Talal Khrais, Sud Libano - Ci sono poche notizie sull’operato dei militari italiani all’estero, mentre leadership nullafacenti occupano quotidianamente gli schermi tv e pagine di giornali. E’ quindi doveroso, per un giornalista che ha la coscienza a posto, stare dalla parte di chi opera per la pace nel mondo come i militari italiani.
“Garantire la sicurezza nel sud del Libano e favorire il governo nell'acquisire nuovamente il controllo del territorio”. È questa l’anima della missione Unifil in Libano, che “ha come compito quello di monitorare la cessazione di ostilità fra Libano e Israele, favorire l’accesso di aiuti umanitari per i civili e garantire il rispetto della Blu Line, la linea di demarcazione tra Israele e Libano, affinché sia libera da forze armate a parte quelle di Unifil e quelle libanesi.
Unifil assiste il governo libanese nel garantire la sicurezza (dei propri confini) a sud del fiume Litani e interdire l’accesso di armi e materiale bellico, in particolare al contingente italiano è stata affidata la responsabilità del Sector West e i compiti principali sono quelli di condurre della pattuglie diurne e notturne e sorvegliare costantemente la Blu Line”. A spiegare alla Dire per il primo approfondimento sui teatri operativi della Difesa italiana i compiti della missione in Libano e del contingente italiano in particolare è il maresciallo Danilo Moro, del battaglione logistico Taurinense, in teatro da fine febbraio.
Proprio in virtù del suo ruolo, come comandante del plotone trasporti, il maresciallo ha spiegato il “ruolo fondamentale della logistica tanto in teatro operativo come nell’ambito nazionale, che garantisce supporto a tutte le unità. Dai trasporti, al rifornimento, dal mantenimento alle attività di disinfezione e vettovagliamento. Il battaglione logistico ha l’onere della pianificazione di tutte le attività logistiche per il contingente italiano. Dopo si passa alla fase delle operazioni, quindi al trasporto e rifornimento dei materiali destinati alle basi del territorio libanese. Come comandante mi trovo in prima persona a pianificare queste attività verso Beirut e nel territorio circostante”. Arruolato a 21 anni, Moro, ora alla sua seconda missione, non ha dubbi: “Ogni militare dovrebbe affrontare l’esperienza in teatro operativo”. Macchine per cucire professionali complete di ricambi e accessori, da utilizzare per il confezionamento di mascherine protettive in tessuto lavabile multistrato, utili al contenimento della trasmissione del Coronavirus, sono state donate alle donne del Centro di sviluppo sociale di Bint Jbeil, nel Libano del Sud, dai “caschi blu” del contingente italiano di Unifil, la Forza di interposizione delle Nazioni Unite schierata al confine con lo stato d’Israele.
Grazie al contingente italiano, il “Laboratorio Italia” potrà confezionare mascherine per la popolazione e offrire nuove opportunità di lavoro alle donne della comunità di Bint Jbeil, con possibilità di guadagno per le famiglie.
Soddisfazione per il successo dell’iniziativa è stato espressa dal comandante del settore Ovest di Unifil, generale di brigata Andrea Di Stasio, il quale ha sottolineato che oltre alla lotta al Covid“il progetto guarda a un coinvolgimento di risorse e competenze locali capaci di generare positive ricadute economiche nel territorio. Tutto questo, nell’ottica di un rafforzamento di politiche partecipative di sviluppo sociale che siano in grado di dare slancio al settore occupazionale femminile e favorire lo “state” e il “capacity building” nel Sud del paese. Un ciclo virtuoso di “self sustainability”, lo ha definito Di Stasio, “che il contingente italiano ha voluto implementare in ambito Unifil e che si sta rivelando vincente”.
La donazione, finanziata con fondi del ministero della Difesa italiano, rientra nell’ambito dei progetti di cooperazione civile-militare promossi dal contingente italiano per garantire l’assistenza alla popolazione che, insieme al monitoraggio della cessazione delle ostilità e al supporto alle forze armate locali, è uno dei principali compiti assegnati al contingente italiano di Unifil nel rispetto della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
La presenza italiana nelle missioni Nato continua ad aumentare. Il Paese – già secondo per numero di contributi alle operazioni alleate dopo gli Stati Uniti – guiderà infatti la rinnovata missione dell’Alleanza in Iraq. Così è stato deciso durante l’ultima riunione ministeriale Nato lo scorso febbraio.
Lanciata nel 2018, la Nato Mission Iraq passa pertanto da 400 a ben 5mila unità, per la maggior parte europee e canadesi – tra queste, le truppe italiane rappresenteranno la quota più numerosa. Mantenendo al tempo stesso la guida della missione Onu in Libano (Unifil), di quella Nato in Kosovo (Kfor) e di Eunavformed Irini, Roma prende ora le redini della quarta grande missione multilaterale nell’area del Mediterraneo allargato.
Un impegno di lunga data
L’Italia è presente sul territorio iracheno da quasi vent’anni, a fasi alterne in linea con l’orientamento dei maggiori alleati. Tra il 2003 e il 2006, le truppe italiane furono drammaticamente impegnate nella missione Antica Babilonia, mirata al supporto degli Stati Uniti nella stabilizzazione dell’Iraq a seguito del rovesciamento del regime di Saddam Hussein, e segnata dalla strage di Nassiriya. L’Italia fu poi parte attiva della prima Nato Training Mission Iraq, in corso tra il 2004 e il 2011 – sebbene la formazione degli ufficiali iracheni avvenisse principalmente fuori dal Paese – ed entrò nuovamente in forze in Iraq nel 2014 con l’operazione Prima Parthica, nell’ambito della missione internazionale Inherent Resolve, avviata dalla coalizione globale contro il sedicente Stato islamico (Isis).
Comments