Letizia Leonardi/Talal Khrais – Prosegue la visita della delegazione della Stampa Estera nella storia e nella cultura di Monza. Una storia antica e affascinante: a dichiararlo sono i molti reperti archeologici. Nei Musei Civici si possono infatti ammirare testimonianze dell’età del bronzo (1000 a.C.) come urne, corredi funerari, armi, lucerne, spilloni, vasellame, rinvenuti recentemente nel territorio della città e nella provincia. Tante le genti che hanno “calpestato” questa terra. Delegazione Stampa estera a Monza Anche i Celti sono stati tra i popoli presenti nella zona, poiché erano indoeuropei e molto diffusi in Europa. Dalle Isole britanniche fino alle penisole iberica, italica e anatolica, è naturale che ci siano stati legami con il popolo Armeno e anche con i Fenici, visto che il collegio elettorale di Monza I, dal 1860, è stata una sezione uninominale del Regno di Sardegna, in antichità in stretto contatto proprio con i Fenici che in Sardegna fondarono delle colonie. Non è un caso che a Monza si possono ammirare molti cedri del libano, i più importanti nel Giardino della Villa Reale, che ha anche un bellissimo roseto con oltre 4000 varietà, prodotte da esperti di tutto il mondo. La tribù celtica degli Insubri, valicate le Alpi, si stabilì intorno a Mediolanum, l’attuale Milano, dividendosi in numerosi villaggi, tra cui quello che sarebbe diventata l’odierna Monza. E nel Duomo si può anche notare un’ampolla (e la sua gemella), rinvenuta in Terra Santa, che raffigura San Giorgio nell’atto di uccidere il drago, e parte di un bassorilievo di Dvin, l’antica capitale del Regno d’Armenia. Attualmente, secondo dati Istat del 1 gennaio di quest’anno, i residenti in provincia di Monza e della Brianza provenienti dall’Armenia sono 15 su 78.827 stranieri della provincia.
Particolare del Duomo di Monza: il rosone e la statua di S.Giovanni Battista
Tornando alla storia antica, nel 222 a.C., i Romani sottomisero i Celti che ebbero una rivincita nel 218 a.C. con l’avanzata di Annibale ma, all’inizio del II secolo a.C. il territorio tornò ai Romani. L’importanza dell’antica città di Monza cominciò a manifestarsi dalla fine del III secolo anche se l’economia prevalente era quella agricola. In base ai reperti archeologici si può ipotizzare che il nucleo principale della città era sulla sponda destra del fiume Lambro verso il Duomo, e un secondo nucleo più recente, era invece sulla sponda sinistra verso l’odierna chiesa di S.Maurizio.
Le due zone erano collegate dall’unico monumento tuttora rimasto della Monza del periodo romano: il ponte sul fiume Lambro detto “di Arena” perché lì venivano svolte attività sportiveo dalla possibile esistenza di un piccolo anfiteatro, vista la curva particolare su quella che è l’odierna via Vittorio Emanuele. Questo antico collegamento fu demolito nel XIX secolo quando fu costruito l’attuale ponte dei Leoni. Nei Musei civici si possono trovare varie testimonianze di epoca romana: ceramiche, are dedicate a Giove, Ercole e Mercurio, iscrizioni, sarcofagi, lapidi sepolcrali ed epigrafi di cittadini dai nomi celtici romanizzati. Altri reperti, compreso un ninfeo, sono stati posizionati nel giardino della casa dei Decumani che si trova vicino alla cappella del Rosario del Duomo.
Dopo la disgregazione dell’impero romano Monza accolse nuove popolazioni: Eruli di Odoacre e gli Ostrogoti capeggiati da Teodorico che, nel 493, fissò proprio a Monza una delle sue residenze. Sarà poi la volta dei Bizantini nel 553 e infine arrivò la dominazione dei Longobardi con il re Alboino, nel 568. Il Regno longobardo fu quello di maggiore splendore, soprattutto quando nel VII secolo Monza ne diventò la capitale. Non ci sono notizie storiche su Monza dalla morte di Teodorico ed il regno di Autari ma ci sono testimonianze risalenti a sua moglie Teodolinda, principessa cattolica bavarese (sposata nel 589). Morto improvvisamente Autari, nel 590, Teodolinda sposò in seconde nozze il duca di Torino, Agilulfo, decisero di trasferirsi a Milano e passare l’estate a Monza dove venne costruito un bellissimo palazzo del quale, sfortunatamente, non è rimasta alcuna traccia, se non nell’iscrizione sull’Evangeliario donato dalla regina alla chiesa di San Giovanni. Teodolinda fece anche costruire, nel 595, sulla riva del fiume Lambro un oraculum, un luogo di preghiera, con preziose decorazioni in oro e argento che è stata la prima basilica di San Giovanni Battista, adiacente il Palazzo Reale. Vestigia del tempio teodolindeo si trovano tuttora a far parte dell’odierno Duomo, che forse ne comprende alcune navate. A lato dell’abside rimane anche una torre longobarda usata più tardi come campanile della Basilica.
