L’Italia nel mondo Arabo e il mondo Arabo in Italia
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- Laura Allegrini: arte e fierezza in “rosso naturale”
Talal Khrais (National News Agency NNA Libano) – Beirut – Spesso le donne con i capelli rossi tendono a coprire il proprio colore naturale, preferendo optare per un biondo dorato o per un rosso più scuro. Il rosso va di moda e sembra rubare i cuori degli uomini, si dice sia il colore più seducente. Da Nicole Kidman a Kate Winslet, molti sono gli esempi di quanto la bellezza possa essere declinata al “ramato”. Ma chi può portare i capelli rossi? A questa e altre domande risponde una rossa naturale, la famosa cantante lirica Laura Allegrini durante un intervista rilasciata alla National News Agency (NNA) Libano.E’ opportuno quindi conoscere chi è Laura Allegrini. Una breve storia su Laura Allegrini: perché ha scelto Beirut? “Era il 21 febbraio 2019. Mi trovavo in Italia, e Khaled, un amico psichiatra libanese, mi invia un messaggio via whatsapp, su uno strano sogno che aveva fatto: “Mi vedo con un microfono a cantare in italiano proprio davanti a migliaia di persone, all’aria aperta; a un certo punto della canzone sento una voce femminile che canta in arabo: “Sono io la regina di Tiro, sono qui!”. Quella Elissa, Regina di Tiro, quella Didone che scappa dal Libano e fonda Cartagine in Africa, quella donna forte e risoluta narrata da tanti poeti, nel sogno di Khaled, ero io. Poi Khaled aggiunge: “Avrai buone notizie dal Libano. Non sapeva che qualche giorno prima, esattamente il 15 febbraio, un libanese conosciuto su Facebook, mi aveva dato la possibilità di entrare in contatto con l’agente di Ziad Rahbani. Nel giugno 2019 mi ritrovo a cantare con Ziad a Batroun, all’aperto, davanti a migliaia di persone, nell’area concerti del Nabu Museum che si affaccia sul Mediterraneo. Il sogno di Khaled è stato veramente premonitore. Dopo questa fantastica esperienza ho deciso di venire a vivere in Libano. E malgrado tutto penso di aver fatto la cosa migliore. Sono cresciuta molto in Libano, sono diventata più forte. Cosa c’entra la Regina di Tiro con i miei capelli rossi? è stato lo stesso Khaled a spiegarmelo: la celebre porpora di Tiro”. Quindi Sei rossa naturale? Ti piace questo colore” “Si, sono naturale, e unica della mia famiglia ad essere nata con i capelli rossi. Allora, a Viterbo, la città che mi ha dato i natali, eravamo pochissime ragazzine rosse, e tutte oggetto di scherno e derisione di stupidi ragazzi. Per questo da piccola non amavo molto l’idea di essere nata diversa, perché mi facevano sentire diversa. Adesso si parla tanto di Cat Calling ma allora dovevo subire dei veri e propri attacchi per strada e cantilene di una volgarità unica. Solo quando ho avuto l’opportunità di lavorare in teatro ho capito che i miei capelli, come Sansone, potevano essere un punto di forza. La rossa Fenicia, nello Pseudolus di Plauto, il mio primo piccolissimo ruolo, come vede già mi parlava del Libano. Quell’esperienza teatrale mi diede l’imput per lasciare Viterbo e andare a Roma, per studiare seriamente recitazione”. Tutte le donne possono tingersi di rosso? Di solito non si considera la tonalità della pelle? “Secondo me si, tutte le donne posso tingersi i capelli di rosso, certo dipende dalla gradazione. Solo il biondo non è per tutte. Negli ultimi anni molte donne lo hanno scelto come colore e non mi sento più tanto sola!”. Cosa usi per rinforzare i capelli, per renderli così belli?” “Uso l’henné, l’awsonia inermis, qui in Libano la chiamano la Henna. In Italia, però, anche sugli henné bisogna fare molta attenzione, devono essere più naturali possibili, senza picramato. Qui in Libano la qualità è buonissima, e personalmente l’ho trovato in un negozio armeno nel quartiere di Bourj Hammoud. La Henna cura i capelli e li rende forti e luminosi, sempre giovani. Mentre le tinte, con l’ammoniaca, devastano il capello….negli ultimi anni, molti parrucchieri si sono affidati a brand meno invasivi”. Quali sono le “rosse famose” che ti piacciono? “Chi non ha amato Rita Hayworth? Diventata rossa per il ruolo di Gilda e rimasta come icona delle donne rosse. Oppure la strepitosa Milva, poliedrica cantante italiana, anche lei però tinta. La stessa Fairuz dopo il 1975 ha scelto il colore rosso. Erano gli anni in cui andava molto di moda tingersi di rosso in Libano, mentre adesso le donne preferiscono il biondo. Il cinema ha dato sempre poco spazio alle attrici rosse naturali. Solo negli ultimi 20 anni il cinema internazionale ha accolto attrici dal naturale capello rosso, tipo Julianne Moore, Lindsay Lohan, Jessica Chastain, etc, tanto che anche le Vip di altri colori si sono convertite al rosso: Julia Roberts, Nicole Kidman, Amy Adams, Emma Stone, e altre. Personalmente, in quel poco di cinema e televisione che ho fatto mi hanno chiamato solo per fare ruoli da straniera. Di recente sono stata contattata da una casting libanese, perché hanno bisogno per ruoli di stranieri. La cosa mi ha fatto ridere, ma almeno qui sono veramente straniera”. Se volessi dare un consiglio alle donne con i capelli rossi, cosa diresti? “Che sono fortunate, e di amarsi per quello che sono”.
