Roberto Roggero - L’acqua è un bene prezioso e limitato. Lo è, a maggior ragione, di fronte ai mutamenti del clima con il riscaldamento globale. L’ONU ha già lanciato un allarme preoccupante: la prossima pandemia sarà la siccità: la scarsità idrica comporta complessità economiche, politiche e sociali molto importanti. Ne sanno qualcosa Sudan ed Egitto, da anni al centro di un contenzioso per la costruzione della GERD (Grand Ethiopian Renaissance Dam), il più grande bacino idrico artificiale del continente, realizzata dalla impresa italiana Webuild, ex Salini Impregilo.
Egitto e Sudan, hanno fatto sapere che non possono accettare l’inizio dell’operatività della GERD senza un accordo su tutti i punti ancora aperti. L’iniziativa dell’Etiopia rappresenta una minaccia diretta per il funzionamento della diga di Rosseires, Ad-Damazin, e di conseguenza per tutti i progetti di irrigazione mettendo a rischio la sopravvivenza di 20 milioni di persone solo in Sudan.
La ricerca di una soluzione pare venga anche dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi che si interessano della questione affermando che la sicurezza idrica di Sudan ed Egitto riguarda l’intera nazione araba, tuttavia non è ancora possibile valutare con precisione l'impatto della diga sui territori a valle. Gli studi tecnici dimostrano che solo attraverso un coordinamento stretto e continuo, i rischi negativi possono essere minimizzati o eliminati. Il volume del bacino (74 miliardi di metri cubi) è circa 1,5 volte il flusso medio annuo del Nilo azzurro (49 miliardi di metri cubi) al confine sudanese-egiziano. Tuttavia, l'aumento dello stoccaggio in Etiopia può fornire una maggiore riserva alle carenze in Sudan ed Egitto durante gli anni della futura siccità, ma solo se le parti in causa trovassero un accordo. Di certo, gli effetti dannosi del controllo delle inondazioni influenzerebbero la parte sudanese del Nilo Azzurro, così come influenzerebbe la parte etiope a valle della diga.
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