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Un ricordo di Sammy Clark

Rita Tekeyan – “Un nome che mi porta indietro nel tempo, quando ero bambina, quello di Sammy Clark. Sentivo il suo nome e lo vedevo in televisione in vari programmi. Poi, quando avevo circa 16 anni, ho avuto l’occasione di conoscerlo. Per me era una cosa un po’ incredibile, mi ero sempre domandata perché si chiamasse Clark, visto che non è un cognome tipico libanese.

Sammy Clark aveva un piccolo studio in Ashrafieh, zona Fassouh, tra Geitawi e Sassine, dove era ambientato anche una parte del film “L’Insulto” di Ziad Doueiri. L’ho incontrato per la prima volta, accompagnata da mio padre, per un provino per un programma talent diretto da Sammy, che andava in onda sul canale televisivo Tele Liban. All’epoca non era come oggi, i talent show non erano di moda…

Ricordo un edificio in cemento armato, con le scale abbastanza buie senza ascensore, e poi lui: un vero gentiluomo, sembrava che già mi conoscesse. Gli altri partecipanti erano molto più grandi di me, io ero una ragazzina timida, molto introversa ma anche molto eccentrica in quel periodo, un po’ hippy, tante collane, anelli, cappellino. Andavo al liceo, studiavo pianoforte e canto lirico al conservatorio, e cantavo anche nel coro armeno, facevo due corsi di danza classica e contemporanea. Insomma, la mia vita era fatta di arte, ero come un dandy, leggevo Baudelaire. Pensandoci oggi, ero molto avanti per la mia età, sapevo già cosa volevo, ma ero comunque molto timida. La mia voce non era ancora “allenata”, ma avevo questa grande passione; lui è stato il primo a credere in me e mi ha dato l’opportunità di partecipare a questo show televisivo. Addirittura c’era un articolo di un giornale dove sui partecipanti allo show, e si parlava anche di me: “Rita Tekeyan che vuole diventare cantante …” mio padre aveva ritagliato questa pagina del giornale e lo conservava, anche se oggi non ricordo proprio dove sia finito quel ritaglio…

Da quel momento, ogni tanto passavo in studio di Samy Clark per fare due chiacchiere, e per le prove dello show. Poi in realtà abbiamo fatto anche un altro episodio, dedicato alle mamme, e anche mia madre era presente, mentre cantavo “Une Maman” brano in francese degli anni ’70. Tanta emozione, tanti ricordi, i miei genitori cosi fieri di me, e Sammy Clark, padrino dell’arte e del canto, che incoraggiava i giovani talenti libanesi.

Anni dopo, all’università, quando studiavo Architettura, avevo perso il contatto con Sammy, non l’ho più visto né sentito. Non sono riuscita a rientrare in contatto con lui, almeno per aggiornarlo su quello che facevo, di come la strada era così lunga e difficile, di come lo sia ancora adesso, e di come è bello essere un’adolescente ingenua che crede nell’amore e nelle canzoni di Shirley Bassey come “Love Story” e “Where do I begin”, non sapendo il vero significato di queste parole. Quante cose il mondo ci riserva, quante novità.

Sammy non sapeva, e nemmeno io, che sarei venuta a vivere in Italia, che avrei cantato brani contro la guerra, nel mio “Manifesto Anti-War”, e che avrei cantato della mia città natale, Beirut, con il mio album “Green Line”.

Caro Sammy, quante cose avrei potuto dirti, saresti stato felice di vedere che non mi sono fermata, nonostante tutte le difficoltà. Caro Sammy, non sapevo che hai cantato in arabo la versione di “Goldrake”, e che anche tu sei un sognatore con il cuore innocente di un bambino, che crede nella pace e nella bellezza del mondo. Sarai sempre nel mio cuore, e appena avrò l’occasione di ritornare in Libano cercherò quei video e le testimonianze di quel periodo della mia vita così importante che ha formato la mia vita”.

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