
Rubrica Yemen - Archeologia, Cultura e Tradizioni, Le mille e una Fiaba - 1 Marzo 2025
Patrizia Boi (Assadakah News) - C'era una volta, in un tempo remoto, una Regina di nome Bilquis, celebre per la sua saggezza e la sua bellezza, il cui splendore echeggiava come un canto nelle terre lontane. Governava il leggendario Regno di Saba, una terra profumata di incenso e spezie, ricca di tesori e misteri. Il suo nome, avvolto da un'aura di magia e potenza, era conosciuto anche oltre il confine del deserto.
Un giorno, durante un incontro straordinario con il saggio Re Salomone, questi le affidò uno scrigno segreto, il cui contenuto sembrava brillare di un potere invisibile.
«Conservalo con cura e tienilo lontano dagli sguardi dei curiosi. Questo è il nostro segreto, lo affido a te, rappresenta l'equilibrio e l'armonia dei nostri Regni», le disse con voce solenne.
Bilquis, con il cuore colmo di riverenza, custodì quello scrigno con amore e dedizione per molti anni, come fosse il battito silenzioso del suo regno. Ma una notte, il sonno le portò un sogno inquietante, velato di mistero e di presagio.
«Lo scrigno segreto, simbolo della vostra antica alleanza, è stato rubato. Questo cofanetto rappresenta il cuore leggendario del tuo popolo, custodito nei luoghi più sacri dello Yemen e in grado di garantire pace e prosperità alla tua terra. Sappi che un Jinn malvagio, deciso a scatenare il caos, lo ha sottratto e il tuo Regno è in grande pericolo», sussurrava una voce dall'ombra del sogno.
All’alba, Bilquis si destò con il cuore gravido di decisione. Sapeva che non c'era tempo da perdere: il suo regno e la sua gente dipendevano da lei. Legata ormai alla leggenda come spirito protettore dello Yemen, la Regina si preparò a un viaggio che avrebbe intrecciato il suo destino con il fato di quelle terre.
Forte del suo coraggio e di una sensibilità unica verso il magico e l'ignoto, partì, lasciando che fossero i venti, le stelle e le visioni a guidare i suoi passi. Il deserto si stendeva davanti a lei come un mare d'oro e di polvere, e dopo una lunga giornata di cammino, una figura straordinaria emerse dalle dune: un Jinn, il cui corpo sembrava scintillare di ombre e luce.
Con voce possente, egli le annunciò: «Se il forziere vuoi trovare, ben tre prove dovrai affrontare».
Il destino di Bilquis e del Regno di Saba dipendeva da quelle tre sfide, poste nei luoghi sacri dello Yemen. Solo superandole avrebbe potuto recuperare lo scrigno e restituire pace e abbondanza alla sua terra, ormai minacciata dalla siccità e dalle discordie.
Prima Prova - Gli Enigmi della Diga di Marib

La Regina Bilquis giunse al tramonto presso i maestosi resti della diga di Marib, un'opera titanica un tempo emblema del genio e della prosperità del suo popolo. I raggi del sole morente accarezzavano le pietre antiche, come se volessero ravvivarne la memoria, e il mormorio di acque dimenticate sembrava sussurrare leggende al vento.
Mentre avanzava, un fremito percorse l’aria: dal cuore delle rovine emerse una figura magica, un serpente lucente i cui occhi scintillavano come gocce di rugiada al primo sole. Era uno spirito d’acqua, antico guardiano di quel luogo sacro, che si levò dinanzi a lei con maestosa grazia.
«O Regina di Saba, la tua saggezza è famosa quanto il tuo coraggio,» sibilò il serpente.
«Se davvero desideri proseguire, dovrai risolvere gli enigmi che custodiscono il segreto della natura stessa. Solo così potrai proseguire nel tuo cammino».
Bilquis chinò il capo in segno di rispetto, sentendo il peso della sfida. Lo spirito enunciò il primo enigma, la sua voce simile a una melodia che scivolava tra le pietre:
«Dimmi, qual è l’acqua che non bagna, quella che danza eterea senza toccare la terra?».
La Regina chiuse gli occhi, lasciando che il vento le portasse ispirazione. In un istante, vide la nebbia avvolgere le montagne dello Yemen, un velo impalpabile che sembrava sfuggire al tocco di chiunque. Con un sorriso rispose:
«La nebbia è l’acqua che non bagna, sospesa tra cielo e terra, fragile come un sogno».
Il serpente annuì, la sua forma luccicante si fece più luminosa.
«Ora, ascolta il secondo enigma. Qual è la terra che respira, quella che si rigenera e dona vita anche dopo la carestia?».
Bilquis osservò il suolo sotto i suoi piedi, sentì il profumo dell'incenso trasportato dal vento e ricordò i campi fertili che, nutriti dall’acqua e dal tempo, fiorivano anche dopo le piogge più violente.
