Redazione Assadakah - Sulla drammatica situazione in Terra Santa parla Talal Khrais, reporter e corrispondente di guerra, nonché responsabile per la politica estera dell’autorevole Associazione Italo-Araba Assadakah.
Tu sei libanese, la situazione la conosci fin troppo bene: nello scenario di guerra che vede opposte le forze israeliane e le formazioni palestinesi paramilitari cosa è cambiato?
“Premesso che è una situazione ormai addirittura anacronistica, sono cambiate tante cose che impongono allo Stato ebraico di riflettere profondamente. Non siamo più negli anni '60-'70 , quando Israele riuscì a occupare vasti territori dei Paesi Arabi, distruggeva loro arsenali senza avere un vetro e imponeva decisioni unilaterali. Israele doveva riflettere a fondo già nel 2006 quando, convinto di potersi prendere il Libano senza troppa fatica, ha fatto male i conti, e ha subito una cocente sconfitta da poche migliaia di combattenti di Hezbollah, che si sono sacrificati perché salvaguardavano la propria libertà, e chi combatte per la propria libertà non può essere sconfitto. Dal 2006 a oggi, grazie alle nuove regole stabilite da Hezbollah, Israele non osa attaccare il Libano. Lo Stato ebraico non è più in grado di colpire i palestinesi senza subirne le conseguenze; i palestinesi sono riusciti a spostare la guerra in casa israeliana, dove sono caduti oltre mille razzi lanciati dalla Striscia di Gaza, e solo poco meno di due giorni, cioè dall'inizio dell'escalation. L'esercito israeliano afferma di non tollerare nessuna violazione della sovranità di Israele, ma cosa riesce a fare? Israele ha preso di mira i movimenti islamici palestinesi nella Striscia di Gaza con una serie di raid mirati, che hanno solo causato la morte di civili innocenti e, in risposata, i palestinesi hanno bombardato le città israeliane di Ashkelon e Ashdod con una pioggia di razzi Qassam. A Tel Aviv l’aeroporto di Ben Gurion è stato chiuso al traffico aereo, ad Ashkelon le sirene di allarme si sono attivate più volte in una sola mattina. Non solo, ma Hamas ha minacciato di trasformare la città di Ashkelon in un "inferno" se l'esercito dello Stato ebraico non metterà fine agli attacchi contro i palestinesi”.
Tu pensi veramente che esista la possibilità di una svolta radicale?
“Si, senza dubbio. Basti pensare che lo Stato d’Israele vive una terribile emergenza, ad esempio quella imposta nella città di Lod, centro geografico del Paese, dopo disordini e proteste che hanno coinvolto la comunità araba locale, mentre si intensificava lo scontro militare tra le forze armate di Tel Aviv e quelle palestinesi di Hamas, e così è stato decretato lo Stato di Emergenza, che il “Times of Israel” dice essere stato voluto su ordine del primo ministro Benjamin Netanyahu, come primo provvedimento del genere a seguito di disordini che coinvolgono una comunità araba nel Paese dal 1966”.
“Secondo fonti attendibili l'esercito israeliano ha deciso di rafforzare la sua presenza al confine con la Striscia di Gaza, schierando alcune batterie d'artiglieria pronte al combattimento, qual'è la tua opinione in proposito?
“Cosa può fare di più l’esercito Israeliano, occupare Gaza? Ci ha provato dieci anni fa, quando i palestinesi erano meno preparati, e anche allora ha fallito. Questa volta tutto il mondo è manifestamente contro contro lo Stato di Israele, compresa l'Agenzia ONU per i diritti umani, che ha espresso profonda preoccupazione per l'escalation delle violenze. Le forze di sicurezza israeliane hanno usato ripetutamente, e senza giustificazione, la forza contro i palestinesi che protestano contro gli sgomberi forzati a Gerusalemme Est. Amnesty International riporta che dopo quattro giorni i feriti palestinesi sono oltre 850, mentre secondo fonti della polizia israeliana, sono stati feriti almeno 21 agenti e sette civili israeliani. L'Organizzazione ha chiesto alle autorità israeliane di sospendere immediatamente gli sgomberi forzati nel quartiere di Sheikh Jarrad e di porre fine alla campagna di evacuazione forzata a Gerusalemme Est”.
Quale può essere la soluzione?
“Il rispetto della legalità internazionale in conformità alle Risoluzione ONU 242 e 338, che riconoscono al popolo palestinese il diritto di avere uno Stato sovrano e indipendente. Israele non può sperare nella pace continuando occupare i territori palestinesi, non si può avere tutte due le cose”.
Che cosa ha realmente generato questa ultima spirale di violenza?
“Direi che il fuoco alle polveri è stato appiccato lunedi scorso, quando i coloni israeliani hanno cercato di occupare la Sacra Moschea di Aqsa, con la protezione delle forze di sicurezza, e i palestinesi hanno difeso il luogo simbolo dell’Islam. Poi esistono sistematiche violazioni dei diritti fondamentali della popolazione palestinese, che si succedono a ritmo costante, con le demolizioni di abitazioni che si accompagnano all’imposizione, alla forzata evacuazione di interi nuclei familiari in determinate località, di condizioni di vita disumane con l’obiettivo di determinarne la partenza. Lo scopo di tale strategia appare chiarissimo: il governo israeliano sta procedendo alla progressiva espulsione dei palestinesi dalle loro abituali residenze per fare spazio ai coloni, in evidente violazione dell’art. 49 comma 6 della IV Convenzione di Ginevra sulla tutela dei civili in zona di guerra, secondo il quale “la potenza occupante non può procedere alla deportazione o al trasferimento di una parte della sua propria popolazione civile nel territorio da essa occupato”.
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