Speciale Libano - Il presidente Aoun alla nazione nel 50° anniversario del 13 aprile
- Roberto Roggero
- 9 ore fa
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Assadakah Beirut - Il Presidente della Repubblica, Joseph Aoun, ha ricordato il 50° anniversario del 13 aprile, un periodo drammatico per il Libano. Nel discorso alla nazione, ha dichiarato: "Dobbiamo ricordare le migliaia di martiri caduti in tutto il Libano dal 13 aprile 1975, le migliaia di feriti di cui si è ancora testimoniato l'incitamento, le migliaia di famiglie le cui ferite non sono ancora guarite e i dispersi che, insieme alle loro famiglie, rimarranno vittime permanenti della guerra. È nostro dovere aver imparato negli ultimi cinquant'anni che la violenza e l'odio non risolvono alcun dilemma in Libano, e che il nostro dialogo da solo può raggiungere tutte le soluzioni ai nostri problemi interni e sistemici, e che ogni volta che qualcuno all'estero si rafforza contro il suo partner in patria, ha perso come ha perso anche il suo partner, e ha perso la patria. E che tutti noi in questo paese non abbiamo alcun rifugio se non lo Stato libanese, né le idee più piccole del Libano hanno il loro posto nella realtà libanese, né le illusioni più grandi del Libano hanno fornito alcun bene al nostro popolo e al nostro Paese. Solo lo Stato ci protegge, uno Stato forte, sovrano, giusto, presente oggi, e finché siamo unanimi sul fatto che qualsiasi arma al di fuori del quadro dello Stato o della sua decisione metterebbe in pericolo gli interessi del Libano per più di una ragione, è tempo di dire a tutti noi: il Libano protegge solo il suo Stato, il suo esercito e le sue forze di sicurezza ufficiali. E' tempo per noi di rispettare i requisiti di questa posizione, in modo che il Libano possa sopravvivere".

Miei fratelli e sorelle libanesi, oggi, vorrei rivolgervi questo messaggio, con franchezza e schiettezza, alla vigilia del tredici aprile, cinquantesimo anniversario di quel fatidico anniversario. Sono passati cinquant'anni, e i nati in quel giorno hanno ormai superato la mezza età trascorsa nell'ansia, nella paura e nell'instabilità. Coloro che, nel 1976, aspettavano di scegliere per la prima volta il loro rappresentante, ora hanno settant'anni o più e forse non hanno ancora la possibilità di scegliere quale Libano desiderano.
Cinquant'anni, due intere generazioni, i loro giorni sono perduti, i loro sogni sono perduti, le loro età sono state dissipate, e la perdita continua. Soprattutto, in questa occasione, dobbiamo ricordare le migliaia di martiri caduti da tutto il Libano, le migliaia di feriti di cui si è ancora testimoniato l'incitamento, le migliaia di famiglie le cui ferite non sono ancora guarite e i dispersi che con le loro famiglie rimarranno vittime permanenti della guerra. Cinquant'anni dopo, mi domando, e chiedo a tutti i responsabili: di cosa? E' vero che la guerra si è conclusa con l'Accordo di Taif,
che comprendeva importanti accordi statutari e emendamenti costituzionali fondamentali, ma la domanda rimane: non avremmo potuto ottenere questi emendamenti attraverso il dialogo, senza la necessità della guerra? Il nostro sistema non avrebbe potuto svilupparsi attraverso il dialogo e il consenso, senza distruzioni e battaglie? Sì, era possibile, certo. Allora perché non siamo riusciti a raggiungerlo?