- إيطاليا تعود الى الحياة الطبيعية تدريجا
وفي هذا الاطار، جالت "الوكالة الوطنية للأعلام" في العاصمة روما، وزارت عددا من الحانات والمطاعم وصالات السينما التي بدأت بفتح أبوابها جزئيا لأول مرة منذ أكثر من سنة. فقد سمح بفتح صالات الحانات والمطاعم في الهواء الطلق، في عشرين مقاطعة انتقلت إلى اللون الأصفر الذي يرمز إلى أدنى مستوى من الخطورة على صعيد وباء كوفيد-19، ولو أن حظر التجوال لا يزال ساريا اعتبارا من الساعة 22,00. وعبر جميع الذين التقتهم "الوطنية" عن سعادتهم بإعادة فتح البلاد، معتبرين أنها بداية للعودة إلى الحياة الطبيعية، وأملوا في تمكن المطاعم من استقبال الرواد في الداخل أيضا في أسرع وقت ممكن، وليس في الهواء الطلق. ويبدو أن السلطات الإيطالية تكثف جهودها لتوسيع دائرة التلقيح للوصول في منتصف الشهر المقبل إلى مليون لقاح يوميا، وتسعى الى أن تعود السياحة اليها مع بداية شهر تموز.
- Dubai 2020 – Accademia di Firenze incontra ICC
Anche la direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze, Cecilie Hollberg, si è recata in questi giorni a Dubai per la Pre-inaugurazione del Padiglione Italia all’Expo 2020, avvenuta in presenza del Ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio, del commissario per l’Italia, Paolo Glisenti, e delle autorità emiratine. Per l’occasione, Hollberg ha potuto incontrare privatamente alcune personalità del luogo come Reem Al Hashimy, Ministro per la Cooperazione Internazionale degli Emirati Arabi Uniti e Direttore Generale di Expo 2020, Manuel Rabaté, direttore del Louvre Abu Dhabi, e soprattutto la direttrice del primo Istituto Italiano di Cultura negli Emirati Arabi ad Abu Dhabi, Ida Zilio-Grandi. Nell’ottica di una rinascita di un turismo culturale dell’Italia, le due direttrici hanno parlato di collaborazioni e progetti futuri che possano coinvolgere le istituzioni di Dubai e Italia. “La cultura è la base per l’intesa tra paesi nel rispetto delle nostre diversità – ha commentato Cecilie Hollberg -. Ho trovato degli interlocutori aperti e molto ospitali, felici della fiducia posta in loro per aver concesso la riproduzione del David specialmente in questo momento. È molto importante sostenere e sviluppare progetti condivisi e grazie a questo evento si sono create le condizioni per iniziare delle collaborazioni proficue con il nostro museo, la Galleria dell’Accademia di Firenze”. Intenzioni che sono state ribadite dal Ministro Reem Al Hashimy, un segno di amicizia e di universalità, in un’epoca come quella che stiamo vivendo in cui il mondo ha un forte bisogno di guarire. “Uno scambio culturale necessario – ha spiegato con entusiasmo Ida Zilio-Grandi – È l’inizio di una nuova cooperazione tra il nostro istituto italiano di cultura e la Galleria dell’Accademia di Firenze che di sicuro contribuirà a far conoscere maggiormente il patrimonio e la cultura italiana a negli Emirati Arabi”. (fonte AISE)
- Libano: a Tripoli con l’aggravarsi della crisi resta solo la società civile
Sono passati tre mesi dall’incendio del Comune di Tripoli, la seconda città del Libano, capitale del Governatorato del Nord a schiacciante maggioranza sunnita. Il rogo è stato appiccato all’edificio del Comune durante le violente proteste che nel gennaio scorso per quattro giorni hanno sconvolto la città. Le manifestazioni promosse dal collettivo della Thawra (rivoluzione), nato nell’ottobre 2019, hanno lasciato a Tripoli un morto, circa duecento feriti e danni alla città, il più grave dei quali proprio alla Casa Comunale. “Le persone che hanno appiccato il fuoco all’edificio il 28 gennaio scorso non erano manifestanti, ma infiltrati che nulla avevano a che fare con le proteste antigovernative”, afferma Riyad Yamaq, sindaco di Tripoli dall’agosto 2019. Medico, laureato all’Università di Pavia e specializzato in urologia, Yamaq nel 1995 ha preferito lasciare l’Italia e tornare in Libano, “perché avevo vissuto gli anni felici del Paese, prima della guerra civile del 1975. Avevo in mente gli anni di prosperità del Libano e sono tornato. Certo, ora la situazione è completamente diversa e la crisi morde a fondo la Comunità. Cercheremo di ricostruire questo edificio e restituirlo alla città.” Riyad Yamaq Sindaco di Tripoli, Libano Edificio del Comune di Tripoli L'interno del Comune di Tripoli, devastato dalle fiamme Per ora, gli unici piani agibili sono gli ultimi due, mentre il resto del palazzo è totalmente devastato. Anche la Thawra, l’ondata rivoluzionaria che tante speranze aveva suscitato nell’autunno 2019, non