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Immagine del redattorePatrizia Boi

Uzbekistan – Mappate città perdute sulla Via della Seta

Uzbekistan – Area montana oltre duemila metri


Patrizia Boi (Assadakah News) - Immaginate uno spettacolare paesaggio montano di oltre 2.000 metri di altitudine, con le cime innevate e verdi pascoli più a valle, potreste mai credere che in quello spazio verdeggiante siano sepolte due importanti città del passato?


Ci troviamo in Uzbekistan in Asia Centrale e le due città sono Tashbulak e Tugunbulak, le città perdute della Via della Seta situate in alta montagna.


Ricordiamo che per Via della Seta si intende l’insieme di percorsi carovanieri (attraversati, cioè, da carovane commerciali) che, all’incirca dal II secolo a.C. al XIV d.C., collegavano l’Europa all’Estremo Oriente. Non si trattava di un’unica strada, ma di un insieme di percorsi - terrestri e marittimi - e non vi transitava come merce solo la Seta. Il nome Via della Seta (seidenstrasse) fu coniato da un geografo tedesco, Ferdinand von Richthofen nel 1873, quando la via, almeno nella sua concezione originaria, non esisteva più. Nella storia del mondo antico e del Medioevo, questo percorso, per secoli, ha visto transitare non solo le merci, ma anche saperi e scoperte che hanno trasformato significativamente l’evoluzione dell’Occidente.


Tashbulak e Tugunbulak, sono, dunque, due siti archeologici che testimoniano di questi passaggi e potrebbero essere stati importanti centri urbani medievali. 


Lo afferma uno studio pubblicato sulla rivista Nature, condotto dagli scienziati della Washington University di Saint Louis, capeggiati dall’antropologo Michael Frachetti

Il gruppo di lavoro dell’università americana ha collaborato con il Direttore del Centro nazionale di Archeologia dell'Uzbekistan, Farhod Maksudov, analizzando le due antiche città di Tashbulak e Tugunbulak, distanti circa cinque km l'una dall'altra e scoperte rispettivamente nel 2011 e nel 2015.


Rappresentazione convenzionale della Via della Seta (immagine dal web)

La città più piccola, oggi chiamata Tashbulak, copriva circa 12 ettari, mentre la città più grande, Tugunbulak, raggiungeva i 120 ettari, e questo «la rendeva una delle più grandi città regionali del suo tempo», ha affermato Michael Frachetti.


Secondo l’antropologo americano, infatti, «Questi sarebbero stati importanti centri urbani nell’Asia centrale, soprattutto quando ci si è spostati dalle oasi di pianura verso ambienti più impegnativi ad alta quota», anche se a noi appare strano che ci si spingesse verso mete così impegnative.


Questi siti medioevali, in posizione montana, potrebbero giustificare un ripensamento del ruolo delle comunità periferiche nella storia del commercio. Secondo gli esperti, i centri urbani sono raramente ubicati oltre i 2.000 m sopra il livello del mare. Solo il 3% della popolazione si è stabilito ad altitudini tanto elevate, per questo le città archeologiche situate a questa altezza possono considerarsi davvero uniche: la costruzione di insediamenti e la pratica dell’agricoltura di sussistenza a queste altitudini presentano una limitazione tecnologica che rende difficoltoso il fiorire di tali centri, eppure  le rotte commerciali non passavano solo attraverso le pianure, ma i commercianti «trascinavano le carovane verso le montagne», come Maksudov racconta ad Alexander Nazaryan del New York Times.


Anche secondo il Frachetti «Sebbene fossero generalmente viste come barriere al commercio e al movimento della Via della Seta, le montagne in realtà ospitavano importanti centri di interazione. Animali, minerali e altre risorse preziose probabilmente hanno contribuito alla loro prosperità».

L’antropologo americano Michael Frachetti (Immagini dal web)

L’antropologo usbeco Maksudov ha aggiunto: «Questo sito aveva una struttura urbana elaborata, possedeva una cultura materiale specifica che differiva notevolmente dalla cultura sedentaria della pianura. È chiaro che le persone che abitavano a Tugunbulak più di mille anni fa erano pastori nomadi che conservavano una propria cultura ed economia politica distinta e indipendente».


La storia di questa scoperta, come spiegano Frachetti, Maksudov e il loro team, risale a molti anni addietro, quando vennero a conoscenza per la prima volta di queste città degli altipiani attraverso modelli computerizzati predittivi e rilevamenti pedonali effettuati con mezzi tradizionali, tracciando i presunti percorsi della Via della Seta nel sud-est dell'Uzbekistan, tra il 2011 e il 2015.


I ricercatori si sono imbattuti per la prima volta nei resti di Tashbulak mentre facevano trekking attraverso le montagne nel 2011, quando hanno notato frammenti di ceramica, luoghi di sepoltura e tumuli di terra sparsi in tutto il paesaggio, secondo Allison Parshall di Scientific American. Alcuni anni dopo, durante gli scavi di Tashbulak, incontrarono un proprietario terriero che aveva notato frammenti di ceramica simili nel suo cortile a pochi chilometri di distanza.

