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EDITORIALE - Ucraina, le lacrime del coccodrillo

Roberto Roggero – Secondo la saggezza popolare, serve a ben poco piangere sul latte versato, specie se non si tratta di casualità. Nulla di più azzeccato, perché in tal caso l’unica cosa utile sarebbe pulire e riordinare. Purtroppo però non si tratta di un tavolo di cucina dove, per disattenzione, si è rotto qualche bicchiere. O meglio: il tavolo si chiama Europa, e i bicchieri rotti sono vite a rischio. Tuttavia, almeno per avere chiara la situazione, ed eventualmente sapere come riordinare, meglio precisare chi è stato a rompere i bicchieri e versare il latte, come e soprattutto perché.

A questo proposito, e viste le condizioni in merito a libertà di stampa, media mainstream, disinformazione, e informazione pilotata, è utile comprendere che, nella situazione attuale, la versione imperante e imposta non è la sola verità. Di fatto, la Russia ha preso l’iniziativa e ha dato inizio a un’aggressione di uno Stato sovrano, azione di per sé biasimevole, e infatti la condanna è pressoché unanime, salvo qualche eccezione, ma è solo la proverbiale punta dell’iceberg, perché sotto la superficie c’è ben altro.

Il filosofo Giovanni Battista Vico parlava di “corsi e ricorsi storici” e molto prima, già sei secoli prima di Cristo, il cinese Sun-Tzu in “L’arte della guerra” (posto che si possa parlare di arte…) affermava che una guerra si vince o si perde molto prima di combattere. Si aggiunga che nella storia che si ripete, non esiste peggiore sordo di chi non vuole sentire. Presupposti base per comprendere ciò che sta accadendo, perché di esempi ce ne sono fin troppi.

Gli elementi della situazione sono i seguenti: l’Ucraina, guidata da un governo marcatamente di destra, ha da tempo espresso il desiderio di entrare a far parte dell’Unione Europea e, di conseguenza, della NATO, società per azioni a gestione statunitense, che certamente non è orientata verso una ideologia di sinistra.

La NATO, per statuto, può ammettere fra i Paesi membri solo Paesi che abbiano una economia non troppo instabile, e non abbiano al proprio interno, o con Paesi terzi, situazioni di conflitto. Già questo costituisce un paradosso, dal momento che da circa dieci anni, il governo di Kiev ha a che fare con le repubbliche separatiste del Donbass, Donetsk e Lugansk, dove è in corso un conflitto. Già questo costituisce un impedimento per il processo di adesione. Altro elemento: per l’Europa, e quindi per la NATO, l’Ucraina è un boccone allettante perché sarebbe l’ideale frontiera molto più orientale che in passato, per tenere d’occhio certi equilibri russi da una indubbia posizione di vantaggio, ma Vladimir Putin, di fatto padrone assoluto della Russia, in quanto non esiste una opposizione degna di tale nome al proprio interno, ha fatto sapere da tempo che non avrebbe mai accettato la NATO a tal punto vicina ai propri confini. Una situazione che ricorda da vicino la crisi dei missili sovietici a Cuba. Inoltre, da tenere ben presente il fatto che, con la caduta del muro di Berlino, il disfacimento del Patto di Varsavia, il successivo crollo dell’URSS, e l’unificazione delle due Germanie, era stato promesso e garantito a Mosca che la NATO non si sarebbe mai spostata così tanto verso Est da creare problemi, e che Nikita Krushev, sull’onda della destalinizzazione, aveva sostanzialmente concesso la Crimea all’Ucraina indipendente. Tutto ciò è stato sovvertito dalla stessa NATO che, per prima, ha disatteso l’impegno, segno tangibile che la Guerra Fredda è tutt’altro che terminata.