ha avuto miglior destino. “La Thawra è morta”, mi dice Mohamed, insegnante di matematica che con la sua ONG House of Literature, Science and development ha sfilato pacificamente nell’ottobre ’19 per le strade di Tripoli assieme a centinaia di altre associazioni e migliaia di privati cittadini. “Le priorità ora sono cambiate: la gente vuole cibo, lavoro, medicine, e dalla Thawra non sono arrivati risultati. Dunque nessuno scende più in piazza a manifestare, nessuno crede più che le proteste possano ottenere ascolto da parte del governo”. Attività nella sede della ONG House of literature, science and development Già, il governo: in Libano è ancora latitante, da quando nell’agosto scorso, all’indomani dell’esplosione che devastò il porto di Beirut, il gabinetto di Hassan Diab si è dimesso. Frattanto a Tripoli le farmacie non hanno più medicine, la gente non riesce ad acquistare il cibo a causa della pesantissima svalutazione della lira libanese, il lavoro manca e il carburante comincia a scarseggiare. L’abbandono scolastico è altissimo, e la città è piena di minori che lavorano nei negozi o chiedono l’elemosina in strada. “Il governo centrale ha abbandonato Tripoli da trent’anni”, si sfoga Nassir Namil nel suo negozio di gioielleria nell’antico Souk dell’oro. “La corruzione ha prosciugato le risorse destinate alla città, l’aria e l’acqua sono contaminate e la spazzatura si accumula ovunque. Oltre a questo, a Tripoli abbiamo avuto anni di scontri tra le comunità sunnita e sciita alawita, con centinaia di morti e distruzioni.” Namil aiuta come può le famiglie di poverissimi che abitano nei vicoli dietro le vetrine dei gioiellieri, donando loro cibo e vestiti, soprattutto per i bambini. “Ma non posso dirlo troppo in giro”, mi confida, “perché quello che posso dare è poco e il bisogno enorme. Non riesco ad aiutare tutti.” Un bambino al lavoro nei souk di Tripoli Anche l’ONG di Mohamed aiuta con donazioni in cibo e vestiario e promuove iniziative di integrazione sociale e culturale, rispondendo al bisogno di educazione e di socializzazione di tantissimi bambini e ragazzi. Stesse finalità di Seed (acronimo di Socio-Economic Enhance and Development), una ONG che per finanziarsi ha aperto una Guest House nel centro di Tripoli. “Abbiamo ristrutturato un antico palazzo appartenuto ad un muftì e tutto il ricavato va in attività benefiche”, mi spiega il cofondatore di Seed Nazih Fino, origini italiane e un passato lavorativo ormai alle spalle in Oxfam e Handicap International. “Il cambiamento è stato molto positivo per m:; non sono più un funzionario di una grande organizzazione ma con Seed aiuto direttamente il mio popolo.” La Seed Guesthouse nel centro di Tripoli Attività della ONG Seed La crisi in Libano non accenna a rientrare e, se un governo non verrà formato a breve, la situazione rischia di diventare molto pericolosa per l’intero Paese. Qui a Tripoli la solidarietà della società civile sembra l’unica su cui la città può ancora contare, almeno per il momento.
- Oscar 2021 – Italia a bocca asciutta
(Redazione Assadakah) – Niente statuetta per Laura Pausini e per “Io si” (motivo del film di Edoardo Ponti “La vita davanti a sé”, nel quale recita la madre, Sophia Loren), nonostante i pronostici. L’Oscar 2021 per la migliore canzone originale è andata infatti alla rapper H.E.R. e al brano “Fight for you”, motivo conduttore del bellissimo “Judas and the black Messiah” di Shaka King, storia dell’attivista Fred Hampton, leader del movimento Black Panthers, ucciso a soli 21 anni. Niente Oscar nemmeno per il candidato italiano per i migliori trucco e costumi, “Pinocchio” di Matteo Garrone, battuto dal film “Ma Rainey’s black bottom”. La statuetta per il miglior film è andata a “Nomandland” di Chloé Zhao, che vince anche la migliore regia, nonché migliore attrice protagonista Frances McNormand (tre Oscar in carriera con “Fargo” e “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”), che si avvicina a record ancora imbattuto di Katharine Hepburn con quattro statuette. Oscar come migliore attore protagonista a Sir Anthony Hopkins per l’interpretazione di “The Father”, dopo quello ottenuto per “Il silenzio degli innocenti”. Yoon Yieo-Jeong migliore attrice non protagonista in “Minari”, e migliore attore non protagonista Daniel Kaluuya per “Judas and the black Messiah”. Miglior film straniero “Un altro giro”, di Thomas Vinterberg.
