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Tunisia - Le molte insidie per la transizione di Saied

Lorenzo Somigli - Prosegue la fase di lento spegnimento del regime politico tunisino nato con le Primavere arabe a opera del Presidente Kaïs Saïed, che gode tuttavia di un ampio sostegno popolare. Sulla sua azione pesano però le condizioni economiche del paese e alle proteste politiche di Ennahda seguono quelle sociali dei disoccupati. Nel frattempo, il governo continua a trattare con il Fondo Monetario Internazionale mentre l’Italia conferma l’impegno per la sicurezza nella regione.

La Tunisia ha intrapreso un complesso cammino verso una stabilizzazione progressiva ma improbabile fino a poco tempo fa, seppur positiva per tutto il bacino mediterraneo. Come già illustrato su queste righe, la mossa di Kaïs Saïed ha spiazzato tutti gli attori, interni ed esteri, e ha marcato un solco netto con la stagione delle Primavere, di cui anch’egli è stato eminente protagonista. Il Presidente si sta muovendo con oculatezza e circospezione: gli strappi, sebbene imprevedibili come quello del 25 luglio, sono calcolati e seguono fasi di riassorbimento e sedimentazione. Del resto, in tutte le democrazie, più o meno compiute – la Tunisia ha una consolidata tradizione di diritti individuali e delle donne inaugurata da Habib Bourghiba – sono gli strappi che segnano i salti evolutivi e la società tunisina ha chiaramente sostenuto lo strappo rispetto all’ultimo tormentato decennio.

L’homo novus Kaïs Saïed può contare sempre sull’ampio consenso popolare, nemmeno minimamente scalfito fino ad oggi, ma anche su quello degli intellettuali e della comunità accademica e scientifica che, fin dagli anni di Ben Ali, è molto effervescente. Non a caso la premier Ne’jla Bouden è inattaccabile e persino Ennahda ne ha dovuto riconoscere il valore. Come rileva la Professoressa Leila El Houssi nell’ultimo numero di leSfide la sua “campagna elettorale a bassa intensità” e il prestigio personale, frutto anche del fattivo contributo alla stesura della Costituzione del 2014, hanno convinto il 70% dei tunisini nel 2019 e il suo gradimento rimane stabile. La sua contrarietà alla classe politica era chiara, così come il suo progetto di riforma che passa dallo svuotamento dei partiti: Saïed sta attuando, a piccoli strappi, ciò per cui è stato votato.

Prosegue la trattativa con il FMI (Fondo Monetario Internazionale) per dare ossigeno al paese in cambio di riforme non più procrastinabili. Jihad Azour, direttore del Dipartimento Medio Oriente e Asia centrale del FMI, ha sottolineato la strategicità della Tunisia in ragione della sua “vicinanza con l’Europa” e la presenza di un capitale umano e imprenditoriale da valorizzare. Risale a giovedì, invece, la notizia, diffusa dal portavoce del FMI Gerry Rice, della richiesta formale di aiuti da parte della Tunisia. In contemporanea, per soddisfare le richieste del FMI, Saïed ha annunciato un cronoprogramma per le riforme che prevede “un referendum elettronico per la revisione della Costituzione” e che intende ristabilire “l’indipendenza della magistratura”. Quest’ultima è un organo considerato, a partire dai concorsi banditi nel 2011, infiltrato, come tanti altri apparati dello Stato, da elementi vicini al partito islamico Ennahda o benvoluti.

Sui giovani, i più svantaggiati e spesso costretti a rischiare la vita nel Canale di Sicilia, si gioca una partita politica decisiva per le sorti della transizione tunisina. Delusi dalla politica che ne è nata ma memori dell’esperienza delle Primavere, cercano qualcosa di nuovo. Molti di coloro che vi presero parte hanno oggi tra i trenta e i quaranta anni e nel 2019, come ricostruisce Le Monde Afrique, si sono riuniti in comitati spontanei per sostenere Saïed e sono risultati decisivi. Proprio per questo il Presidente sta cercando di coinvolgere anche loro nel suo progetto di riforma costituzionale, che prevede, tra l’altro, strumenti di partecipazione diretta. Con i giovani protestatari, del resto, i suoi rapporti risalgono al 2011, quando era professore di diritto e quelle esperienze di democrazia e partecipazione rimangono un bagaglio valoriale a cui né i giovani né il Presidente intendono rinunciare.

Il paese vive in costante fibrillazione. Dopo quelle di ottobre, nelle scorse settimane si sono susseguite manifestazioni contro il Presidente, come al Bardo domenica 14 novembre. I partecipanti hanno chiesto la ripresa dell’attività parlamentare (la cui sospensione porta anche al blocco degli stipendi dei deputati). Ennahda ha criticato il forte contingentamento delle piazze, motivato anche da ragioni sanitarie, accusando la polizia di aver colpito i partecipanti. Sono in corso, inoltre, a partire dalla notte del 19 novembre, proteste dei disoccupati in diverse zone del paese. A Gafsa, riferisce Tunis Numerique, i manifestanti hanno fatto irruzione nella sede del Governatorato, a Kasserine i manifestanti sono in sciopero della fame, a Gabes la protesta si è limitata a un sit-in davanti alla sede, a Tataouine minacciano il blocco stradale. Un segnale di cui tener conto.

La geografia provoca la storia: Italia e Tunisia sono naturalmente amiche e chiamate a sforzi comuni. E il contributo italiano, anche in questa fase, non manca e non mancherà. Nei giorni scorsi l’Ambasciatore italiano Lorenzo Fanara ha incontrato prima Taoufik Charfeddine, Ministro dell’Interno, con cui ha condiviso una strategia per la “sicurezza mediterranea” che non può prescindere da gestione migratoria e contrasto alle organizzazioni criminali, e dopo il Ministro della Difesa Imed Memmich, con cui ha ribadito l’impegno comune per a sicurezza regionale insieme all’esercito tunisino ma anche per lo sviluppo del Sud del paese. È quella una zona critica, dove le proteste riesplodono con regolarità ma sulla quale Cooperazione italiana è intervenuta nei mesi scorsi sostenendo la creazione di microimprese nei governatorati di Medenine e Tataouine.La Tunisia verso la normalizzazione. Sempre sul piano dei rapporti internazionali è importante sottolineare la telefonata intercorsa tra il Segretario di Stato USA Antony Blinken e Kaïs Saïed. Il Presidente ha chiarito che il paese si sta avviando a una progressiva uscita dalla fase eccezionale resasi indispensabile per rompere lo stallo politico. Blinken ha rimarcato il sostegno al “processo di riforma trasparente e inclusivo”. Anche gli USA seguono da vicino la transizione ben sapendo di non potersi permettere altra instabilità nel Mediterraneo.

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