Asssadakah Roma News - L'Unione Europea ha deciso lo stanziamento di 3 milioni di euro a sostegno del piano coordinato dalle Nazioni Unite per affrontare la minaccia ambientale rappresentata dalla petroliera FSO-Safer nel Mar Rosso, di fronte alle coste dello Yemen.
La FSO-Safer è una superpetroliera in rapido disfacimento, al cui interno sono ancora presenti circa 1,15 milioni di barili di greggio, a rischio imminente di fuoriuscita o esplosione che, se avvenisse, creerebbe una vera e propria catastrofe umanitaria, economica e ambientale nello Yemen e nel Mar Rosso, con effetti duraturi in tutta la regione. Potrebbe inoltre causare l'interruzione del commercio marittimo mondiale che passa per lo stretto di Bab El Mandeb.
Le avarie strutturali dell’unità galleggiante e l’impossibilità di provvedere alle riparazioni, rendono concreto il rischio che la nave affondi o esploda, con conseguenze devastanti per l’ambiente, per la popolazione e per l’economia del Paese, oltre che per quelli vicini bagnati dal Mar Rosso. Infatti, una catastrofe del genere potrebbe aggravare ulteriormente la crisi yemenita, impedendo l’accesso ai porti vitali per gli aiuti umanitari in un Paese già devastato da sette anni di conflitto.
La Fso-Safer, con i suoi 360 metri di lunghezza e 400 mila tonnellate di stazza, è tra le più grandi petroliere mai costruite. Uscita dai cantieri giapponesi nel 1967 come semplice petroliera, dopo circa un decennio fu convertita in unità galleggiante di stoccaggio e scarico (Floating Sailing & Offloading, FSO) dalla compagnia statunitense Hunt Oil per immagazzinare e trasportare il greggio dalla provincia di Marib.Da allora è diventata un un vero e proprio deposito di petrolio ancorato a 5 km dalla costa yemenita, di fronte al terminal di Ras Issa, e non si è più spostata.
Secondo le testimonianze dell’equipaggio rimasto a bordo, oggi ridotto a poche persone, l’acqua è penetrata nel vano motore della petroliera, provocando danni all’oleodotto. Inoltre, dal 2017, la mancanza di combustibili rende difficile attuare la produzione di gas inerti, fondamentali per neutralizzare i gas infiammabili derivanti dal petrolio. Questo è sicuramente il danno più grave. Priva del processo di inertizzazione la Safer, infatti, è una vera e propria polveriera, vulnerabile anche alla più piccola scintilla: si pensi all’effetto di una cicca di sigaretta lanciata su un ammasso di foglie secche.
L’evidente stato di decadimento della Safer, nel 2018, ha spinto il governo ufficiale dello Yemen e la leadership degli Huti a rivolgersi – separatamente- al Segretario generale delle Nazioni Unite per la risoluzione della questione. Infatti, da un lato il governo del Presidente Abd Rabbo Mansur Hadi, riconosciuto dalla comunità internazionale, possiede legalmente la petroliera ed il suo carico mediante la compagnia nazionale Sepoc; dall’altro sono i ribelli che controllano de facto la zona di ormeggio della nave. Per cui, al fine di rendere effettiva qualsiasi iniziativa internazionale, è necessario che essa venga approvata dalle due parti in conflitto.
Dopo diversi accordi falliti per l’ispezione della Safer, un concreto passo avanti è stato fatto lo scorso febbraio. Infatti, il Coordinatore per gli aiuti umanitari dello Yemen, Martin Griffiths, ha dichiarato di aver raggiunto un’intesa di principio con le parti per il trasferimento del greggio dalla Safer ad un’altra nave: le autorità di Aden hanno confermato il sostegno al piano, ed anche quelle di Sanaa (Houthi) hanno dato la loro approvazione.
La timeline del piano di sgombro non è stata ancora stabilita, anche a causa dei rischi presenti nella zona: le acque che circondano la nave sono minate, e non si è a conoscenza della posizione precisa delle mine. Dal canto suo, l’Onu è già pronta ad attuare le prime misure d’emergenza e a cooperare con gli altri Paesi della costa. Ma non è detto che la soluzione sia rapida, o scontata. In primo luogo, le Nazioni Unite dovranno occuparsi di raccogliere i fondi per l’operazione, il cui valore stimato è di 60 milioni di dollari.
コメント