- Italia – La Comunità Armena nel 106° anniversario del genocidio
Talal Khrais – Mi congratulo con la comunità armena che ha dimostrato unità e audacia questa anno in occasione della ricorrenza del 106mo anniversario della memoria promuovendo tante iniziative su tutto il territorio italiano. Il 24 aprile è stata la ricorrenza del il 106° anniversario della memoria dell’immane tragedia definita da papa Francesco “Il primo genocidio del XX secolo” di cui fu vittima il popolo armeno nel 1915. I Martiri della Chiesa Armena sono stati commemorati a Roma, domenica 25 aprile con una celebrazione ecumenica per la pace dal titolo “Preghiera con i Martiri del Genocidio Armeno”, su iniziativa di S.E. l’arcivescovo Khajag Barsamian, Rappresentante della Chiesa Apostolica Armena presso la Santa Sede, e di S.E. cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina. Hanno Partecipato alla cerimonia S.E. il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, gli Ambasciatori della Repubblica di Armenia presso la Santa Sede, S.E. Garen Nazarian, e presso la Repubblica Italiana, S.E. Tsovinar Hambardzumyan, nonché vescovi e sacerdoti delle Chiese armene, apostolica e cattolica. Erano presenti di varie Chiese, ortodossa copta, ortodossa romena, anglicana, evangelica luterana e metodista. I martiri sono stati ricordati altresì con una Santa Messa in rito armeno, celebrata presso il Pontificio Collegio Armeno, nel Giorno della Memoria armena, sabato 24 aprile. La cerimonia era presieduta da S.E. mons. Raphael Minassian, arcivescovo degli armeni cattolici di Armenia, Georgia, Russia ed Europa Orientale. S.E. cardinale Leonardo Sandri In occasione il coordinamento delle Organizzazioni e Associazioni Amene in Italia ha lanciato un appello: “Insieme, denunciamo l’aggressione militare turco-azero-jihadista contro la Repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh) nel settembre 2020, nonché la deriva espansionistica di Erdogan e Aliyev che costituiscono per l’Armenia e la Diaspora, una minaccia seria. Insieme, invitiamo le istituzioni della Repubblica a non confondere la politica estera con gli affari che diventano alibi per il silenzio sulle violazioni dei diritti umani e sulle verità storiche, offuscando i segnali d’allarme di crimini contro l’umanità che possono ancora essere prevenuti e condannati . Chiediamo alle stesse di adoperarsi in tutte le sedi bilaterali e multilaterali affinché la Turchia faccia i conti con la storia e riconosca le responsabilità dell’Impero Ottomano nel genocidio del popolo armeno e l’Azerbaigian rilasci senza precondizioni le centinaia di prigionieri civili e militari armeni dalle carceri azere. Insieme, stigmatizziamo a sei mesi dalla guerra contro l’Artsakh (Nagorno Karabakh), la distruzione del patrimonio artistico e religioso cristiano armeno nei territori conquistati dall’Azerbaigian, così come è avvenuto in Turchia dopo il genocidio, nonché la politica di armenofobia nei confronti di tutti gli armeni nel mondo. Il Friuli Venezia Giulia si impegni per il riconoscimento del genocidio del popolo armeno”. L' ambasciatrice armena in Italia, S.E. Tsovinar Hambardzumyan Lo auspica in una nota il consigliere regionale Alberto Budai (Lega), rifacendosi a quanto da lui chiesto in una mozione tematica che verrà discussa la prossima settimana dal Consiglio regionale Fvg e, al tempo stesso, ringraziando “i colleghi che trasversalmente hanno reso possibile l’inserimento nell’ordine del giorno dell’argomento, proprio a ridosso del 24 aprile, giornata in cui viene commemorato il genocidio dagli armeni”. “Ritengo fondamentale che la nostra comunità autonoma si esprima in maniera chiara, intraprendendo ogni azione necessaria per il riconoscimento del genocidio degli armeni: un popolo fiero che ha sopportato, e sopporta, tanti soprusi e che merita il nostro sostegno”. “Non si tratta di un’iniziativa isolata, ma si aggiunge – continua l’esponente pentastellato – a una serie di azioni da parte di numerose Istituzioni tra le quali, ultima in ordine di tempo, la decisione del presidente degli Stati Uniti di riconoscere come genocidio l’uccisione di 1,5 milioni di armeni durante la Ia guerra mondiale da parte dell’impero Ottomano. La libertà dei popoli, la possibilità ad autodeterminarsi e la tutela delle identità locali – conclude Budai – costituiscono valori fondanti che mi hanno spinto, molti anni fa, a intraprendere il mio percorso politico. Oggi come ieri farà sempre tutto quanto mi è possibile, affinché i diritti fondamentali di ognuno non vengano prevaricati e le violazioni del diritto internazionale siano sempre perseguite”.
- 105 imo anniversario dalla nascita del Grande Poeta Armeno Shiraz Hovhannes.
