Vaticano - Francesco, un papa coraggioso
- Roberto Roggero
- 23 ore fa
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Maddalena Celano - Addio a Papa Francesco, che ha saputo incarnare le molte sfide del mondo moderno con timide ma determinate coraggiose aperture. Con la sua morte si chiude un capitolo controverso, ma significativo, nella storia recente della Chiesa cattolica. Jorge Mario Bergoglio, primo pontefice gesuita e primo sudamericano a salire al soglio di Pietro, ha rappresentato per molti una breccia nella corazza granitica della Santa Sede. Non un rivoluzionario, ma un uomo di dialogo, un papa che ha osato smuovere acque stagnanti, pur restando ancorato a una struttura per molti aspetti irriformabile, segnata da secoli di patriarcato, omofobia e complicità con poteri spesso criminali.

Durante il suo pontificato, Papa Francesco è stato oggetto di attacchi feroci, specialmente da parte dei settori più retrivi del cattolicesimo e del panorama politico internazionale. Figure come Monsignor Carlo Maria Viganò – che si atteggia a profeta "alternativo" ma i cui legami con ambienti conservatori statunitensi sono ben noti – non hanno mai smesso di lanciargli accuse infondate, fomentando teorie complottiste e campagne d’odio. Francesco è stato accusato paradossalmente di essere “eretico” solo per aver promosso parole come misericordia, inclusione, accoglienza. Tra le sue battaglie più significative, spiccano i suoi appelli per la pace nel mondo e contro la corsa agli armamenti. In tempi segnati da guerre devastanti e conflitti dimenticati, Francesco ha denunciato senza ambiguità la “terza guerra mondiale a pezzi”, opponendosi all’industria bellica, alla NATO, e a ogni logica di riarmo e colonialismo militare.
Sebbene le sue aperture verso le donne e le persone LGBTQIA+ siano rimaste timide e incompiute, in un’istituzione segnata da misoginia e omofobia secolare rappresentano un punto di svolta. Le sue affermazioni – “Chi sono io per giudicare?” – rivolte agli omosessuali, e il riconoscimento, seppur simbolico, del valore delle donne nella Chiesa, hanno rotto il silenzio colpevole di secoli. Tuttavia, restano intatte le gravi colpe dottrinali: la condanna dell’aborto, la retorica pro-natalista imposta alle donne, la mancanza di pieno riconoscimento dell’autonomia femminile.

Molto più coerente e profonda è stata invece la sua apertura alla Teologia della Liberazione, per decenni repressa e demonizzata dai predecessori, in particolare da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Francesco ha riabilitato figure storiche come Gustavo Gutiérrez, Leonardo Boff e, soprattutto, ha promosso una lettura del Vangelo profondamente incarnata nella sofferenza e nella lotta dei poveri. Senza mai adottarne completamente il linguaggio radicale, ha comunque accolto l’idea di una Chiesa “povera per i poveri”, schierata al fianco degli ultimi, contro le ingiustizie del capitalismo globale. Ha riconosciuto nel martirio di Monsignor Óscar Romero, assassinato mentre denunciava le violenze delle élite salvadoregne, il simbolo di una fede viva, che non si piega al potere.
Con l’enciclica “Laudato Sì”, Francesco ha intrecciato spiritualità e ambientalismo in una visione integrale, che denuncia il saccheggio delle risorse e la devastazione ecologica operata dal sistema neoliberista. E ha parlato chiaramente di sovranità latinoamericana, opponendosi ai modelli neocoloniali imposti da Washington, riconoscendo la dignità delle lotte indigene, contadine, popolari.
Papa Francesco non è stato un rivoluzionario, ma un tentativo – forse l’ultimo – di salvare la Chiesa da sé stessa. Non è riuscito a rifondarla, ma ha indicato la necessità urgente di farlo. Con la sua scomparsa, si apre un bivio: la Chiesa tornerà a chiudersi nei suoi dogmi, o qualcuno raccoglierà l’eredità, portandola finalmente oltre i limiti imposti dal clericalismo e dalla reazione?
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