Assadakah News - La Ong genovese Music for Peace, diretta da Stefano Rebora, è fra le pochissime organizzazioni ancora attive nel Sudan dilaniato dalla guerra civile, che riesce a fare filtrare le poche informazioni reali sulla situazione.
La sofferenza aumenta di giorno in giorno, con quasi 25 milioni di persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria. Migliaia i civili uccisi, mentre molti altri affrontano atrocità indicibili, tra cui stupri e aggressioni sessuali diffuse. La tragedia del popolo sudanese è racchiusa tutta in queste poche e concise parole del Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, al Consiglio di Sicurezza dello scorso 28 ottobre, durante il quale ha parlato di una popolazione intrappolata in un incubo di violenza, fame, malattie e sfollamenti, mentre continua a imperversare la sanguinosa guerra tra le Forze armate sudanesi (Saf) e le Forze di supporto rapido (RSF).
Agli ambasciatori riuniti al Palazzo di Vetro Guterres ha riferito di omicidi di massa e violenze sessuali nello stato di Aj Jazirah, avvertendo che il conflitto in Sudan ha il potenziale per destabilizzare l’intera regione, coinvolgendo i paesi vicini dal Sahel al Mar Rosso. Il numero uno dell’Onu ha inoltre avvertito che nei campi profughi del Darfur settentrionale si sta diffondendo la carestia, un serio rischio per la vita di 750.000 persone che rimarrebbero senza viveri e generi di prima necessità. Nel frattempo, milioni di sudanesi nel resto del paese stanno già combattendo la loro battaglia contro la fame. Con il sistema sanitario collassato, le epidemie di colera, malaria e febbre dengue, si stanno diffondendo rapidamente.
Esodo di massa
Il Sudan sta sperimentando anche un’altra delle più grandi crisi di sfollamento al mondo (quella siriana detiene ancora il triste primato), con oltre 11 milioni di persone in fuga da aprile dell’anno scorso, di cui quasi tre milioni hanno trovato rifugio nei paesi vicini, ha proseguito Guterres. Oltre ai danni causati dalla guerra, gli shock climatici, le condizioni climatiche estreme, stanno mettendo a dura prova la resilienza di centinaia di migliaia di uomini e donne ormai allo stremo.
Alla situazione di emergenza generata dalla grave instabilità politica, economica e sociale prova a dare risposta l’italiana Music for Peace, malgrado la situazione di insicurezza determinatesi nel Paese africano. Spiega Matteo Di Domenico, responsabile progetti educativi dell’organizzazione: “Siamo in questa zona del mondo dimenticata da tutti dal 2018 e nel 2022 abbiamo intensificato le attività, grazie a un progetto finanziato dall’Aics, l’Agenzia italiana di cooperazione allo Sviluppo. Le attività sono tutt’ora in atto e stiamo avviando un nuovo progetto, che partirà il mese prossimo a Port Sudan, la città nella parte orientale del Paese che si affaccia sul Mar Rosso. Già nel 2018 eravamo a Port Sudan e nel 2019 nella periferia della capitale Khartum, a Maio, dove abbiamo portato assistenza alle famiglie che vivono in un enorme campo profughi, con circa 2 milioni di profughi interni e provenienti da Kenia ed Eritrea. Un’impressionante distesa di case di fango, che vengono sistematicamente giù fra giugno e settembre con la stagione delle piogge. Prima della pandemia e nel 2022 siamo tornati con un progetto finanziato dalla Cooperazione, grazie al quale abbiamo distribuito 110 tonnellate di generi alimentari, 3.130 pacchi di pannoloni, kit didattici, letti per bambini, materassi; 500 scatole di medicinali; letti da ospedale, sedie a rotelle e stampelle. Quando ad aprile 2023 è scoppiata la guerra, i nostri operatori sono rimasti bloccati in casa per 15 giorni a Khartum, mentre Rsf e Saf combattevano per le strade, contendendosi il controllo della capitale. Sono riusciti a fuggire e il progetto è stato successivamente convertito in attività di emergenza per la distribuzione di generi di prima necessità alle famiglie. Un impegno che ci ha visti a Khartum fino allo scorso maggio”.
Le difficoltà non sono poche: gli aiuti arrivano via mare a Port Sudan, dove vengono sdoganati i pacchi e da lì i convogli carichi di aiuti ripartono per la capitale dopo 10 ore di viaggio, attraversando il deserto. “A breve ne partirà un altro – continua l’operatore umanitario – che durerà un anno e farà base proprio nella città portuale, rispondendo alle richieste dell’Aics. A Port Sudan non si combatte, ma dopo l’inizio delle ostilità continua a ospitare un gran numero di profughi interni. Per questa ragione, la cooperazione italiana si sta focalizzando sugli aiuti agli sfollati”. Le navi attraversano il Mar Rosso, dove dal 15 novembre 2023 al 31 luglio scorso gli Houthi, le milizie sciite alleate di Teheran, hanno messo a segno almeno 134 attacchi contro imbarcazioni mercantili e navi da guerra statunitensi e britanniche. Chiediamo se i carichi di Music for Peace sono stati minacciati in qualche modo dai bombardamenti delle milizie, che controllano la sponda opposta. “No, almeno fino ad oggi le nostre navi sono arrivate senza problemi nella costa orientale del Sudan”, risponde Di Domenico. Nonostante gli sforzi delle Nazioni Unite e dei partner umanitari, milioni di persone restano ancora tagliate fuori dagli aiuti. Mentre la riapertura del valico di frontiera di Adre fra Sudan e Chad offre qualche speranza. Di qui l’appello di Guterres alle parti belligeranti per consentire l’accesso di un numero maggiore di rifornimenti salvavita per la popolazione.
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