Giulia Saccone - Nella serata del 24 settembre si sono succeduti i rappresentati della Repubblica in una serie di incontri volti ad inquadrare il futuro del giovane Stato, segnato non solo dal primo genocidio dell’epoca moderna, ma anche dalla pandemia , ma con davanti a sé l’impegno più umanista di tutte le più giovani repubbliche dell’ Eurasia
Il 24 settembre si è tenuta la celebrazione del trentesimo anniversario della nascita della Repubblica d’ Armenia presso il collegio Raphael-Moorat di Venzia. La cerimonia ha luogo dopo i due anni di lotta contro la pandemia ed un anno dopo l’infausta Guerra dei Quarantaquattro giorni combattuta per l’Artsakh. Di fatto, La Repubblica armena, sebbene giovane, ha dovuto confrontarsi sia con il suo imponente e doloroso passato, sia con le complicate sfide geopolitiche del secolo attuale e passato, tuttavia com’è stato ribattuto la sera del 24 settembre nell’ istituto che ha accolto e allevato grandi menti come Boghos Levon Zekiyan - “Il popolo armeno è un popolo straordinario, che non si è mai arreso e con orgoglio, dignità e fermezza ha sempre continuato a lottare per il futuro delle sue generazioni. I giovani sono coloro che daranno forma al domani: per questo è fondamentale per costruire un futuro migliore”.
I discorsi degli interventi inaugurali della cerimonia hanno illustrato ciò che l’Armenia è stata, ma soprattutto cosa sarà: una nazione giovane, ma matura, desiderosa di essere tramite i suoi valori di pace ed universalità un attore volto al sostegno della pace sia nella zona caucasica, che in quella mediorientale. Il futuro dell’Armenia nel mondo post pandemico sarà di fatto all’ insegna della collaborazione e della solidarietà, come quella dimostrata fra essa e l’Italia in numerosi campi attraverso vari fora internazionali, e in particolare la collaborazione che è trasparsa nelle relazioni fra l’Armenia e Venezia. Di fatto il Console Onorario Gagik Sarucanian nel suo discorso ha voluto ricordare sia il grande sostegno reciproco nelle occasioni dell’Acqua alta del 2019 e del conflitto del Nagorno-Karabak: “…Quindi non posso che dirmi onorato di ricoprire il ruolo di console d’ Armenia istuito di recente ad ulteriore consolidamento dei secolari rapporti commerciali e culturali fra l’ Armenia e Venezia. Quando nel 2019 Venezia è stata gravemente ferita dall’ eccezionale acqua alta, il primo ministro d’ Armenia Nikol Pashinian è stato il primo fra i primi capi di governo a visitare la città per offrire la solidarietà del popolo armeno, solidarietà che i veneziani ed i veneti hanno saputo ricambiare con spirito di abnegazione attraverso sostanziosi aiuti umanitari durante l’ ultima guerra del Nagorno-Karabakh”.
La città di Venezia e la Repubblica d’Armenia condividono costanti relazioni dal 1201, quando quest’ultima corrispondeva all’ antico Regno di Cilicia. I rapporti fra la città e lo stato sono sempre stati fervidi e fruttuosi, tanto da far nascere 50 stamperie gestite da famiglie armene sull’ isola nel 1480, nonché la famosa stamperia poliglotta della congregazione dei Padri Mechitaristi dell’isola di san Lazzaro, a cui si deve la nascita del primo libro armeno creato con la stampa a caratteri mobili: l’Urbatagirk (Libro del venerdì) da parte di Hagop Meghapart.
Sebbene la stamperia abbia chiuso la sua attività nel 1995, la confraternita dell’isola tutt’ora mantiene il ruolo di centro studi, divulgazione e conservazione della cultura armena, rendendola un unicum nel panorama italiano e forse mondiale. Ma i rapporti armeno-veneziani sono ancora tangibili anche nel collegio Raphael-Moorat che dal 1852 al 1997 ha formato le grandi menti del panorama culturale e politico armeno, tramite un’ educazione sui generis capace di imprimere sia lo spirito veneziano e quello armeno nelle giovani menti, tant’è che il poeta fautore del rinascimento Armeno e che proprio nell’ Isola pubblicò la sua prima raccolta di poesie, Fremiti, Daniel Varujan, scrive: “Sento che Venezia ha influito su di me con i suoi incantevoli tesori di colori, di ombre e di luci. Una città nella quale è impossibile pensare senza immagini”, e quindi non è un caso che l’Ambasciatrice della Repubblica d’ Armenia in Italia, sua Eccellenza Tsovinar Hambardzumyan si sia prodigata per trasferire la celebrazione dell’Indipendenza da Roma a Venezia, dove trova un significato ancor più maggiore.
Di fatto, celebrando l’ evento in un ruolo così carico di significato per la diaspora e soprattutto per la cultura armena, respirando ciò che l’ Armenia è stata, non si può non lasciarsi accendere l’ animo al pensiero di ciò che l’Armenia promette di diventare: un attore coscio degli insegnamenti della storia, pronto a mettere a disposizione la sua esperienza, la sua naturale propensione e desiderio di collaborazione, universalità e pace, per mettere a disposizione delle generazioni future un mondo in cui le indicibili sofferenze del popolo armeno che tutt’ oggi analogamente stanno sperimentando altre popolazioni, non siano che storia.
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