Talal Khrais - Oggi 105 imo anniversario dalla nascita del Grande Poeta Armeno Shiraz, Hovhannes. Oggi è il 105 imo anniversario della nascita del Poeta armeno (Alessandropoli 1915 – Yerevan 1984). Considerato uno dei maggiori poeti armeni, ha scritto circa quaranta libri durante la sua carriera, che contengono perlopiù poesie patriottiche e d’amore, caratterizzate da uno stile elegante e raffinato e da un ricco vocabolario. Orfano di padre, vittima del genocidio armeno, per tutta la sua vita ha combattuto contro la leadership corrotta russa. Laureatosi presso l’Università Statale di Yerevan e specializzatosi presso l’Istituto di Letteratura Gorky di Mosca, nel 1958 ha pubblicato il primo volume dell’antologia L’ira d’Armenia, considerata il suo capolavoro, a cui hanno fatto seguito altri due volumi pubblicati nel 1965 e nel 1974. Tra le poesie più note si ricordano: Ani, Mia madre, Che il mio amore rimanga segreto, Il destino degli Armeni. È stato sposato con la poetessa S. Kaputikian. Tanti auguri al Grande Shiraz, Hovhannes. IL FIGLIO Sipan Shiraz, in armeno Սիփան Շիրազ (Erevan, 1967 – Erevan, 25 giugno 1997), è stato un poeta, pittore e scultore armeno. Figlio del poeta Hovhannes Shiraz, ha frequentato l'Istituto d'Arte di Ereván. Ha pubblicato raccolte di poesia (sette in tutto) e memorie sul padre. Ha lavorato nella radio ed è stato membro dell'Unione degli scrittori armeni. Secondo il poeta Artashes Ghazaryan, "Sipan visse come una meteora". Morto a soli 29 anni, è sepolto nel Pantheon del cimitero centrale di Erevan.
- Armenia, strade e poeti
Nazie Asatryan e Talal Khrais – Yerevan , malgrado le numerose visite continua ad affascinarmi, chiese e monasteri, dove ci si può sentire parte della storia entrando in edifici antichi del V secolo a.C. Yerevan affascina nella sua cultura della socialità e ospitalità, dove non esiste il singolo ma una grande famiglia. Charles Aznavour è sempre lì, nella piazza intitolata a lui, affollata di giovani e vecchi che sentono le sue canzoni e cantano tutti insieme. Quando siete a Yerevan, città dei poeti e scrittori, avrete la voglia di allontanarvi dai social network per fare un picnic o passeggiare in luoghi in cui è possibile sedersi a bere un caffè e leggere un libro. In questo mio viaggio ho passato molto tempo nei parchi. Esistono parchi affascinanti come quello che porta il nome del poeta armeno Hovhannes Tumanyan ed è stato aperto nel 1970. Il parco si trova nel quartiere Ajapnyak di Yerevan. Occupa una vasta area (circa 7 ettari) dove si possono sempre trovare bambini e adulti che camminano. Ma le cose più romantiche sono i nomi delle strade tutte dedicate a grandi personaggi della poesia, letteratura e a dei grandi musicisti. Con la mia stimata collega Nazie Asatryan cercheremo di raccontare le strade più importanti della capitale. Iniziamo con il Piazzale di Mashtots (Avenue), una volta chiamato Lenin tra 1924 e il 1990. Mesrop Mashtots è il creatore dell’alfabeto armeno, inventato intorno al 405. Mesrop Mashtots , vissuto a tra il 361 e il 440 , è stato un monaco cristiano, teologo e linguista armeno. Come detto fu l’inventore dell’alfabeto armeno, segnando così una tappa fondamentale della storia del popolo armeno e della Chiesa Armena con l’unificazione delle stirpi di origini armene a quel tempo divise tra il Regno di Armenia, l’Impero Bizantino e l’Impero Persiano. Mesrop Mashtots Quello del piazzale Sayat Nova , è considerato il più grande poeta armeno del Settecento. La sua lirica amorosa è intensa, talora venata di malinconia talora colma di gioia. Sayat-Nova usa un linguaggio raffinato, denso di metafore e similitudini. In un periodo di oppressione culturale i suoi canti rappresentarono una testimonianza straordinariamente vitale di amore per la vita e per la natura. A Sayat-Nova vengono attribuite circa 220 poesie benché si ritiene possa averne composto anche migliaia. La gran parte di esse sono scritte in lingua azera mentre diverse sono quelle scritte in armeno, persiano e georgiano. Sayat Nova Viale Tumanyan – Hovhannes Tumanjan è stato un poeta armeno. È considerato uno dei più grandi poeti e scrittori armeni. Ha preso la sua ispirazione dal folklore nazionale. È deceduto il 23 marzo 1923 a Mosca, Russia. Viale Teryan Vahan – TeryanVahan Ter-Grigoryan Terian , nacque il 28 gennaio 1885 nel villaggio di Ganza, situato nel distretto di Akhalkalak della regione storica della Giavachezia, Impero russo (attuale Georgia). Le suggestive visioni della natura e della vita rurale del villaggio in cui nacque alimentarono la sua fantasia e lasciarono in lui un’impronta indelebile. Vahan era l’undicesimo figlio di Sukias Ter-Grigoryan , curato del villaggio ed appassionato di