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Speciale Sudan - Emergenza assoluta in Darfur

Assadakah News Agency – Mentre in Ucraina si continua a combattere, e in Medio Oriente, nella Striscia di Gaza i morti sono oltre19mila morti in poco più di due mesi, dal 15 aprile il Sudan è teatro di massacri altrettanto orribili e con lo stesso numero di vittime, ma con implicazioni e conseguenze catastrofiche per un numero molto maggiore di persone.

Le Forze di Supporto Rapido (RSF), milizie paramilitari ribelli, eredi dei famigerati Janjaweed, hanno attaccano la città di Wad Madaji, capitale dello Stato di Gezira. Secondo quanto riferito, i miliziani del generale Mohamed Hamdan Dagalo hanno attaccato con una sessantina di veicoli.

L’esercito regolare sudanese del generale Al-Buhran, internazionalmente riconosciuto come presidente del Consiglio di Transizione, hanno chiuso il ponte di Hantoob e hanno ingaggiato uno scontro a fuoco nei pressi di Abuharaz.

Nello stato di Gezira è stato necessario sospendere le missioni umanitarie sul campo, su un territorio che è il secondo più popoloso del Sudan dopo Khartum. Wad Madani, in particolare, accoglie la maggior parte degli sfollati in fuga dai combattimenti a Khartoum.

La situazione più preoccupante è però in Darfur, fra calamità umanitaria e catastrofica crisi dei diritti umani.

Con la tregua nello Yemen, il Sudan è la più grande tragedia umanitaria del mondo, eclissando purtroppo anche Gaza. Quasi 9 milioni di persone hanno estremo bisogno di assistenza umanitaria e i rapporti ONU e delle ONG evidenziano che circa 4.000 persone sono state prese di mira e uccise a causa della loro etnia. Si teme che il Darfur stia tornando agli anni di atrocità di due decenni fa, che provocarono la morte di circa 300mila persone e milioni di sfollati.

In Darfur (terra della pelliccia) vivono un centinaio di tribù e gruppi etnici, sia comunità nomadi che stanziali. Anche se i conflitti tribali ed etnici non erano rari, la situazione si aggravò nel 2003, quando i ribelli del Sudan Liberation Army (SLA) e del Justice and Equality Movement (JEM) presero preso le armi contro il governo dittatoriale. Le forze armate sudanesi, sostenute dalla milizia araba Janjaweed attaccarono chiunque si ribellava al governo di Omar Al-Bashir e il bilancio della guerra fu devastante: più di 300mila vittime, milioni di sfollati (mezzo milione solo nel Chad) villaggi rasi al suolo, violenze di ogni genere.

Dopo quel genocidio, il Darfur ha passato anni di inquieta condizione di pace, specie durante il periodo della missione delle Nazioni Unite UNAMID dal luglio 2007, per la protezione dei civili e l’assistenza umanitaria. La missione è terminata nel dicembre 2020 e, in seguito a un accordo di pace, il governo del Sudan si era assunto la responsabilità di proteggere i civili in tutta la regione. Venne poi istituita la UNITAMS (United Nations Integrated Transition Assistance), missione politica per sostenere il Sudan nella transizione verso un governo democratico. Sostegno che includeva l’istituzione della Commissione Permanente per il cessate il fuoco (PCC), fondamentale per l’accordo di pace di Juba dell’ottobre 2020. Un nuovo colpo di stato, però, ha impedito che la transizione portasse al potere un governo civile.

Il Consiglio di Sicurezza ONU ha deciso di porre fine al mandato dell’UNITAMS e di iniziare a ridurre le sue operazioni per un periodo di tre mesi che terminerà il 29 febbraio 2024, mentre la situazione è drammatica.

Intervenendo al Consiglio di Sicurezza ONU, Martha Ama Akyaa Pobee, vicesegretaria generale per l’Africa, ha avvertito che le ostilità si sono intensificate, e che il Sudan sta affrontando un peggioramento della crisi umanitaria e una catastrofica crisi dei diritti umani.

La guerra civile dalla capitale Dar El Salaam si è estesa a tutto il Paese ed è nuovamente arrivata nel Darfur, dove la brutale escalation della violenza fa temere che possano ripetersi le atrocità commesse 20 anni fa.

La United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) ha lanciato l’allarme per le continue violenze, uccisioni arbitrarie, estorsioni e attacchi contro specifici gruppi etnici. Secondo l’Alto Commissario ONU per i diritti umani, nel Darfur occidentale, centinaia di persone sono morte in attacchi di matrice etnica da parte delle RSF e delle milizie loro alleate. Sono state scoperte di fosse comuni che testimoniano la premeditata eliminazione della comunità etnica Masalit, a El Geneina, nel Darfur occidentale, e nelle aree circostanti, a seguito degli attacchi della RSF contro i civili. I bambini muoiono negli ospedali, soffrono di grave malnutrizione e i campi per sfollati sono stati rasi al suolo.

Le agenzie umanitarie dell’Onu sono state costrette a lasciare il Darfur ad aprile, e molte delle strutture sono state saccheggiate e distrutte. Emergenza a Kosti, nello Stato del White Nile, per la prima volta dallo scoppio della nuova guerra, e per circa 200mila persone disseminate dal Chad a El Fasher, la capitale del North Darfur.

Molti operatori umanitari sono stati uccisi, altri lavorano in condizioni estreme per sostenere i civili. L’ONU avverte che il piano di risposta è finanziato solo al 33% e se non sarà possibile intervenire immediatamente, moriranno ancora migliaia di persone.

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