Assadakah Roma News – Con una decisione che ha rotto ogni indugio, pochi giorni fa il pontefice si è recato a colloquio con Aleksandr Avdeyev, ambasciatore russo in Vaticano. L’incontro è durato circa tre quarti d’ora, al termine del quale il diplomatico ha dichiarato: “Il Papa ha chiesto della situazione in Donbass e Ucraina e ha espresso la sua grande preoccupazione per la situazione umanitaria e per le condizioni delle popolazioni coinvolte. Ha esortato a prendersi cura dei bambini, dei malati e dei sofferenti. Secondo lui, questo è il principale obiettivo cristiano”.
Iniziativa di certo lodevole, che rivela la proposta della Santa Sede di porsi come mediatore, per risolvere la situazione e, innegabilmente, con un non indifferente guadagno in prestigio internazionale, nel recuperare il drastico calo di fedeli, le chiese semivuote, senza contare le profonde polemiche nell’affare pedofilia…Ma questa è un’altra storia, che di fatto comprende anche l’assenso della Santa Sede per l’applicazione delle sanzioni, e richiama le ancora oggi poco chiare vicende della Banca Vaticana, lo IOR, con la misura proposta e firmata dallo stesso papa Francesco, inserita nell'ordinamento vaticano nel 2018 per colpire patrimoni collegati a reati, e applicata dalla Corte di Cassazione del Vaticano. Curiosità: il grande palazzo di via della Conciliazione, sede dell’Ambasciata russa presso la Santa sede, è stato l’unico palazzo dello IOR risparmiato dal provvedimento.
Di fatto, è comunque importante che il papa si sia mosso per risolvere la crisi, con la collaborazione del Patriarca di Mosca, Kiryll I, ma la situazione religiosa ucraina è parecchio complessa, fermo restando il fatto che il Vaticano deve agire non solo sotto l’egida della Cristianità, ma anche seguendo la via della diplomazia politica, che si insinua nel labirinto di logiche profondamente diversificate, e tuttavia fondamentali per comprendere lo scenario in cui si sta svolgendo questa guerra e gli elementi che caratterizzano i rapporti con le varie istituzioni ecclesiastiche in Ucraina e nella Chiesa Ortodossa russa, sullo sfondo del “Cristianesimo Universale” tanto agognato da papa Bergoglio e dichiarato ufficialmente all’incontro che il pontefice ha avuto nel 2016 a Cuba con il Patriarca russo, anche nell’intenzione di realizzare una visita apostolica a Mosca, che sarebbe di valore non trascurabile.
Certo è che, l'Ucraina, dal punto di vista delle confessioni religiose, che comprendono pur sempre la componente politica, ha ulteriori caratteristiche: esiste un patriarcato ortodosso di Kiev, indipendente da quello di Mosca, e una Chiesa autonoma che si dichiara ortodossa ma indipendente rispetto al patriarcato di Kiev e a quello moscovita. In questo labirinto di differenze il Vaticano sta cercando di muoversi per accelerare il processo di pace, considerando che in Ucraina, solo il 50% della popolazione è di fede ortodossa, poi vi è la componente greco-cattolica che fa riferimento al Vaticano, ma che presenta a sua volta alcune singolarità storiche e culturali che richiamano una chiesa esclusivamente nazionale, ma che dal punto di vista delle relazioni, è quella comunque più vicina dal punto di vista istituzionale e confessionale. Ed è il dialogo inter-religioso che deve essere risolto prima di tentare la mediazione politica, in quanto il patriarca di Mosca non si è ancora espresso con una condanna ufficiale per l’iniziativa di Vladimir Putin contro l’Ucraina. Elemento a proposito del quale gli oltre 230 vescovi ortodossi russi hanno già provveduto a esprimere il proprio dissenso, quindi anche nei confronti del Patriarcato di Mosca. In questo scenario, comunque, gli esperti analisti ritengono che il pontefice sia il più ideale mediatore per una soluzione diplomatica della crisi, proprio per i rapporti esistenti fra il Vaticano ed entrambe le parti in conflitto.
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