E come tutte le cose antiche che si rispettano c’è una leggenda sulla costruzione di questa basilica. Teodolinda si sarebbe addormentata lungo la riva del Lambro durante una battuta di caccia del re e le sarebbe apparsa in sogno una colomba, simbolo dello Spirito Santo, che le avrebbe fatto capire che quel posto lo avrebbe dovuto dedicare a Dio. Questo episodio è narrato, insieme ad altri della vita della regina, negli affreschi dei fratelli Zavattari sulle pareti della Cappella di Teodolinda nel Duomo di Monza. Fu grazie a questa regina che i longobardi si convertirono al cattolicesimo e l’allora papa donò molti oggetti di grande valore che sono custoditi al museo del Duomo insieme all’Evangeliario di Teodolinda del 603 e diverse altre cose. Nel 774 i longobardi furono sconfitti da Carlo Magno che ricevette la Corona Ferrea nel 775. Nell’843 l’Impero carolingio venne diviso in tre regni. Monza, che faceva parte del Regno d’Italia, fu assegnata a Lotario I. Nell’850 la città entrò nei domini del Sacro Romano Impero conservando tuttavia, ampi margini di autonomia, e infine, dall’XI secolo, nell’orbita di Milano. Monza diventò, in quegli anni, una potenza economica ma ci furono anche lotte tra Ariberto e l’imperatore Corrado II. Alla sua morte, Ariberto lasciò importanti donazioni alla Basilica e al clero monzese. Qualche anno dopo, nel 1128, a Monza nella chiesa di San Michele, Corrado III di Svevia venne incoronato Re d’Italia al quale succedette il nipote Federico I Barbarossa. Nel XIV secolo Monza entrò nei domini dei Visconti di Milano e, in occasione del primo giubileo, venne costruito il Duomo.
Nel 1500 il re di Francia Luigi XII sconfisse Ludovico il Moro e occupò il Ducato di Milano. Monza fu inevitabilmente coinvolta in queste vicende. Fu con la battaglia di Pavia, del 1525, che i francesi furono sconfitti dalle forze imperiali di Carlo V, e a Francesco II Sforza venne restituito il Ducato di Milano. Fu nel 1529 che Antonio De Leyva diventò Signore di Monza. Quasi 50 anni dopo una terribile epidemia colpì Monza, la famosa peste di San Carlo del 1576, che spazzò via moltissime vite tanto che, un anno dopo, nella piazzetta del Duomo, venne eretta la Crocetta per celebrare una messa all’aperto. Funzione che non servì però ad evitare una successiva ondata di peste nel 1630 che fu la causa di una profonda crisi demografica ed economica. Il Ducato di Milano, e quindi Monza, rimasero soggetti alla corona spagnola fino all’inizio del XVIII secolo. Dopo la campagna d’Italia di Napoleone, del 1796, il ducato di Milano diventò parte della Repubblica Francese e poi di quella Cisalpina fino a quando arrivarono gli Asburgo d’Austria che, tra le tante cose, costruirono a Monza molti edifici e ville storiche come la Villa Reale. Le successive cinque giornate di Milano coinvolsero anche Monza.
Tutti uniti per cacciare gli austriaci e ci vollero due guerre d’indipendenza per liberare il territorio dalla dominazione austriaca. Anni dopo Monza entrò a far parte del Regno di Sardegna. Il 1860 fu l’anno della spedizione di Garibaldi in Sicilia e un giovane studente monzese, Achille Mapelli, si arruolò come volontario con i Mille. L’anno dopo venne proclamato il Regno d’Italia. Monza ebbe l’onore di avere la visita Giuseppe Garibaldi e, dopo venticinque anni dalla sua visita, la città gli dedicò un monumento in marmo dello scultore Bazzaro che si può ammirare nell’omonima piazza. E in quello stesso periodo il ministro Vasconcellos ritornò a Monza per dare conoscenza al Re che in territorio ottomano parecchie centinaia di armeni si rifugiavano all’interno delle chiese per sfuggire a violenze e massacri: era il preludio di tempi ancor più neri per il popolo della terra di Nairi.
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