Lorenzo Utile - Nessuna presa sull’opinione pubblica internazionale, o almeno come ci si aspetterebbe, complici e responsabili anche i media occidentali, a proposito dei 18 mesi di sfollamenti, fame e violenza genocida, nel sanguinoso conflitto in corso in Sudan.
Entrambe le parti in lotta, le Forze Armate Sudanesi (SAF) e i paramilitari delle Forze di Supporto Rapido (RSF), si sfidano senza esclusione di colpi, mentre i famigerati paramilitari ribelli hanno ucciso migliaia di persone e hanno creato un clima di terrore che ha provocato milioni di sfollati. Paura e violenze, mentre le forniture mediche e gli aiuti umanitari sono negati a coloro che si sono rifiutati di lasciare le loro case.
L’oro del Sudan
Il Sudan sta vivendo la più grande crisi umanitaria del mondo. Negli ultimi 16 mesi, dieci milioni di persone sono state sfollate, 25 milioni soffrono la fame e un milione di persone è a rischio di morire di fame. Una missione indipendente delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto sulle “strazianti violazioni dei diritti umani” commesse da entrambe le parti. Interviste con sopravvissuti, loro parenti e testimoni che rivelano torture, attacchi contro civili, stupri e arresti arbitrari. Al centro della guerra, iniziata nell’aprile 2023, le risorse del paese, soprattutto oro, petrolio, diamanti e coltan. Ufficialmente, la produzione di oro del Sudan ha subito oscillazioni nel corso degli anni, da un minimo di 50 chilogrammi nel 1991 a un picco di 107,3 tonnellate nel 2017. A dicembre 2022, la produzione di oro è stata di 41,8 tonnellate, in calo rispetto alle 49,7 tonnellate dell’anno precedente. Tuttavia, si stima che il valore reale dell’oro che lascia il paese sia due o tre volte superiore a quanto riportato nei registri ufficiali. Si stima che dal 50% all’80% dell’oro venga contrabbandato all’estero. Da menzionare anche il traffico di armamenti soprattutto in Darfur.
Nella guerra, i Paesi stranieri interessati, direttamente o meno, sono molti. Non mancano ovviamente molte nazioni europee, né mancano Russia, Cina, Turchia, Yemen ed Emirati.
La consolidata rete di traffici che esporta oro in cambio di armi, comprende produttori di armamenti fra i quali in particolare il gruppo russo Wagner e i combattenti paramilitari sudanesi. Nel 2022, gli Emirati Arabi Uniti hanno importato 39 tonnellate di oro dal Sudan, per un valore di oltre 2 miliardi di dollari. Sebbene i dati sulle importazioni di oro per il 2023 e il 2024 non siano disponibili, le spedizioni dirette di oro sudanese sono continuate. Nel maggio 2023, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha affermato che gli Emirati Arabi Uniti ricevono quasi tutto l’oro esportato dal Sudan. Gli Emirati Arabi sono anche cliente primario dell’oro dal Sudan in Egitto, Etiopia, Chad, Uganda e Sudan del Sud.
Sarsilmaz, il principale produttore di armi leggere della Turchia, è fornitore della SAF, mentre aziende turche più piccole, come BRG Defense e Derya Arms, hanno esportato fucili R56 in Sudan. Il produttore russo Kalashnikov Concern ha esportato fucili semiautomatici Saiga-MK233 in Omdurman, così come fucili Tigr (DMR) a Khartoum e Nyala. La Molot Arms con sede a Mosca ha anche distribuito fucili Vepr 1V-E a Kassala e Omdurman.
Comments