Léon Tolstoï. La forte personalità del padre esercitò senza dubbio una grande influenza sul futuro poeta, in quanto molto attivo in campo religioso e sociale ma anche dotato della tempra robusta del contadino. Sua madre era invece una donna sensibile e malinconica. Viale Abobyan -1868- 1920/- Khachatur Abovyan . Khačatur Abovjan , Kanaker, 15 ottobre 1805 – scomparso il 14 aprile 1848) è stato uno scrittore armeno. La sua formazione culturale è prettamente europea; in particolare, ha subito l’influenza del romanticismo tedesco. Fu attirato dagli ideali liberali ed egualitari, che però gli crearono grande ostilità in patria. Per la sua ampia produzione di romanzi, racconti e opere teatrali è ritenuto uno dei fondatori della moderna letteratura armena. Nel romanzo storico Le ferite dell’Armenia, scritto nel 1840 e pubblicato postumo nel 1858, attraverso il racconto dai toni spiccatamente popolari, della rivolta contro il dominio persiano Abovian, celebra le virtù eroiche e la grandezza della nazione armena. Viale Nalbandyan – Mikael Lazarevic Nalbandian , nato a Nor Nachicevan’ nel 1829 (morto a Kamysin nel 1866) fu una figura classica di rivoluzionario. Si spostò in Europa nei centri di maggior tensione politica e nei luoghi dell’emigrazione armena, dalla Turchia all’Italia . Arrestato nel 1862, fu incarcerato a Pietroburgo e liberato solo in punto di morte. Materialista pre-marxiano come filosofia (“Hegel e il suo tempo” 1863), sostenitore dell’indipendenza armena, è autore di alcuni romanzi come “A uno la parola, a un altro la fidanzata” (1858), “Interrogatorio dei morti” (1859), entrambi ispirati al realismo critico, e di raccolte liriche come “Libertà” (1859) che ebbero ampia popolarità per il loro pathos libertario. Validità attuale hanno ancora i suoi lavori di critica letteraria e di estetica: “Discorso sulla letteratura armena” (1854), “La critica” (1858). Viale Khanjya – Aghasi Khanjvan è nato a Van, parte dell’impero ottomano, oggi Turchia orientale. Nel periodo del genocidio armeno la sua famiglia emigrò dalla città nel 1915 e si stabilì nell’Armenia russa. Nel 1917-19 fu uno degli organizzatori dello Spartak , l’unione studentesca marxista dell’Armenia. In seguito fu segretario del comitato segreto bolscevico armeno. Aghasi Khanjvan Nel 1920, Khanjian divenne Primo Segretario del Comitato della Città di Yerevan del Partito Comunista dell’Armenia e, nel 1930, il primo segretario del Partito Comunista Armeno. Dimostrò di essere un politico sovietico carismatico ed era molto popolare tra la popolazione armena. Era un amico e sostenitore di molti intellettuali armeni, tra cui Yeghishe Charents (che gli dedicò una poesia), Axel Bakunts e Gurgen Mahari . È l’unico dei vecchi tempi che ha un viale che porta il suo nome.
- Il ministro degli esteri ha inaugurato il padiglione Italiano a Dubai
Talal Khrais - "Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha visitato questa il 26 aprile scorso la Dubai Future Foundation che ospita il Global Start-up Program, lanciato da Italian Trade Agency, che ha già aperto prospettive concrete e promettenti per le start-up italiane. Lo sottolinea la Farnesina su Twitter. "Creare nuove opportunità" per le imprese italiane e ribadire la "natura strategica del partenariato economico" con gli Emirati Arabi Uniti. Sono questi gli obiettivi della missione negli emirati del ministro degli Affari esteri e della cooperazione italiana, Luigi Di Maio, secondo quanto evidenziato dallo stesso ministro. Il titolare della Farnesina ha reso noto di aver incontrato alla Dubai Future Foundation della città emiratina, sette startup italiane che hanno illustrato al ministro "i progetti e le opportunità commerciali che stanno approfondendo negli Emirati Arabi Uniti grazie al Global Start-up Program promosso dall'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice). Di Maio ha scritto di aver "personalmente sostenuto il Memorandum d'intesa che ha permesso di lanciare questo programma e ha affermato di essere "convinto che l'attenzione all'innovazione, abbinata all'intuito imprenditoriale, sia una strategia vincente per i nostri startupper". Il ministro ha reso noto di aver incontrato ieri nella capitale Abu Dhabil'omologo emiratino, lo Sceicco Abdallah bin Zayed Al Nahyan. Nel corso dell'incontro bilaterale, ha scritto Di Maio, i due ministri hanno "confermato la natura strategica del partenariato economico" tra i due Paesi. Di Maio ha scritto di aver "personalmente sostenuto il Memorandum d'intesa che ha permesso di lanciare questo programma e ha affermato di essere "convinto che l'attenzione all'innovazione, abbinata all'intuito imprenditoriale, sia una strategia vincente per i nostri startupper".
