Assadakah News Agency - La critica situazione attuale in Sudan ha richiesto una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri della Lega Araba, che dovranno decretare l’accoglimento o meno della proposta arrivata d Washington riguardo a sanzioni contro il leader della Rapid Support Force, Mohamed Dagalo “Hemeti”, per altro accusato di violazione dei diritti umani in seguito al colpo di stato dello scorso 25 ottobre. Proposta per altro sostenuta attivamente da oltre un centinaio di organizzazioni umanitarie ufficiali internazionali e anche non governative, in particolare sudanesi, che hanno inviato un accorato appello all’amministrazione Biden. La proposta riguarda per altro l’applicazione di sanzioni anche nei confronti del generale Abdelfattah El Burhan, capo del Consiglio di Transizione.
Nella missiva indirizzata al presidente degli Stati Uniti, su proposta della Ong Sudan Unlimited, dell’ex ministro degli Esteri Ibrahim Taha Ayoub e del ricercatore sudanese Eric Reeves, si chiede la fine dell’impunità per le violazioni dei diritti umani in Sudan.
“Le gravi violazioni dei diritti umani legate ad Al Burhan e Hemeti violano la Carta Internazionale dei diritti umani e la Carta dei diritti e delle libertà incluse nella Dichiarazione costituzionale del Sudan del 2019”. L’appello indica Al Burhan e Hemeti come legati a una lunga lista di gravi violazioni, e sottolinea che il colpo di stato e la attuale situazione di emergenza sono di per sé una violazione delle libertà fondamentali del popolo popolo sudanese. “È di vitale importanza che la vostra amministrazione non accetti il colpo di Stato come il nuovo status quo in Sudan. Il popolo sudanese ha coraggiosamente stabilito un nuovo paradigma di libertà, pace e giustizia che deve essere rispettato e sostenuto”.
Gli Stati Uniti stanno quindi deciso l’applicazione delle sanzioni anzitutto al comandante della Rapid Support Force, per abusi sui diritti umani, come confermato dall'inviato statunitense alle Nazioni Unite durante un viaggio al confine del Chad con il Sudan.
La decisione verrà adottata anche contro Abdelrahim Dagalo, fratello del comandante dell'RSF Mohamed Hamdan Dagalo, ed è il più alto profilo di sanzioni da quando il conflitto tra l'RSF e l'esercito sudanese è scoppiato a metà aprile e un'apparente risposta alla drammatica violenza vista nel Darfur occidentale, che l'RSF è accusato di aver perpetrato insieme alle milizie alleate.
L'RSF ha negato le accuse degli osservatori del conflitto, dei gruppi per i diritti e dei testimoni di essere dietro le violenze, affermando che qualsiasi suo soldato trovato coinvolto sarà portato davanti alla giustizia. Dagalo è il primo funzionario di entrambe le parti ad essere sanzionato dall'inizio della guerra. Le precedenti sanzioni, imposte alle aziende, hanno preso di mira anche l'esercito. Viene sanzionato "per il suo legame con gli abusi commessi dalla RSF contro i civili in Sudan, comprese le violenze sessuali legate al conflitto e le uccisioni basate sull'etnia, reminiscenze" delle atrocità di 20 anni fa nel Darfur, che Washington dichiarò un genocidio. Le vittime delle violenze descrivono di aver preso di mira il gruppo etnico Masalit, di aver raso al suolo i quartieri e di aver subito saccheggi e stupri diffusi che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a rifugiarsi in Ciad. La Corte Penale Internazionale ha annunciato un'indagine sulle violenze. La guerra è scoppiata in Sudan il 15 aprile, quattro anni dopo che l'ex Presidente Omar al-Bashir era stato spodestato da una rivolta popolare. Le tensioni tra l'esercito (SAF) e l'RSF, che hanno organizzato congiuntamente un colpo di stato nel 2021, sono sfociate in combattimenti per un piano di transizione al governo civile sostenuto dall'estero e per l'integrazione delle forze.
Nella capitale Khartoum, l'RSF è stata accusata di diffusi saccheggi e, insieme all'esercito, di aver sparato missili nelle aree residenziali.
Le misure statunitensi congelano qualsiasi bene detenuto da Abdelrahim Dagalo negli Stati Uniti e impediscono ai cittadini statunitensi di fare affari con lui. Adifferenza dell'esercito sudanese, la struttura di comando della RSF è altamente personalizzata, incentrata su Hemeti e sui suoi parenti e collaboratori più stretti. Sebbene le sanzioni abbiano un peso politico, non è chiaro se avranno un impatto sul corso dell'attuale conflitto.
L'RSF ha coltivato a lungo i suoi legami esteri più stretti con gli Emirati Arabi Uniti e la Russia.
A differenza di suo fratello, che ha ricoperto il ruolo di vice del capo dell'esercito, il generale Abdel Fattah al-Burhan, nel consiglio di governo del Paese dal 2019 fino alla guerra, Abdelrahim Dagalo non ricopriva alcuna posizione ufficiale nel governo del Paese, ma ha svolto un ruolo di primo piano nello sviluppo delle relazioni politiche della RSF. Avendo mantenuto un profilo più basso prima della guerra, è apparso in messaggi video all'inizio del conflitto circondato da truppe della RSF, invitando i soldati dell'esercito sudanese a disertare.
A giugno, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alle aziende accusate di alimentare il conflitto in Sudan. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha preso di mira due società affiliate all'esercito sudanese e due società affiliate all'RSF, accusandole di generare entrate dal conflitto e di contribuire ai combattimenti. Abdelrahim Dagalo risulta anche proprietario della Algunade, società di estrazione dell'oro, che è stata sanzionata.
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