Assadakah News - I traumi riportati dai bambini di Gaza sotto le bombe sono un buco nero, come un feroce mostro che paralizza i loro piccoli cuori. Perché non c’è solo il freddo, la fame o la paura ma qualcosa di ben peggiore che va dritto ad intaccare la loro voglia di vivere. La regina Rania di Giordania ha descritto quanto questo effetto collaterale e perverso, naturalmente applicabile a qualsiasi latitudine, in ogni zona di guerra, possa essere letale.
È l’infanzia tradita che si mescola e pare non avere confini. Probabilmente sarà così anche per i piccoli ucraini o i bimbi israeliani sopravvissuti al 7 ottobre. I piccoli gazawi, ha detto Rania, non sognano più di fare da grandi gli esploratori, i medici o i calciatori: “Ho letto uno studio scioccante sullo stato psicologico dei bambini più vulnerabili di Gaza: il 96% ha riferito di sentire che la loro morte era imminente.
Quasi la metà ha detto che voleva morire. Non per diventare astronauti o vigili del fuoco, come altri bambini, volevano essere morti”. La voce della regina giordana descrivendo questo passaggio tradiva una certa rabbia e nella sala affrescata del Palazzo Apostolico, dove era in corso il summit internazionale voluto dal Papa per focalizzare i diritti dell’infanzia si è fatto silenzio. Accanto a lei sedeva Papa Francesco che ogni tanto annotava qualcosa su un foglietto. Poco prima erano stati snocciolati da altri relatori numeri impressionanti: 460 milioni di bambini fuggono da conflitti; più di 1 miliardo vive in Paesi ad altissimo rischio per gli impatti climatici. E guardando al 2025 la stima è che vi siano 213 milioni in 146 Paesi che avranno bisogno di assistenza umanitaria. I relatori - tuti leader di primaria importanza - avevano a disposizione 5 minuti per misurare questo fallimento: come è stato possibile arrivare a questo? Hanno parlato Al Gore, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, Mario Draghi, Liliana Segre, il rabbino David Rosen, Paolo Gentiloni. Rania catturava l’attenzione, aggraziata, in rosa confetto, senza fare sconti: «Uno status quo che ritiene accettabile la sofferenza di alcuni bambini, in base al loro nome, alla loro fede o alla loro terra di nascita? Dove il destino di ogni bambino dipende da dove cadono su qualche linea artificiale tra “i nostri figli” e “i loro”?».
Il punto è che senza pari applicazione, gli impegni globali suonano vuoti. Palestina, Sudan, Ucraina, Israele, Myanmar, Congo, Yemen. È la «non infanzia» che si affaccia e chiede il conto, soffocando l’urgenza. Papa Francesco vuole scrivere una Esortazione apostolica e baserà proprio sul materiale che ha raccolto nella giornata di ieri. Padre Ibrahim Faltas, della Custodia di Terra Santa, ricorda che «i bambini devono essere allontanati anche da qualsiasi cultura che incita all’odio e all’ignoranza». Frase densa e pesante come il piombo che fa venire in mente il terrificante lavaggio del cervello che ha portato avanti Hamas per anni con programmi scolastici distribuiti per incitare all’odio.
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