«I campi fertili», rispose, «che respirano e si risvegliano dopo ogni stagione di aridità».
Ancora una volta, il serpente scintillò, il suo corpo si trasformò in rivoli d’acqua che si intrecciavano come fili di seta.
«Infine», proseguì, «dimmi: quale voce sussurra dal cielo, portando promessa e rinnovamento?».
Bilquis alzò lo sguardo, lasciando che il soffio del vento le accarezzasse il volto.
«Sono i venti», disse con sicurezza, «che portano le piogge, messaggeri di cambiamento e speranza».
Al suo ultimo trionfo, il serpente emise un sibilo di gioia, trasformandosi in una corrente d’acqua che danzava tra le rovine. Quella corrente illuminò il cammino della Regina, mostrandole una via segreta che conduceva verso la prossima prova.
Bilquis avanzò, il cuore gonfio di determinazione. Ogni passo tra le rovine della diga di Marib non era solo un passo verso il suo obiettivo, ma un atto d’amore per la sua terra e la sua gente, che attendevano il ritorno della pace.
Seconda Prova - La Grotta delle Pietre Cantanti ad Al-Hajjarah

Attraverso un sentiero tortuoso tra le montagne di Al-Hajjarah, la Regina Bilquis giunse davanti all'ingresso di una grotta che sembrava respirare un’antica magia. Le pareti di pietra sembravano pulsare di luce soffusa, come se custodissero un mistero nascosto da millenni. All’interno, echeggiavano melodie celestiali, intrecciate di suoni così dolci e armoniosi che sembravano provenire da un mondo al di là del tempo.
Appena varcata la soglia, Bilquis sentì il canto penetrarle l'anima, richiamando ricordi lontani, sogni perduti e desideri sopiti. Ma con quella bellezza veniva anche un pericolo sottile: ogni passo che faceva sembrava farle dimenticare il motivo del suo viaggio. Ogni nota incantatrice era come una carezza che le offuscava la mente, spingendola a smarrirsi in quel regno di suoni ipnotici.
Le pietre cantanti, disseminate lungo la grotta, erano di un colore cangiante, che mutava dal viola al dorato, riflettendo le melodie in una danza di luci eteree. Ogni pietra sembrava vibrare, emettendo un canto unico che si univa all’armonia generale, creando un’atmosfera surreale, come se l’intera caverna fosse viva.
Bilquis, sentendo il pericolo, ricordò le parole del Jinn:
«Se vuoi proseguire, segui il ritmo giusto e trova l’antica melodia che spezza l’incanto».
Frugando tra le sue cose, trovò l’antico tamburo che aveva raccolto lungo il suo viaggio, un oggetto umile ma misterioso, inciso con simboli che raccontavano storie dimenticate. Lo prese tra le mani e chiuse gli occhi, cercando nel cuore una melodia che potesse contrastare quel canto ammaliante.
Poi, come un’eco dal passato, riaffiorò una dolce ninna nanna, una melodia che sua nonna le cantava nelle notti della sua infanzia. Quel canto antico, semplice e puro, era come un filo d’oro che legava Bilquis alle sue radici e alla saggezza del suo popolo.
Cominciò a percuotere il tamburo con un ritmo lento e costante, accompagnando le note con il suo canto, che si alzò potente e limpido contro l’incanto delle pietre. Ogni colpo del tamburo era un richiamo alla verità, ogni parola cantata una preghiera che rompeva la magia.
Le pietre iniziarono a tremare, i loro colori si fecero più intensi, e infine una luce esplose dalla grotta, illuminandola di un bagliore dorato. Il canto ammaliante cessò, e le pietre, liberate dal loro incantesimo, rivelarono la loro vera natura: si accesero come stelle, illuminando un sentiero segreto che conduceva verso un arco di cristallo alla fine della grotta.
Bilquis avanzò con il tamburo ancora tra le mani, grata per l’aiuto degli spiriti benevoli che avevano risposto al suo richiamo. Ora il suo cuore era più saldo, e la sua determinazione più forte. Uscendo dalla grotta, sentì il vento delle montagne accarezzarle il volto, come un segno di approvazione da parte delle forze antiche.
Proseguì il suo viaggio, sapendo che una prova ancora più difficile l’aspettava, ma certa che il suo coraggio e il suo legame con le tradizioni del suo popolo l’avrebbero guidata fino al compimento della sua missione.
Terza Prova - La Danza delle Ombre a Zabid

Avvolta dalla luce dorata dell’alba, Bilquis giunse a Zabid, l’antica città delle mille storie, il cui fascino misterioso pareva avvolgere ogni vicolo e cortile. La Regina avanzò verso il cuore della città, guidata da un sentiero di mosaici iridescenti che la condusse a una stanza nascosta, un luogo custodito da antichi segreti e temuto da chiunque vi si avvicinasse.
