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Sudan - La verità sulla situazione 3/3

Immagine del redattore: Roberto RoggeroRoberto Roggero

-La Rapid Support Force utilizza spesso droni d’attacco in queste azioni criminali, ma di fatto il Saudi Hospital era l’ultima struttura in grado di offrire soccorso per emergenze, servizi di ostetricia, medicina interna, pediatria, supporto alimentare.

La RSF è anche responsabile dell’assassinio di Musawiya Muhammad Ahmed Diqash, medico radiologo dell’ospedale di Khartoum, rapito e ucciso nel Block 61 nella prigione di Arkwit.

Medici Senza Frontiere ha denunciato anche un attacco della RSF all’ospedale di Bashayer a metà dello scorso gennaio, e altri attacchi mirati a farmacie e rivendite di medicinali a Wad Rawah.

Oltre a bloccare i pochi convogli umanitari, la RSF è responsabile di oltre un centinaio di attacchi in Nord Darfur solo nell’area settentrionale di El Fasher, dove sono concentrate oltre 600mila persone. Azioni contro la popolazione sono segnalate a Dar Al-Salam, Tawila, Katam e Abu Zariqa. Reparti della RSF hanno preso il controllo della sorgente di Khizan Kolo, importante sostentamento idrico.

E poi ci sono gli aspetti economici. Il progetto Al-Jazeera, piattaforma formata da un gruppo volontario di monitoraggio, coordinato da Ibrahim Mustafa, ha dichiarato che le azioni della RSF hanno inflitto perdite per oltre 300 milioni di dollari, e ha annunciato la conclusione di un accordo con il ministero della Giustizia per il recupero di queste perdite. Oltre il 60% di 11 milioni di persone risentono di questa situazione, e le perdite totali si avvicinano al miliardo di dollari. Varie testimonianze parlano poi del massacro avvenuto nei pressoi di Al-Qutaynah il 17 febbraio scorso, dove gruppi della RSF e reparti paramilitari affiancati hanno ucciso oltre 430 persone.

Passi avanti verso l’apertura di colloqui sono stati fatti, evidentemente non abbastanza. Sono state tenute diverse conferenze, fra ONU, Unione Africana, Lega Araba, ed è stata condannata ufficialmente la posizione del Kenya, nel cui territorio sarebbero rifugiati numerosi gruppi che fanno capo alla Rapid Support Force.

La strada per la pace è visibile, bisogna avere la volontà di percorrerla. Il Sudan è un Paese che può essere pacificato ed essere parte di un benessere comune, ma c’è sempre meno tempo…

(*Direttore responsabile Assadakah News)

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