Saranno Russia e Stati Uniti ad avere i dividendi della vittoria contro il terrorismo in Siria.
Il terrorismo e l’Europa Nelle scorse settimane c’è stata una raffica di arresti tra Parigi e Bruxelles. Il presidente francese François Hollande, pur riconoscendo la minaccia rappresentata da “altre cellule”, annuncia che la rete terroristica responsabile degli attentati nelle due capitali “sta per essere annientata”. Secondo gli esperti che lavorano sul campo in Medio Oriente, ben diversi dagli esperti virtuali che impazzano sugli schermi televisivi italiani, in Europa ci sono centinaia di “cellule dormienti”, partite con i profughi siriani e iracheni in occasione delle sconfitte dei nuclei jihadisti in aree geografiche collocate tra Siria e Iraq. L’Europa continua con il suo atteggiamento ambiguo e contraddittorio: lotta al terrorismo, sì, ma niente collaborazione con gli Stati che combattono il terrorismo. Nessuno stupore perciò quando i risultati scarseggiano.
Il terrorismo e gli altri Gli Stati Uniti hanno finalmente capito che la vittoria contro il terrorismo, pur dovuta all’iniziativa e al comando di Russia, Siria, Iraq, Iran e Hezbollah, è comunque vantaggiosa per tutti. Pochi giorni fa il Presidente Barack Obama ha detto chiaramente ai dirigenti sauditi: «Il rapporto con l’Iran è importante perché è uno Stato che combatte il terrorismo». In pochi mesi russi e alleati in Siria hanno ridotto significativamente il potere dell’ISIS-Daesh. Possiamo già vedere all’orizzonte l’inizio del crollo del Califfato oscurantista. I bombardamenti mirati e gli abili infiltrati mandati dai servizi siriani fanno bene il loro lavoro: indicano obiettivi precisi, uccidono comandanti di spicco della grossa formazione terroristica, come nel caso del ‘numero due’ del Califfato, considerato il ministro delle finanze di Daesh, ucciso in un’operazione mirata. L’esercito siriano, con il supporto aereo russo, è già riuscito liberare la roccaforte dell’ISIS presso la città di Palmira. Nel frattempo le truppe irachene, sostenute dalle milizie della Mobilitazione Popolare, avanzano verso Mosul, avviando la campagna per riconquistare la più grande città fin qui sotto il controllo degli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi. Tanti altri fatti indicano chiaramente la crisi strategica e le precondizioni per la sconfitta di un ISIS quanto mai sotto attacco nelle terre di Siria e Iraq.
Il terrorismo e i vincitori Grazie alla distruzione di 1200 autocisterne che trasportavano petrolio rubato e dopo le sconfitte subite in diverse città con le conseguenti perdite di territori, si può dire che l’organizzazione terroristica si trovi in seria difficoltà economica: le entrate crollano di oltre il 60 per cento rispetto a pochi mesi fa. Finora l’ISIS ha perso circa il 32% del territorio che aveva nella fase di massima espansione nel 2015: basti citare zone come Palmira e a sud di Deir Ezzor in Siria, oltre ad ampi territori in Iraq come Ninive: si tratta di aree con indicatori economici relativamente più alti. Inoltre, grazie ai bombardamenti russi, l’accesso al confine turco ha visto ridursi drasticamente il numero dei camion da tassare. Molti in Italia e altrove hanno ripetuto fino allo sfinimento che i russi e i siriani non bombardavano l’ISIS. Invece il colpo più forte è stato riservato proprio al cosiddetto lo Stato Islamico. Perciò hanno fatto di tutto per silenziare una notizia che avrebbe meritato più spazio, come l’impresa compiuta dalle forze governative siriane, appoggiate dai russi, con la conquista di Palmira, in mano all’ISIS dal maggio 2015 e nota per ospitare il sito archeologico d’epoca romana e patrimonio Unesco dell’umanità. Si combatte contro l’ISIS, contemporaneamente, a Mosul, seconda maggiore città dell’Iraq, che fu occupata dallo Stato islamico nel 2014 e che, con un milione e mezzo di abitanti, costituisce il centro urbano più grande sotto il controllo dei terroristi. La sua riconquista rappresenterà un passo strategico di notevole importanza nella lotta al Califfato islamico, dato che per lo stesso Abu Bakr al-Baghdadi si tratta di una città dal forte valore simbolico. Sembra spettare agli Stati Uniti, grazie al lavoro congiunto con la Federazione Russa, il compito di contribuire a liberare i Raqqa, “capitale” del Califfato. Russia, esercito regolare siriano e forze di Hezbollah operano sul terreno mentre gli americani si occuperanno degli attacchi aerei. Spetterà invece a Mosca e Damasco il compito di riconquistare Aleppo.
Comments