Talal Khrais - L’Italia con le sue istituzioni, soldati e società civile, hanno offerto un sostanziale contributo al popolo e alle istituzioni libanesi. Basta pensare all’importante ruolo della forza multinazionale schierata dalle Nazioni Unite in Libano. L’impegno italiano è apprezzato e riconosciuto da tutti gli attori interessati al processo di pace.
Una storia intensa quella delle relazioni fra i due Paesi, in particolare negli ultimi 40 anni. Un impegno nell’ambito delle Nazioni Unite iniziato nel 1978, anno in cui le Israele aveva invaso l’area meridionale del Paese dei Cedri.
Fino al 2006, UNIFIL operava in Libano con un contingente che oscillava tra i 2.000 e gli 8.000 uomini poi, nel luglio 2006, un’offensiva missilistica da parte di Hezbollah segnava l’avvio di una nuova fase del conflitto, che si concluse dopo soli 34 giorni con la risoluzione ONU 1701. Oggi, UNIFIL può contare sulla disponibilità di circa 11.000 uomini, di cui 800 civili, provenienti da più di 40 Paesi. Con 1.076 unità, 278 mezzi terrestri e 6 mezzi aerei, nel 2020, l’Italia è il primo Paese che contribuisce al processo di pace.
Tanti progetti a favore della popolazione vengono realizzati da parte dei militari italiani. L’ultimo, in ordine di tempo, risale al 4 gennaio, con la concretizzazione di un nuovo progetto di energia solare per alimentare l'illuminazione del lungomare dell'antica città Tiro, nel Sud del Libano, e i Caschi Blu italiani continuano a incentivare l'energia sostenibile in favore della società libanese.
I lavori hanno riguardato la realizzazione dell'illuminazione pubblica, e del relativo impianto fotovoltaico per l'alimentazione della stessa, che si inquadra nell'ambito degli interventi per amministrazione civile e autorità locali, con lo scopo di apportare beneficio alla comunità, mediante il miglioramento dell'illuminazione del lungomare dell'antica città fenicia di Tiro con l'ulteriore obbiettivo di incrementare la sicurezza nelle aree meno illuminate. Il progetto, finanziato con fondi del Ministero della Difesa italiano, sviluppato e portato a termine dalla cellula CIMIC (formata da specialisti del Multinational CIMIC Group di Motta di Livenza), del comando del Settore Ovest del sud del Libano, è stato effettuato in stretto coordinamento con le autorità locali, facendo ricorso a manodopera del posto, ed è inserito tra quelli di sostegno alla comunità locale relativamente alle operazioni finalizzate al sostegno della popolazione libanese.
La realizzazione del progetto, chiesta al contingente militare italiano dal sindaco di Tiro, Hassan Dbouk, è stata particolarmente riconosciuta e apprezzata dalle autorità libanesi intervenute alla cerimonia di inaugurazione, alla quale ha preso parte il comandante del contingente italiano in Libano, generale di brigata Stefano Lagorio. Il contingente militare italiano, su base Brigata Aeromobile Friuli, oltre alle operazioni di controllo del territorio, fondamentali per l'assolvimento della missione Unifil, in virtù della Risoluzione 1071, sostiene con professionalità e impegno la popolazione e le istituzioni locali al fine di rinsaldare anche i tradizionali vincoli di amicizia che legano Libano e Italia. Il 16 dicembre è svolto in videoconferenza presso la base "Millevoi" di Shama, nel Libano meridionale, il simposio sul Covid-19 al quale hanno partecipato i medici militari del contingente impiegati nel Settore Ovest di Unifil e personale medico collegato da ogni parte d'Italia. "E' chiara l'importanza della condivisione delle informazioni tra la comunità medica e sono molto orgoglioso di aver facilitato questo workshop con l'obiettivo di condividere le esperienze dei diversi scenari riguardanti la gestione della pandemia e, quindi, fare un aggiornamento sulle ultime tematiche riguardanti il Covid e sui possibili diversi futuri scenari di sviluppo”, ha dichiarato il comandante del contingente, generale di brigata Stefano Lagorio, citato in un comunicato stampa.
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