Yemen - La miliardaria e inutile guerra americana
- Roberto Roggero
- 6 ore fa
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Roberto Roggero* - Quando Donald Trump si è insediato per il secondo mandato alla Casa Bianca, aveva promesso che avrebbe preso provvedimenti per sganciare gli Stati Uniti dalle ormai eccessivamente costose guerre che stanno dando fondo alle riserve finanziarie americane, che non sono sicuramente soggette a insolvenza, tuttavia è chiaro, ad esempio, il collegamento alla decisione dei dazi, calcolo ben studiato per fare cassa, e per restare sulla linea politica definita “America first”, o la decisione di proporre all’Arabia Saudita un pacchetto di forniture belliche da 100 miliardi di dollari.
Sono passati tre mesi, ma le forze armate americane rimangono impiegate in campagne militari senza fine, con il rischio di dare fuoco alle polveri nella crisi in Yemen e, di riflesso, in Siria, nel resto del Medio Oriente e soprattutto con l’Iran.

In ogni caso, è tutto collegato, perché con gli Houthi dello Yemen entra in campo l’importanza del Golfo di Aden, dello Stretto di Bab-el-Mandeb e del Mar Rosso, la questione palestinese, e i fondamentali equilibri geopolitici e commerciali di una delle aree più strategiche del mondo. Di fatto, anziché un graduale disimpegno, gli USA stanno accumulando sempre più potenza nel Mar Rosso, dove oggi sono presenti ben due gruppi navali con le due portaerei, orgoglio della US-Navy (USS-Gerard Ford e USS-Carl Vinson), e nella base aerea di Diego Garcia, nell’Oceano Indiano, dove sono stati fatti convergere i super bombardieri Stealth F117 e B2.
Un’operazione in cui gli Stati Uniti non solo non sono riusciti a ripristinare il traffico marittimo attraverso la rotta che collega Oceano Indiano e Mediterraneo, ma che ha anche spinto l’amministrazione Trump in una intricata spirale, con prospettive di escalation dalla quale, più passano i giorni, più è difficile tornare indietro.
Da considerare che l’impegno dei due gruppi navali nel Mar Rosso costa circa 15 milioni di dollari al giorno, e che l’impiego dei bombardieri Stealth costa circa 100mila dollari per ogni ora di volo, oltre ad altri tipi di aerei, missili, droni e satelliti. Inoltre, da ricerche e informazioni provenienti da fonti certificate, è provato che, nel primo mese di operazioni, i soli bombardieri Stealth B2 e F117 hanno sganciato bombe e missili per oltre 250 milioni di dollari, ai quali si devono aggiungere più di 2 milioni di dollari per l’utilizzo giornaliero di attrezzature per le intercettazioni. Gli Houti dello Yemen, invece, impiegano droni che costano poche migliaia di dollari ognuno, e con risultati in proporzione molto più efficaci.
A conti fatti, le operazioni americane per lo Yemen (paese più povero del Medio Oriente e della penisola arabica) alla fine dell’aprile 2025 si aggirano sui 3 miliardi di dollari, senza alcuna certezza di poter eliminare la minaccia Houthi dal Mar Rosso, anzi, con la sicurezza che finché gli Houthi rimarranno al potere nello Yemen, tale minaccia non potrà mai essere eliminata, e la prova sta nella guerra che l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi hanno scatenato contro di loro, durata ben sette anni, con oltre 25mila missioni di bombardamento aereo e la morte di circa 400mila persone, e che non ha risolto il problema.

Al giorno d’oggi, la superiorità militare non è più quella del Fronte Russo della seconda guerra mondiale, e non porterà ad alcun risultato, se non a quello di prolungare un conflitto che dura già da oltre un decennio, e riaccendere nuovamente il fuoco sotto la cenere di quella parte di forze militari yemenite che si oppongono agli Houthi e che, spinti dal sostegno americano, pare stiano già progettando la ripresa di attacchi via terra. Ovviamente, se questo avverrà, Washington non potrà non sostenere tale iniziativa, come stanno già facendo gli Emirati Arabi. E’ quindi logico pensare al rischio di un conflitto allargato in piega regola, che il presidente americano ha più volte ribadito di volere evitare.
Quale potrebbe essere la soluzione? Domanda non facile, ma di certo un accordo fra Washington e Teheran aprirebbe grandi possibilità di evitare un vero e proprio bagno di sangue, posto che Trump non ha ancora escluso l’eventualità di attacchi contro le infrastrutture nucleari iraniane, in caso di mancato accordo.
Di fatto, contro la volontà di una certa parte del Congresso americano che vorrebbe un maggiore impegno nel teatro del Pacifico (con particolare riferimento alla questione Cina-Taiwan), la maggior parte delle risorse militari americane che ora si trovano in Medio Oriente, è stata sottratta proprio al fronte dell’Estremo Oriente.
Rimane comunque un fatto certo che una eventuale vittoria strategica in Medio Oriente, non sarà possibile se non sarà supportata dall’impegno diplomatico, in particolare riguardo al problema Israele-Territori Palestinesi, causa prima dell’intervento degli Houthi.
A monte di tutto questo, grande risalto mediatico per l’attacco russo a Kiev, che ha causato nove morti. Martedì 12 aprile i morti per le bombe americane su un mercato yemenita sono passati sotto silenzio…
(*Direttore responsabile Assadakah News)
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