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Sudan - Fermare il flusso di armamenti

Assadakah News Agency - Mentre il traffico web è quasi ripristinato, dopo un isolamento di una settimana che ha maggiormente allontanato il Sudan dal resto del mondo, e i media occidentali si occupano sempre meno del conflitto, i combattimenti fra paramilitari ribelli della Rapid Support Force e le forze regolari del governo riconosciuto non hanno pause. La situazione degenera ogni giorno, gli sfollati sono ormai circa 15 milioni fra questi, oltre 700mila bambini sono a grave rischio di malnutrizione, e l’Unicef stima che nelle prossime settimane potrebbero morirne a migliaia.

Emergency riferisce che Port Sudan, da città organizzata si è trasformata in un immenso campo profughi, con circa 270mila persone accampate nelle strade.

Port Sudan e la parte orientale del Paese sono controllate dall’esercito regolare mentre l’ovest è sotto il controllo del Rapid Support Forces. I combattimenti si svolgono nelle fra queste zone, come la capitale Khartoum, e in questi ultimi giorni sono particolarmente cruenti a Babanusa. I punti più caldi del conflitto sono a Omdurman, nel Kordofan dell’ovest e Al Fasher nel nord del Darfur.

Si ha notizia di quattro o cinque sacerdoti ancora in attività nelle zone controllate dai ribelli e un’ulteriore situazione è quella di parrocchie dove non ci sono né preti né suore, ma solo catechisti che radunano la comunità la domenica.

Nel complesso la situazione umanitaria è sempre più deteriorata, perché nelle zone di produzione agricola non si è potuto seminare a causa della guerra e nelle zone dove imperversa il conflitto ogni attività economica è paralizzata.

Il problema principale è che si deve fermare il flusso di armi che arriva alle parti in conflitto, dal momento che si sa quali sono i Paesi che stanno armando i due eserciti…

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