Quando aprì la porta, fu accolta da un turbinio di ombre danzanti, spiriti indistinti che si muovevano come onde in una sinfonia oscura. Le ombre assunsero presto forme familiari, rappresentazioni delle sue paure più profonde: il fallimento, la solitudine e l’oscurità. Non erano semplici proiezioni, ma entità vive, pronte a spegnere il suo spirito se avesse esitato.
Il Fallimento - La prima ombra le mostrò visioni di catastrofi: campi deserti, un popolo in lacrime, e lo scrigno ormai perduto per sempre. La paura pulsava come un tamburo nel suo petto, ma Bilquis non si lasciò sopraffare. Nel centro della stanza vide un antico astrolabio, spezzato in frammenti. Con mani tremanti ma decise, iniziò a ricomporlo, pezzo dopo pezzo. Ogni movimento richiedeva concentrazione e fede nella propria capacità di risolvere l’enigma. Quando finalmente lo strumento fu completo, un bagliore dorato si irradiò da esso, dissolvendo l’ombra e lasciando un senso di calma nel suo cuore.
La Solitudine - La seconda ombra avvolse Bilquis in un silenzio opprimente, facendo scomparire i suoni della vita. Si sentiva isolata, un’eco lontana in un mondo vuoto. Ma la Regina ricordò le canzoni che sua nonna le cantava, melodie che parlavano di connessione e speranza. Con voce ferma, intonò quella ninna nanna, che si diffuse come un vento gentile. A poco a poco, dagli angoli della stanza emersero figure eteree, spiriti benevoli che si unirono alla sua voce. Il coro spezzò il silenzio, dissolvendo l’ombra della solitudine.
L’Oscurità - Infine, l’oscurità avvolse tutto, un manto nero che divorava la luce e la speranza. Bilquis si ricordò delle gocce d’incenso che portava con sé, simboli del suo legame con il sacro e il profondo. Accese una lampada ad olio, alimentata da quell’incenso profumato. La fiamma crebbe, emettendo una luce calda che dissipò l’oscurità e rivelò la stanza nella sua interezza.
Al centro, un piedistallo d’oro custodiva il cuore di Salomone, uno scrigno che pulsava come un cristallo vivente, irradiando una luce celestiale. Bilquis si avvicinò con riverenza e lo prese tra le mani, sentendo una connessione profonda con l’antica alleanza tra i due regni.
Epilogo della Prova

Con il cuore di Salomone al sicuro, Bilquis tornò a Marib. Lungo il percorso, il deserto si trasformò: da arido e silenzioso, divenne un tappeto di fiori e vita. Quando lo scrigno fu ricollocato nel suo luogo sacro, un’immagine eterea di Re Salomone apparve tra i cieli, sorridendo alla Regina.
«Hai dimostrato saggezza, coraggio e cuore puro. Il nostro patto vive attraverso di te», esclamò l’immagine, prima di svanire.
Bilquis, ora portatrice non solo dello scrigno ma di un rinnovato equilibrio, tornò al suo regno con la certezza che il legame tra uomo, natura e spirito fosse stato restaurato. La leggenda della sua impresa si diffuse, ispirando le generazioni future a coltivare armonia e speranza anche nei momenti più oscuri.
La Regina divenne la custode delle storie e dei segreti dello Yemen, narrando la sua avventura come un monito per proteggere l’armonia raggiunta. La sua leggenda venne tramandata per generazioni, ispirando i giovani dello Yemen a rispettare le loro radici e a trovare coraggio nelle difficoltà.
________________________________________________________________________La Rubrica del mese di Aprile sarà dedicata all'Oman a partire da Archeologia, Cultura e Tradizioni, Le mille e una Fiaba - 1 Aprile 2025
L’Oman è una terra di straordinaria bellezza, dove il deserto incontra il mare e le montagne custodiscono antiche storie. L’archeologia rivela siti millenari come Bat e Al-Ayn, con le loro tombe a torre, testimonianze della civiltà di Magan, famosa per il commercio del rame. Le fortezze di Bahla e Nizwa, con le loro imponenti torri, raccontano di un passato glorioso e di antiche dinastie. Le tradizioni omanite si esprimono nei suk profumati di incenso e mirra, nell’arte del khanjar, il pugnale ricurvo simbolo d’orgoglio nazionale, e nella musica folk accompagnata dal suono ipnotico dei tamburi. Le case bianche di Muscat si affacciano sul Golfo, mentre i dhow solcano le acque raccontando storie di mercanti e marinai. La cucina, semplice e speziata, offre piatti come lo shuwa, agnello cotto lentamente sotto terra. L’Oman, con la sua ospitalità leggendaria, è un ponte tra il passato e il futuro, dove la modernità rispetta le radici profonde della sua cultura.
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