L’archeologo uzbeco Farhod Maksudov (immagini dal web)


Ci sono voluti molti anni affinché il progetto potesse concretizzarsi, ma questi tempi lunghi potrebbero essere stati utili perché nel frattempo le tecnologie si sono evolute facilitando immensamente la ricerca.


Come è stato possibile mappare, infatti, intere città che giacciono dimenticate nel sottosuolo da secoli?


Grazie ad una tecnologia detta LiDAR, acronimo di “Light Detection And Ranging”, che misura la distanza da un oggetto illuminandolo con una luce laser e che al contempo è in grado di restituire informazioni tridimensionali ad alta risoluzione sull’ambiente circostante. Un LiDAR utilizza tipicamente diversi componenti: laser, fotorilevatori e circuiti integrati di lettura (ROIC) con capacità di tempo di volo (TOF) per misurare la distanza illuminando un bersaglio e analizzando la luce riflessa. Si tratta di una sorta di radar basato sul principio dell‘eco, ma qui si usa come “segnale” la luce (pulsata) anziché un segnale radio.


I dati LiDAR possono essere utilizzati per generare qualsiasi cosa, dalle mappe topografiche dettagliate ai modelli 3D precisi e dinamici necessari per guidare in modo sicuro un veicolo autonomo in un ambiente che cambia continuamente, ma anche per valutare pericoli e disastri naturali come eruzioni vulcaniche, frane, tsunami e inondazioni. Impiegata nelle mappature, aiuta a stabilire i dislivelli tra i terreni con un particolare occhio alla morfologia di un determinato territorio (anche potenzialmente grossolano), consentendo agli addetti di creare numerosi Modelli Digitali del Terreno (anche tramite Droni), la cui precisione può essere altissima e il margine di errore piccolissimo.


Questa tecnologia LiDAR è comunemente utilizzata per mappare paesaggi archeologici bloccati da una fitta vegetazione, ma ha un valore aggiuntivo laddove la vegetazione è scarsa, come le montagne dell’Uzbekistan.


Frachetti ci spiega che «Le operazioni dei droni sono strettamente regolamentate in Uzbekistan, quindi questa scoperta è dovuta anche al sostegno politico e ai permessi che abbiamo ricevuto attraverso i partner locali e il governo».


Del resto, sono state queste scansioni a livello centimetrico che hanno consentito di effettuare un’analisi computerizzata avanzata delle antiche superfici archeologiche, fornendo una visione senza precedenti dell’architettura e dell’organizzazione delle città.

Mappatura Tugunbulak - Il profilo delle strade, piazze e difese di Tugunbulak può essere visto in questa ricostruzione da LiDAR sovrapposta alla topografia. (Credit: SAIElab/J.Berner/M.Frachetti)


Frachetti ha affermato con orgoglio: «Queste sono alcune delle immagini LiDAR ad alta risoluzione di siti archeologici mai pubblicate. Sono stati rese possibili, in parte, grazie alle dinamiche di erosione uniche in questo ambiente montano».


D’altronde in altri tempi questo lavoro avrebbe comportato tempi lunghissimi, infatti, continua Frachetti: «Le mappe finali ad alta risoluzione sono state restituite dopo un complesso di 17 voli effettuati dai droni nell'arco di tre settimane. Ci sarebbero voluti dieci anni per mappare manualmente siti così estesi».


La restituzione è il frutto dell’opera collaborativa di un’equipe costituita da Frachetti e da un gruppo di studenti laureati nel suo laboratorio di analisi spaziale ed interpretazione ed esplorazione (SAIE). Essi hanno riversato i dati del drone-LiDAR in modelli 3D, li hanno passati ad altri studenti che hanno applicato algoritmi computazionali per analizzare le superfici archeologiche e tracciare automaticamente milioni di superfici e linee per prevedere probabili allineamenti architettonici. Dopo queste operazioni hanno confrontato gli output finali con casi architettonici comparabili, concludendo che i loro risultati mettevano in luce la scoperta nel sottosuolo di un'enorme città antica che sarebbe stata invisibile a occhio nudo.


Inizialmente, infatti, le reali dimensioni di Tugunbulak sfuggivano ai ricercatori.


Come essi affermano nello studio: «A occhio nudo, le superfici moderne di Tashbulak e Tugunbulak appaiono come campi erbosi e ondulati con grandi tumuli piramidali e sparse ceramiche superficiali come unici indicatori del loro carattere archeologico».


I dati sono stati raccolti mediante 22 spedizioni osservazionali con la tecnica di telerilevamento LiDAR. È stato rilevato che a Tugunbulak sono presenti oltre 300 strutture uniche, che variano in dimensioni da 30 a 4.300 metri quadrati. Nello specifico, sono state identificate torri di guardia collegate a muri lungo una linea di cresta, terrazzamenti e una fortezza centrale circondata da muri in pietra e mattoni di fango.


