top of page
Immagine del redattoreAssadakah

Talal Khrais: la storia dell’Armenia



Talal Khrais, Beirut – Paola Angelini, Roma

Talal Khrais, giornalista di politica internazionale e corrispondente per il Medio Oriente, conosce l’Armenia e la fermezza del popolo che con coraggio, nonostante le difficoltà degli ultimi giorni, guarda al futuro.


La storia millenaria dell’Armenia è piena di splendori e di momenti tragici. L’Armenia, lontana regione per più secoli contesa tra Romani, Parti, Bizantini e Sassanidi, divenne la prima nazione ad adottare il Cristianesimo come religione di stato (301), prima ancora dell’Impero Romano e dell’Europa le cui radici sono cristiane. Gli Urartu occuparono buona parte del Caucaso tra l’800 e il 600 a.C.: il primo impero che si stabilì nel territorio armeno dopo gli scontri contro gli Ittiti.


Tra il IX e l’XI sec. Il popolo armeno ebbe modo di dimostrare forza e resistenza nei confronti degli invasori conquistando l’indipendenza dopo valorose lotte. Seguì un tempo di straordinaria rinascita economica, sociale e culturale, interrotta dall’arrivo dei turchi nel 1071. Senza dubbio quest’epoca può essere definita una delle più tristi, non solo per l’Armenia, ma per tutta l’Asia rimasta, in parte, sotto la dominazione ottomana fino alla fine del ‘700.

Nel 1375 la sovranità armena in Cilicia terminò quando i Mamelucchi d’Egitto approfittarono della sua debolezza per invaderla, ma non riuscirono a mantenerne il possesso. Alcune tribù turche riuscirono a penetrare e stabilirsi nella regione, dando la possibilità di anticipare la conquista della Cilicia a Tamerlano. Molti armeni furono uccisi, altri scapparono e si stabilirono in diversi paesi dell’Europa orientale, nei Balcani, in Medio Oriente. A Mosca, Sochi, Odessa, Sebastopoli e nella regione della Crimea. In Ucraina a Tiflis, in Georgia a Batumi, a Plovdiv in Bulgaria. A Beirut, Atene e Aleppo. Una delle comunità armene vive da più di un millennio in Terra Santa, e a Gerusalemme uno dei quattro quartieri del centro storico è il Quartiere Armeno. Troviamo armeni a Cipro, rimasto sotto il governo veneziano fino al 1489. In Cilicia rimasero pochi armeni fino al tragico massacro del 1915. L’Armenia, strategica per la posizione geopolitica e per le sue ricchezze, finì per subire, dal 1813, l’Impero russo. Poi, però, l’esercito dello Zar venne piegato dalle grandi lotte interne e, nel 1917, dalla Rivoluzione da cui nacque il Consiglio Nazionale Armeno. Tali eventi facilitarono prima la proclamazione della Repubblica Democratica di Armenia, e successivamente la definitiva indipendenza dall’URSS dichiarata il 21 settembre 1991.


Dopo la diaspora, il popolo armeno ha ritrovato la speranza e si è integrato perfettamente nelle nazioni ospitanti. Con coraggio e paziente determinazione, ha dimostrato straordinarie qualità intellettuali e morali, e gli Armeni sono apprezzati ovunque.


I discendenti si dispersero nella diaspora armena; il Catolicosato della Grande Casa di Cilicia si trova ora ad Antilyas, in Libano, dove risiede Sua Santità Aram I.


Haykakan spyurk è il termine con cui si rappresentano le comunità armene che vivono al di fuori dell’Armenia e del Nagorno-Karabakh, regione contesa con l’Azerbaijan, sostenuto dalla Turchia, che non sembra voler deporre la sua avversione all’Armenia né le pretese sui territori dagli armeni storicamente popolati.


Secoli di vita armena troppo spesso dimenticati, e pochi conoscono o vogliono ricordare le grandi ingiustizie. Pochi politici conoscono o vogliono ricordare il Genocidio, le atrocità, l’occupazione dei territori, la diaspora.


È possibile onorare le vittime innocenti di questi avvenimenti attraverso la memoria conservata nei musei. Il Genocidio di un milione e mezzo di innocenti (1914-1915) sterminati dai capi dell’allora Impero Ottomano, i turchi di oggi, è un capitolo tragico che rimarrà aperto finché la Turchia non riconoscerà i torti del passato e non cambierà atteggiamento, ancora oggi ostile verso il popolo armeno.


Tala Khrais, prima di congedarsi, menziona il giovane direttore Aram Ananayan e tutti i colleghi di Armenpress, ai quali invia un particolare ringraziamento.

Comments


bottom of page