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Sudan – Un milione in piazza per la democrazia

Assadakah - “Non ci possono fermare, hanno arrestato il nostro premier, i nostri ministri, ma non possono portare in carcere tutti i sudanesi che credono nei valori della democrazia e della libertà”. È risoluto Mohamed Nahgi Al Assam, tra i leader più giovani dell’Associazione dei professionisti sudanesi, organizzazione che rappresenta 17 tra i maggiori sindacati del Sudan che per oggi ha proclamato lo sciopero generale nazionale, una disobbedienza civile per manifestare contro il colpo di Stato. Nonostante lo stato di emergenza dichiarato dalla giunta militare che ha preso il potere, è previsto l’arrivo nella capitale di un milione di persone. “Siamo determinati a portare a termine la nostra rivoluzione, non accetteremo altro che non sia un governo civile al 100%. Nessuno di noi ha paura di difendere gli ideali della rivoluzione, continueremo a lottare e andremo fino in fondo, la nostra battaglia per una piena democrazia non si ferma”, sostiene con fermezza Al Assam, fermato e trattenuto per ore nella mattinata del golpe per poi essere rilasciato con la diffida di partecipare a manifestazioni pubbliche. Pur consapevole del rischio di essere nuovamente arrestato, è sceso in piazza e guida le proteste che dal 25 ottobre proseguono interrottamente a Khartoum e si stanno estendendo in tutte le principali città del Paese, con un bilancio di vittime che è arrivato a 11 morti e 180 feriti.

“Abbiamo raccolto l’appello del nostro primo ministro che ci ha chiesto di andare in strada a manifestare per non permettere ai nemici della democrazia di uccidere la rivoluzione del popolo. Non possiamo lasciare la guida del Paese nelle mani dei militari. Hamdok è stato arrestato perché non ha voluto dimettersi, il suo atto di coraggio è per noi fonte di ispirazione”.

I militari hanno chiuso i ponti per impedire nuove manifestazioni di protesta, la situazione è imprevedibile. Regna il caos. Abbiamo indetto una disobbedienza civile a cui ha aderito la maggioranza della popolazione che si è battuta per il cambiamento e che non accetta il colpo di stato. Proseguiremo una lotta pacifica restando in piazza, senza forzare i blocchi delle milizie, ma fermeremo tutte le attività: scuole, esercizi commerciali, banche… sarà sciopero generale in tutto il Sudan”.

Negli scontri tra dimostranti e militari scoppiati dopo l'intervento dell'esercito con l'arresto del primo ministro Hamdok ci sono state vittime.

Molte le testimonianze dirette: “I colleghi del sindacato dei medici ci dicono che siamo a undici ma tra i 180 feriti molti sono gravi. Tutti con lesioni da proiettili. Temiamo che le vittime possano salire e anche le repressioni continueranno. Le milizie sono feroci, sparano ad altezza d’uomo. Mirano alla testa. Per uccidere”.

“La gente non può accettare di perdere la speranza riposta nella democrazia. Il popolo sudanese sembra giunto allo stremo ma non smetterà mai di manifestare contro ogni forma di colpo di Stato e sosterrà solo una transizione democratica”.’

“Il popolo sudanese ha fatto grandi sacrifici per il cambiamento, affinché le nuove generazioni, i nostri figli e le nostre figlie potessero vivere in uno stato civile e democratico. C’è molta amarezza ma la volontà di difendere quanto finora conquistato, la lotta per uno stato civile democratico, prevalgono. Alcune delle promesse del governo sono state disattese, le riforme sono lente, ma questo è il momento di non abbandonare la nostra lotta, è il momento in cui invitiamo i figli e le figlie del nostro popolo a schierarsi di nuovo uniti e continuare a resistere a quello che resta del regime”.

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