- Malgrado la Pandemia, il Cinema scorre nelle mie vene: non perdete “La vita davanti a sé”
Talal Khrais (ANN, Libano) – Non mi occupo di Cinema e di Arte. Ho lavorato per 33 anni come reporter di guerra, in giro per il mondo, in aree dove si combatteva in prima linea. Adesso mi occupo, in Italia e nella Santa Sede, della politica estera ma il cinema è sempre stato una grande passione. In questo periodo di pandemia, nel quale le sale sono ormai da diversi mesi chiuse, sento prepotentemente la mancanza di recarmi a guardare un buon film. Il mondo del cinema italiano e internazionale sta attraversando un periodo di estrema difficoltà. Ciò però non mi impedisce di continuare a scrivere e vivere il grande Cinema, e far conoscere, tramite l’Agenzia Nazionale per l’Informazione ANN (che diffonde notizie in 54 Paesi), il cinema italiano nel mondo. Mi piace riportare, in lingua italiana, questo mio articolo pubblicato oggi dall’Agenzia in lingua araba. Probabilmente molti dei contenuti saranno noti a tanti italiani ma mi fa piacere condividere qualcosa su un argomento che mi sta molto a cuore e che mi scorre nelle vene: l’ultimo film interpretato dalla mitica Sophia Loren, che ritorna sul grande schermo. Non posso dire di aver visto tutti i film dell’amata Sophia Loren, ma posso dire di averne visti molti, e per questo vorrei parlare di uno in particolare, per me il più commovente: “La vita davanti a sé”. Una pellicola che segna uno straordinario ritorno, con la regia del figlio, Edoardo Ponti. Sophia Loren interpreta la parte di una ex prostituta ebrea, Madame Rosa, sopravvissuta all’Olocausto, che accoglie, dietro compenso, i figli di sue colleghe che non possono occuparsi di loro. Un giorno un suo amico, il dottor Cohen, interpretato da Renato Carpentieri, le propone di prendersi cura di un bambino senegalese di 12 anni, di nome Momò (Ibrahima Gueye) orfano e anche lui figlio di una prostituta. Inizialmente Madame Rosa rifiuta di prendere il bambino, così difficile e problematico, poi decide di accoglierlo. Con il passare del tempo si instaurerà un profondo legame affettivo. Quando la salute di Madame Rosa inizierà a peggiorare, la donna farà promettere a Momò di fare tutto il possibile per evitarle un eventuale accanimento terapeutico. Il ragazzino si impegnerà per rispettare questa promessa. Un bellissimo e significativo film nel quale la figura centrale è Madame Rosa, una donna anziana che guarda ciò che si è lasciata dietro di sé: un passato traumatico che la mente si rifiuta di capire e accettare. E poi c’è Momò, che invece ha tutta la vita davanti a sé, e può forse ancora rendere il suo futuro diverso, dimenticando il passato. La parte più toccante di questa straordinaria pellicola è rappresentata dalla promessa con la quale Momò si lega a Madame Rosa ed alla sua storia. Ed è proprio quella che gli dà la possibilità di riuscire a guardare la vita davanti a sé e non soltanto attraverso la ripetizione traumatica di ciò che è accaduto, trovando così un modo per “ripartire” e rinascere. Simbolicamente la morte di Madame Rosa rappresenta l’opportunità di un nuovo inizio per Momò. Soltanto attraverso la capacità di elaborare e capire ciò che è stato vissuto dietro di sé è possibile guardare e vivere la vita davanti a sé. L’interpretazione della Loren, sempre magnifica, affascinante e in grado di dare grazia e poesia al suo personaggio, rende comunque interessante la sua visione. Secondo diverse attendibili fonti, l’attrice non avrebbe voluto interpretare questo ruolo ma il figlio, Edoardo Ponti, noto regista, ha insistito per convincere la madre a recitare in questa parte. Una scelta ottima perché si tratta di un personaggio che solo lei poteva essere in grado di interpretare per rendere questa opera qualcosa di speciale. Sophia Loren non ha certo bisogno di presentazioni, ed è annoverata tra le artiste più celebri della storia, con una esperienza di oltre 50 anni, dall’indimenticabile esordio nei primi anni ’50 e una serie di successi fino al 2013. Il suo stile inconfondibile, il talento e la sua bellezza senza tempo, l’hanno resa una icona italiana nel mondo. Da non dimenticare un’altra italiana, a sua volta nota in tutto il mondo, Laura Pausini, interprete della canzone “Io si” (“Seen”), motivo conduttore de “La vita davanti a sé” (per altro fra i candidati a Golden Globe, Satellite Awards e Critics’ Choice Award) che fra l’altro potrebbe farle ottenere l’Oscar come migliore canzone originale”, da affiancare a quelli che Sophia Loren ha ottenuto nella sua prestigiosa carriera.