Tashbulak segue una pianificazione urbana simile alle città contemporanee nell'Asia centrale medievale, con una cittadella centrale fatta di un tumulo elevato circondato da un'architettura densa e fortificazioni murate, con almeno 98 abitazioni, che condividono forme e dimensioni simili a quelle di Tugunbulak. Secondo gli scienziati, entrambe le città sono state costruite per sfruttare il terreno montuoso circostante come difesa.


La città di montagna di “Tashbulak” si trova in una zona di pascolo ad alta quota dell'Uzbekistan orientale, a circa 2100 metri sopra il livello del mare (circa 7500 piedi). L'indagine geofisica dell'intero sito (sponsorizzata dalla National Geographic Society) ha rivelato la densa struttura architettonica del centro cittadino, che si estende per circa 7 ettari al suo centro. Oltre alla cittadella sono visibili una grande area di laboratori industriali e un cimitero con oltre 350 sepolture individuali.


Questo consente di inquadrare Tashbulak all'interno di una più ampia sintassi dell'urbanistica medievale e della prima conversione islamica nella regione.  Tashbulak è attualmente uno dei pochi centri urbani conosciuti di alta montagna costruiti e occupati al di fuori delle zone agricole di pianura, durante il periodo dell'Impero Qarakhanide, una Dinastia turca musulmana, che regnò dal sec. X al sec. XII nel Turchestan, probabilmente discendente dal gruppo tribale dei Qarluq e convertita all'Islam nel corso del sec. X. L’opportunità intellettuale offerta da questo centro urbano appena scoperto, sulle montagne di Ustrushana (in Uzbekistan appunto), è quella di esaminare l’arte Qarakhanide e l’innovazione architettonica, la produzione economica e la struttura sociale all’intersezione tra i regni nomadi degli altipiani e quelli agricoli di pianura. 


Il team ritiene che Tashbulak sia esistito tra il 730 d.C. e il 1050 d.C. con una popolazione di migliaia di abitanti, mentre Tugunbulak è attribuito al periodo tra il 550 d.C. e il 1000 d.C. con una popolazione di decine di migliaia di individui, riferisce Will Dunham della Reuters.


Equipe di ricerca (Immagine dal web)


Al di là dell’aspetto altamente tecnologico di questa scoperta, il progetto riflette uno sforzo veramente interdisciplinare per la sua realizzazione, evidenziando quanto sia importante l’apporto di ogni specialista membro dell’equipe per raggiungere il risultato atteso, nonché l’aspetto collaborativo e cooperativo tra università e specialisti che appartengono a Paesi con realtà apparentemente lontane.


L’Archeologia è uno strumento di connessione e rispetto reciproco per le popolazioni, il cui obiettivo è quello di comporre il puzzle di ricchezze del passato che interessano tutti, insegnando agli uomini che questi Beni arricchiscono ogni individuo e ogni nazione coinvolta poichè appartengono alla collettività di tutto il pianeta.


Del resto dopo queste operazioni, Frachetti è del parere che entrambe le città meritino un’ispezione molto più attenta perché «Gli scavi preliminari in una delle strutture fortificate di Tugunbulak suggeriscono che la fortezza – un edificio protetto da muri di terra battuta spessi tre metri – potrebbe essere stata una fabbrica dove i fabbri locali trasformavano ricchi giacimenti di minerale di ferro in acciaio. Tale industria potrebbe essere stata una caratteristica fondamentale della città e della sua economia».


Scavi Archeologici Equipe Frachetti (immagini dal Web)


Appare evidente che le antiche città di Tashbulak e Tugunbulak non dovevano essere solo avamposti remoti o punti di ristoro per le carovane commerciali, infatti, spiega Frachetti:


«La Via della Seta non riguardava solo i punti finali della Cina e dell’Occidente. In Asia centrale erano in gioco le principali forze politiche e culturali. Il cuore complesso della rete è stato anche un motore di innovazione» per le città attraversate e per gli uomini delle carovane che le percorrevano.


Questo progetto e il suo approccio investigativo secondo Frachetti rappresentano un modello di lavoro sul campo, attraverso la tecnologia LiDAR basata sui droni, che potrà essere utile in futuro per ottenere immagini di altri insediamenti ad alta quota lungo la Via della Seta e oltre.


Egli conclude affermando:


«Potremmo davvero cambiare la mappa dello sviluppo urbano nell’Asia medievale».


Fonte: Frachetti, M.D., Berner, J., Liu, X. et al. Urbanistica medievale su larga scala tracciata da UAV–lidar nell'altopiano dell'Asia centrale, Natura (2024), DOI: https://doi.org/10.1038/s41586-024-08086-5

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