacità di parlare nell’aldilà davanti al tribunale di Osiride. Il luogo è stato fortemente danneggiato dal 2013 dal terrorismo islamico e ora dalla pandemia: gli introiti dell’anno, per il settore del turismo, scorso sono scesi del 70%, a 4 miliardi di dollari.

  • La mossa vincente di Mohammed bin Salman

    Roberto Roggero – A pochi giorni dall’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca, il principe saudita erede al trono, Mohammed bin Salman, ha abbracciato l’emiro del Qatar, Tamim al Thani, in Arabia Saudita per il recente e storico summit del Consiglio di Cooperazione del Golfo. E’ stato un segnale di portata simbolica enorme perché sauditi e qatarini erano bloccati da tre anni in una crisi che aveva messo tutte le potenze della regione le une contro le altre, con il coinvolgimento in un boicottaggio reciproco, estremamente controproducente per tutte le parti in causa e, per certi aspetti, anche per i resto del mondo. Ci sono, certamente questioni ancora da definire (Libia, Yemen, Iran, questione palestinese, ecc.) ma la strada per giungere alla soluzione di vecchie dispute è aperta, come finalmente aperti sono i valichi di confine e i collegamenti aerei fra i Paesi in questione. Poiché il Qatar è, in sostanza, un’appendice della enorme penisola araba, ma di enorme importanza geopolitica, si capisce che era un problema di non poco conto. Il principe Mohammed bin Salman ne è uscito a testa alta e la sua immagine ne ha guadagnato non poco, soprattutto in occasione della successione alla Casa Bianca, con un neo-presidente Joe Biden che non sembra intenzionato a proseguire sulla stessa linea del predecessore, che si è rivelato un autentico combinaguai. MbS, come è ormai noto, pare avere sempre più nelle proprie mani il destino del regno, con un relativo aumento della vigilanza nella protezione della propria persona. E’ noto infatti che sono stati numerosi i tentativi interni di estrometterlo dal potere, fra cui, secondo alcune fonti riservate e anonime, uno che, alla fine dello scorso anno, avrebbe fatto capo a persona molto vicina al trono, membro della stessa famiglia regnante, ma su questo le informazioni sono confuse. In ogni caso, MbS si è congratulato con il presidente eletto Biden, come da protocollo, e con il neo eletto presidente della Tanzania. Da parte sua, Joe Biden deve rendersi conto che non può permettersi di prendere tempo, nelle relazioni con Paesi di primo piano come Russia, Turchia, Cina e Arabia Saudita, e non necessariamente in quest’ordine. Di certo, il principe saudita ha dato il via a una nuova pagina nelle relazioni internazionali di un’area fra le più delicate del pianeta, ed è un primo significativo passo verso un futuro probabilmente più disteso.

  • Africa – Una lezione di umanità

    Redazione Assadakah – Viviamo un’epoca in cui il braccio della morte è da considerare definitivamente superato. C’è chi lo fa come Trump, in modo tanto plateale quanto arcaico e violento, mandando a morte i condannati, e chi lo fa invece in modo discreto perché evoluto e nonviolento, con atti di clemenza e abolizione della pena di morte. L’Africa, pur considerato territorio selvaggio e di guerre tribali, in questo sta facendo scuola, con iniziative che testimoniano valore umano, civile e politico. L’ultima riguarda la Repubblica Democratica del Congo. Il 2 gennaio, il Presidente Félix Tshisekedi ha graziato, fra altri, Eddy Kapend e Georges Leta, ritenuti responsabili dell’assassinio dell’ex presidente Laurent-Désiré Kabila, ucciso 20 anni fa nel proprio ufficio, il 16 gennaio 2001, per mano di una delle guardie del corpo, subito uccisa. Il figlio Joseph Kabila, che gli successe alla presidenza del Paese non ancora trentenne, si vide rendere giustizia di lì a poco. Nel 2003, un tribunale militare emise una trentina di condanne a morte per l’assassinio del padre. Ci fu una grande mobilitazione internazionale per scongiurare quelle esecuzioni. Joseph Kabila, riflessivo e non reattivo e brutale come il padre, promise clemenza con una moratoria sulla pena di morte, rimettendo al Parlamento la questione dell’abolizione. Joseph Kabila ha governato il suo Paese per 18 anni prima che Tshisekedi vincesse le elezioni nel dicembre 2018. Durante questo tempo, ha mantenuto la moratoria delle esecuzioni, mentre l’atto di clemenza che non ha voluto o saputo concedere, è passato al suo successore. Tshisekedi ha fatto bene le cose. Il 30 giugno 2020, ha commutato le condanne a morte in ergastolo, quindi ha emesso un provvedimento secondo il quale i detenuti dovevano trascorrere un periodo minimo in carcere di 20 anni. Il Kazakistan ha a sua volta decretato l’abolizione della pena capitale, con la firma del Capo dello Stato Kassym-Jomart Tokayev, alla legge di ratifica del II° Protocollo Opzionale del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, che obbliga gli Stati all’abolizione. Alla fine dell’anno appena passato, dalla Tanzania, sempre in Africa, è giunta notizia della commutazione, nel giorno dell’indipendenza, di 256 condanne a morte da parte del Presidente John Magufuli. Questi provvedimenti, servano a riflettere sull’obiettivo del superamento del braccio della morte.

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