- Raffaella Murdolo, musicista di Cosenza, lavora per la Royal Opera House di Muscat
Talal Khrais - L'Oman è uno degli stati arabi più, forse, emancipati. A Muscat, la capitale del sultanato dell'Oman, vive e opera un pò di Calabria. Raffaella Murdolo, musicista di Cosenza, lavora per la Royal Opera House di Muscat, ricoprendo il ruolo di Artistic programming manager & supervisor of educational and outreach department in un paese da fiaba. "Vivo nel Sultanato dell'Oman - dice all'AGI - da cinque anni e il mio ruolo, mutuato dal modello teatrale anglosassone, risponde direttamente alla Direzione generale e ha come principale attività le negoziazioni contrattuali con gli artisti ospiti e il coordinamento dei vari adempimenti". Raffaella è orgogliosa del suo ruolo, un traguardo davvero prestigioso raggiunto. "La Royal Opera House é prevalentemente un Performing Art Center che ospita grandi star, compagnie e artisti provenienti da tutto il mondo - racconta Raffaella - in un cartellone che tocca tutti i generi: opera, sinfonica, jazz, musical e world music. Il mio è un ruolo di mediazione e di coordinamento, che mi mette in relazione con tutte le eccellenze artistiche mondiali". Si è diplomata come pianista nel 2001 con il massimo dei voti al Conservatorio "Stanislao Giacomantonio" di Cosenza. Nel 2003 ha vinto la selezione indetta dal Conservatorio di Cosenza quale migliore solista con l'orchestra e nel 2005 ha conseguito con lode il diploma in Musica Vocale da Camera. Si è poi perfezionata nella Scuola Superiore Internazionale di Musica da Camera del Trio di Trieste, istituita dal Collegio del Mondo Unito dell'Adriatico. Nel marzo 2007 la laurea con lode in Dams, indirizzo Musica, all'Università della Calabria, poi le collaborazioni con fondazioni liriche sinfoniche, teatri di tradizione e festival. "Ho iniziato a lavorare - dice - per la Fondazione Arena di Verona nel 2011, dove ho avuto modo di conoscere Umberto Fanni, allora direttore artistico della Fondazione Arena e oggi General Director della Royal Opera House di Muscat. Dal 2011 - racconta Raffaella – è iniziata poi una collaborazione continuativa che mi ha portato a lavorare con lui per il Teatro Grande di Brescia e poi in Oman, dove l'ho seguito nel grande progetto di lancio della Royal Opera House". Ma i legami con la "sua" Cosenza sono ancora forti. "La Calabria é casa mia, nel senso che è in Calabria che ritrovo la mia famiglia e i miei più cari amici d'infanzia e di studi. Da quando ho iniziato il percorso bocconiano e poi quello professionale - dice Raffaella - non ho più avuto modo di collaborare con le istituzioni calabresi. Ma quando rientro, e ho modo di passare del tempo a casa, ho purtroppo spesso la sensazione di una "terra madre" piu' incline a riconoscere e a valorizzare i percorsi professionali di persone che vengono da fuori che non dei propri figli naturali".
- Armenia – Biden riconosce il genocidio. Sarkissian: “Un atto coraggioso”
(Assadakah Yerevan) – Il presidente armeno Armen Sarkissian ha riconosciuto il riconoscimento del genocidio armeno da parte del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, come un atto coraggioso, e ha ufficialmente espresso i ringraziamento della Repubblica di Armenia: “Grazie, presidente Biden. È importante per la nazione armena e per tutti coloro che cercano giustizia in tutto il mondo, apre nuove prospettive per le relazioni USA-Armenia, e rende il mondo migliore. Il processo di riconoscimento e condanna internazionale del genocidio armeno contribuirà alla prevenzione del genocidio come crimine contro l’umanità e all’eliminazione dell’impunità”. Nel discorso del 24 aprile, il presidente Joe Biden ha dichiraato: ”Ogni anno in questo giorno, ricordiamo le vite di tutti coloro che sono morti nel genocidio armeno dell’era ottomana e ci impegniamo a impedire che una tale atrocità si verifichi mai più. A partire dal 24 aprile 1915, con l’arresto di intellettuali armeni e leader di comunità a Costantinopoli da parte delle autorità ottomane, un milione e mezzo di armeni furono deportati, massacrati o marciati verso la morte in una campagna di sterminio. Il popolo americano onora tutti quegli armeni che sono morti nel genocidio iniziato 106 anni fa oggi”. L’Assemblea armena degli Stati Uniti sottolinea che, riconoscendo il genocidio armeno, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha avuto il coraggio di dire ciò che i suoi predecessori negli ultimi 100 anni hanno sempre saputo ma non hanno messo in pratica. “Il riconoscimento del genocidio armeno da parte del presidente Biden segna una pietra miliare nell’arco della storia in difesa dei diritti umani”, ha dichiarato il direttore esecutivo dell’Assemblea Bryan Ardouny. “Resistendo fermamente contro un secolo di diniego, il presidente Biden ha tracciato una nuova rotta. L’affermazione del genocidio armeno accresce la credibilità dell’America e riafferma gli Stati Uniti nella causa mondiale della prevenzione del genocidio”. L’Assemblea ha sottolineato che il presidente Biden è rimasto fedele al suo record documentato di 30 anni di riconoscimento del genocidio armeno, dal momento in cui ha iniziato a servire come senatore del Delaware, attraverso la sua campagna presidenziale del 2020, quando ha promesso: “Joe Biden riconoscerà il genocidio armeno e farà i diritti umani universali sono una priorità assoluta per la sua amministrazione in modo che una simile tragedia non possa mai ripetersi”. In qualità di senatore, Biden è stato tra i sostenitori più informati e diligenti nell’usare il termine genocidio armeno. “L’Assemblea, tutti gli armeni ei nostri amici in tutto il mondo ringraziano profondamente il presidente Biden per questa riaffermazione del genocidio armeno in onore delle vittime, dei sopravvissuti e del principio dei diritti umani universali in tutto il mondo”, hanno affermato i copresidenti dell’Assemblea Van Krikorian e Anthony Barsamian.