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Sudan - Conferenza di Londra, un fiasco annunciato

Assadakah News - Il 16 aprile scorso è stato l’anniversario dello scoppio della attuale guerra in Sudan. Da Londra, nonostante gli appelli per la pace, compreso quello del ministro degli esteri britannico David Lammy, pare che la Conferenza Internazionale per il Sudan sia stato un fiasco. Lammy ha esortato il mondo a non dimenticare il Sudan, con la conferenza che si è conclusa con l’impegno di raccogliere un miliardo di dollari per la popolazione del Paese africano, mentre la guerra entra nel terzo anno, gli sfollati interni sono oltre 12 milioni, con i campi profughi costantemente sotto attacco in Darfur, e più di quattro milioni di sudanesi che si sono riversati nei Paesi confinanti, nella più grave crisi umanitaria del pianeta. Il tutto confermato dagli operatori di Emergency che da 20 anni continua a operare in Sudan.

Una fase della Conferenza di Londra per il Sudan
Una fase della Conferenza di Londra per il Sudan

Rossella Miccio, presidente di Emergency, da Khartoum ha dichiarato in proposito: “Quella di Londra non è la prima conferenza per organizzare aiuti. Ce n’è stata una a Parigi poco più di un anno fa, con gli stessi obiettivi, ma purtroppo le cifre raccolte non vengono completamente erogate, né arrivano effettivamente alle persone che ne hanno estremo bisogno. Qui a Khartoum, dopo che le Forze Armate Sudanesi hanno riconquistato la città, la situazione è decisamente migliorata, e ho visto tornare la speranza nelle persone. Molti stanno tornando nella città dopo essere fuggiti a causa delle atrocità perpetrate dai paramilitari della Rapid Support Sorce, però i problemi non sono certo risolti: non c’è acqua potabile, non c’è ancora energia elettrica, per non parlare della copertura di rete dei telefoni, oltre l’80% delle strutture sanitarie è stata saccheggiata o distrutta. Ci vorranno anni prima che Khartoum possa tornare alla normalità, perché la guerra non è ancora finita”.

Il ministro degli Esteri britannico, David Lammy
Il ministro degli Esteri britannico, David Lammy

Di fatto, i Paesi del G7 hanno diffuso una dichiarazione congiunta, ma non unanime, nella quale si legge: “Chiediamo un cessate il fuoco immediato e incondizionato ed esortiamo sia le Forze Armate Sudanesi (SAF) sia i paramilitari delle Forze di Supporto Rapido (RSF) a impegnarsi in modo significativo in negoziati seri e costruttivi, e chiediamo agli attori esterni di cessare ogni sostegno che alimenti ulteriormente il conflitto, per permettere la fornitura di aiuti umanitari”.

A Londra, oltre ai Paesi del G7, erano riunite le delegazioni di 15 Paesi, fra cui USA e Arabia Saudita, oltre ai rappresentanti delle organizzazioni internazionali che operano sul campo. Purtroppo non si è riusciti a porre le basi per costituire un gruppo di contatto che mediasse fra le due parti in conflitto, perché i Paesi terzi che sostengono le due parti non sono riusciti a trovare un punto comune.

Le delegazioni dei partecipanti alla Conferenza di Londra per il Sudan
Le delegazioni dei partecipanti alla Conferenza di Londra per il Sudan

L’Alto Commissario ONU per i rifugiati, Filippo Grandi, ha sottolineato: “Continuare a distogliere lo sguardo dal Sudan avrà conseguenze catastrofiche. Già adesso, la distruzione del sistema sanitario rende impossibile un bilancio esatto delle vittime, che probabilmente è superiore ai 150mila, secondo le stime ricavate dal rapporto ONU 2024 dell’inviato ufficiale Tom Perriello, oltre a circa 30 milioni di sudanesi che hanno bisogno di assistenza umanitaria per sopravvivere”.

A peggiorare la situazione, l’annuncio della RSF sulla formazione di un Governo di Unità Nazionale nelle zone sotto controllo, con una coalizione di forze politiche e civili che a febbraio hanno siglato a Nairobi un accordo per un progetto chiamato Founding Alliance for Sudan. Una vicenda che già sta vivendo la Libia.

Il ministro degli Esteri del governo riconosciuto, Ali Yousef, ha dichiarato che la formazione di un governo civile non sarà possibile prima della sconfitta totale dei ribelli della RSF, e il presidente Abdel Fattah al-Burhan ha ribadito la necessità di sconfiggere definitivamente le forze ribelli.

Il problema è che mentre la comunità internazionale discute, le violenze sul campo continuano, specialmente nel Darfur.

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