In Crimea, il voto popolare ha espresso il desiderio di oltre il 90% della popolazione di tornare a far parte della Russia, ma tale voto non è stato riconosciuto (ovviamente) dall’Ucraina, e tanto meno dalla comunità internazionale, così come la volontà di indipendenza delle autoproclamate Repubbliche indipendenti di Donetsk e Lugansk. La Crimea è troppo importante per la Russia, a livello economico e commerciale, in quanto porta d’accesso al Mar Nero e quindi al Mediterraneo.

L’esempio più lampante, senza andare troppo indietro nel tempo, è l’aggressione giapponese a Pearl Harbor che ha determinato l’entrata degli USA nella seconda guerra mondiale: se di sorpresa si è trattato, lo è stata per le vittime dell’attacco alla base americana nelle Hawaii, perché tale mossa non è mai stata più freddamente calcolata e attesa. Mai Washington avrebbe potuto apparire dalla parte del cattivo, e a quel punto Roosevelt non ebbe più ostacoli per entrare in campo, perché anche quella parte dell’elettorato che era contrario all’intervento, cambiò opinione.

La situazione attuale non è differente: la NATO, cioè Washington, vuole l’Ucraina come e più di quanto la vuole Putin, ma mai si sarebbe potuta permettere di prendere una simile iniziativa, per cui doveva essere il lupo cattivo Putin a fare il primo passo, e quindi legittimare un intervento diretto della stessa NATO, eliminando in tal modo anche quelle difficoltà che limitavano l’entrata di Kiev nell’alleanza atlantica e nell’Unione Europea, che mai come oggi appare cavalier servente della Casa Bianca.

E’ difficile credere che, nel corso delle settimane passate, le decine di migliaia di uomini e mezzi schierati ai confini ucraini, fossero stati messi in campo solo per compiere esercitazioni. Per questo era solo una questione di tempo. Putin infatti, ha poco tempo, perché nelle casse di Mosca si sta cominciando a intravvedere il fondo, ed è quindi necessario fare presto per annettere direttamente la Crimea e avere un corridoio diretto sul Mar Nero e sul Mediterraneo, perché dall’altre parte c’è un certo Recep Tayyp Erdogan che, affacciato al davanzale, aspetta di essere il proverbiale terzo che gode fra i due litiganti. Inoltre c’è anche un certo Xi-Jinping che da tempo si sta muovendo per assicurare alla Cina il monopolio commerciale in questa parte del mondo, dopo avere già portato dalla propria parte una buona fetta di Africa, dove per altro anche la Russia ha notevoli interessi e attività.

Con una Unione Europea di fatto inconsistente sul piano politico, il quadro assume tinte fosche e mette in dubbio la capacità di dare una risposta forte. Anzi, toglie ogni dubbio…

Le sanzioni più severe di sempre non serviranno a nulla, anzi, saranno estremamente deleterie, perché chiudendo agli investitori russi ogni possibilità di portare ossigeno alle banche europee, impoveriranno sia Russia che Europa, solo che la Russia si è garantita la porta cinese, sebbene Mosca e Pechino siano alleati che si tollerano perché conviene che sia così, mentre l’Europa non ha voce in capitolo, dal momento che non ha elementi per trattare da pari con il padrone di casa americano, e rimane sottomessa alla politica a stelle e strisce.

Un terzo fattore, ovvero l’ONU, non costituisce problema sia per una che per l’altra delle parti in causa, poiché ha già molte volte dimostrato di essere solo un enorme baraccone da circo senza alcun potere decisionale, politico ed esecutivo. Solo un'altra SpA made in America.

In questo desolante scenario, la frittata è fatta, ma a rompere le uova bisogna comprendere che non è stato solo lo Zar Putin, pur con i suoi pregi e difetti. A preparare la padella è stato il candido americano e, a scaldare l’olio, gli aiuto-cuoco e i lavapiatti europei. Sarà una frittata difficile da digerire, in quanto sarà servita essenzialmente alla gente della strada, seduta per terra, sotto il grande tavolo, dal quale cadono sempre meno briciole. Un esempio edificante per le generazioni future, alle quali resterà ben poco, forse nemmeno le briciole...

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