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Sudan - Il vergognoso silenzio dei media

Assadakah Cairo - Si intensificano i combattimenti fra esercito regolare sudanese e ribelli paramilitari in diverse province, con particolare recrudescenza ad El-Fasher (ad ovest della capitale) e Sennar (a sud di Kahrtoum). Da quest’ultima città sono fuggiti, secondo i dati, almeno 130mila persone. Le milizie della Rapid Support Force hanno annunciato l’occupazione di diversi centri abitati nella provincia assediata e, nel frattempo, si registrano tragedie nella tragedia: almeno 25 persone sono morte annegate nel Nilo durante i tentativi di fuga da Sennar su barche di legno, mentre al Cairo si è conclusa la conferenza delle forze politiche sudanesi, con un comunicato ufficiale che non è stato sottoscritto da tutte le organizzazioni politiche e sociali presenti.

L’impostazione della Conferenza, sponsorizzata dal governo egiziano, è quella della necessaria mediazione tra le parti in conflitto per salvare il Sudan dal pericolo di una guerra infinita e per il sostegno alle trattative di Jeddah. Tra i non firmatari vi sono i movimenti del Darfur che non hanno gradito la mancata condanna della pulizia etnica compiuta dalle milizie.

A quindici mesi dall’inizio delle ostilità, il Sudan sta affrontando una crisi senza precedenti nella storia del Paese. L’ONU denuncia il rapido deterioramento delle condizioni di vita della popolazione, soprattutto dei bambini, per l’insicurezza alimentare, creata dalla guerra civile, la terza ormai, che devasta il paese dal 15 aprile dello scorso anno.

Le agenzie internazionali si sono mobilitate per fornire una risposta umanitaria al Paese e agli Stati confinanti, dove oltre 2,5 milioni di sfollati hanno cercato rifugio. La mancanza di cibo ha lasciato 755mila persone in condizioni drammatiche e il rischio carestia incombe come una spada Damocle in 14 aree, come rivelano gli ultimi dati Snapshot pubblicati dall’Integrated Phase Classification. La situazione più grave si registra nei territori maggiormente colpiti dagli scontri fra le fazioni rivali della giunta militare, formata dalle forze armate sudanesi e dal potente gruppo paramilitare delle RSF. Per quasi la metà della popolazione sudanese martoriata dalla guerra, ogni singolo giorno è una lotta per la sopravvivenza. A differenza del conflitto del Darfur e del genocidio di vent’anni fa, la crisi attuale ha fagocitato l’intero paese, con la popolazione allo stremo e senza viveri nella capitale Khartoum e nello Stato centrale di Gezira, un tempo granaio del Sudan.

La stampa nazionale e internazionale ha riportato solo marginalmente i brutali fatti che hanno travolto nell’ultimo anno anche altre città, come Wad Madani, White Nile, il Kordofan e negli ultimi giorni la situazione è precipitata nella città di El Fasher, come riferisce Giulia Dal Cin, la Desk Officer di OVCI, la Ong italiana che dal 1982 si occupa di progetti di sviluppo e riabilitazione in Africa, Asia e America Latina. Il risultato è stato uno scacco netto e drammatico al processo di democratizzazione e di transizione verso un governo civile, per il quale la popolazione sudanese si era a lungo battuta.

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