Hussein Ghamlouche (ambasciatore internazionale di pace) – “Da oltre un anno la guerra sconvolge il Sudan, con stragi fra le strade e i villaggi, con la popolazione impotente coinvolta negli scontri e nelle operazioni di vera e propria pulizia etnica, messa in atto dai paramilitari della Rapid Support Force. La vita quotidiana è avvolta nella paura, nell’incertezza, in una crisi che sembra sia stata dimenticata dalla comunità internazionale. I mezzi essenziali per la sopravvivenza mancano ormai dappertutto, non c’è carburante, generi alimentari, medicinali, e milioni di persone sono allo sbando. Le comunicazioni sono rare, gli spostamenti impossibili se non a marce forzate, e fiumi di profughi ammassati ai confini con Paesi che già vivono situazioni di estrema incertezza, come il Chad.
Gli aiuti umanitari, per quanto presenti, sono ormai insufficienti a sostenere questa situazione, e non pochi parlano di punto di non ritorno, in una crisi umanitaria senza precedenti.
Le Nazioni Unite devono raddoppiare gli sforzi per negoziare un accesso sicuro, senza ostacoli, e aumentare la risposta umanitaria, già disperata.
La popolazione sudanese sta soffrendo immensamente a causa del persistere di combattimenti e bombardamenti, mentre il sistema sanitario e i servizi di base sono in gran parte crollati o danneggiati. Solo il 30% delle strutture sanitarie è ancora funzionante, in uno dei Paesi più estesi del continente, milioni di donne e bambini sono direttamente coinvolti.
Secondo le Nazioni Unite, più di 8 milioni di persone sono state già costrette a fuggire dalle loro case, e sfollate più volte, mentre 25 milioni, cioè metà della popolazione del Sudan, abbiano estremo bisogno di assistenza umanitaria. La nostra sfida più grande è la scarsità di forniture mediche e alimentari, perché il tempo è sempre meno. Nelle aree dove si trovano i pochi presidi sanitari, avvengono saccheggi sistematici, violenze, rapine. In aree difficili da raggiungere come il Darfur, Khartoum o Al Jazirah, le organizzazioni umanitarie internazionali presenti, spesso non hanno risorse per una adatta capacità di risposta. Anche in aree più accessibili come il Nilo Bianco, il Nilo Blu, Kassala e Gedaref, la risposta complessiva è insufficiente. Nel campo di Zamzam, nel Darfur settentrionale, dove il Programma Alimentare Mondiale non riesce a supportare la situazione dal maggio 2023.
La situazione in Sudan era già molto fragile prima della guerra e ora è diventata catastrofica, e molte aree sono state evacuate. Non è quindi necessario un ulteriore appello, di fronte all’evidenza dei fatti….”.
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