Sì, c'è una grande responsabilità che ricade su di noi, così come su molti fattori esterni che ci hanno impedito e hanno contribuito allo scoppio della nostra guerra, quindi la nostra guerra e le guerre degli altri sono diventate insieme, ma solo sulla nostra terra e con il nostro sangue, e noi soli ne abbiamo pagato il prezzo. Oggi, mezzo secolo dopo quella tragedia che ha generato altre tragedie, sono venuto a dire ai miei fratelli libanesi: è nostro dovere aver imparato da questi cinquant'anni. La prima lezione che abbiamo imparato è che la violenza e l'odio non risolvono alcun problema in Libano e che solo il nostro dialogo può raggiungere tutte le soluzioni ai nostri problemi interni e sistemici.
La seconda lezione è che ogni volta che qualcuno all'estero si rafforza contro il suo partner in patria, perde come ha perso anche il suo partner, e ha perso la patria. Tutti abbiamo commesso questo errore, ne abbiamo pagato il prezzo, ed è tempo di imparare dai nostri errori. E' tempo di rendersi conto che, per quanto costi l'accordo interno tra noi, è ancora molto più basso per tutti noi e per il Libano che per qualsiasi prezzo che paghiamo all'estero.
La terza lezione è che tutti noi in questo paese non abbiamo alcun rifugio se non lo Stato libanese. Nel corso dei cinquant'anni di guerra e dei cento anni del Grande Libano, ci siamo assicurati che né le idee più piccole del Libano abbiano il loro posto nella realtà libanese, né le illusioni più grandi del Libano abbiano fornito alcun bene al nostro popolo e al nostro paese.
Per questo tutti noi abbiamo dichiarato la nostra fede nel Libano come patria finale per tutti noi. Quando diciamo "non c'è salvezza per noi se non attraverso gli Stati libanesi", intendiamo le loro istituzioni, il nostro impegno reciproco, in modo che siamo tutti uguali, anche nelle nostre differenze. Nessuno di noi ha paura, nessuno di noi ha paura. Nessuno di noi è ingiusto, nessuno di noi è oppresso. Nessuno di noi è assente e nessuno di noi è addolorato. Tutti noi, come ripeto e ripeto, sfumiamo una bandiera, portiamo un'unica identità.
Pochi giorni fa sono stati lanciati razzi sconosciuti dal sud del Libano, ma non si sa chi li abbia lanciati, ma i libanesi hanno concordato all'unanimità di essere contro il Libano, e una cospirazione malevola contro il nostro paese che prende di mira la sua stabilità e la sicurezza dei libanesi, perché fornisce un pretesto in più a coloro che non aspettano una scusa per attaccarci, e mette lo Stato libanese in una posizione più debole rispetto a coloro che ci sostengono nel mondo, e nei confronti dei nostri amici che vogliono aiutarci. E' molto importante che i libanesi condannino all'unanimità queste pratiche e respingano queste perpetrazioni, tanto che il Consiglio Supremo Islamico Sciita ha preso l'iniziativa di presentare una denuncia giudiziaria contro coloro che hanno compiuto questo atto, che è un passo molto lodevole e apprezzato, e ha implicazioni importanti e importanti.
Quindi, dico oggi, è tempo di trarre l'ultima lezione da questi cinquant'anni il 13 aprile...E' giunto il momento per tutti noi di dire: solo lo Stato ci protegge, il forte, il sovrano, il giusto, presente oggi, lo Stato che emana dalla volontà dei libanesi e si batte diligentemente per il loro benessere, la loro pace e la loro prosperità. Finché siamo unanimi nel dire che qualsiasi arma al di fuori del quadro dello Stato o della sua decisione metterebbe a repentaglio gli interessi del Libano per più di una ragione, è tempo per tutti noi di dire: il Libano protegge solo il suo Stato, il suo esercito e le sue forze di sicurezza ufficiali. E' giunto il momento di rispettare i requisiti di questa posizione, in modo che il Libano possa sopravvivere, e dimostrare che abbiamo imparato da cinquant'anni di folli guerre, e diciamo a coloro che se ne sono andati, e a coloro che sono ancora tra noi: giurate per i vostri sacrifici, abbiamo seppellito la guerra per sempre, ed è proibito e impossibile tornare ad essa o tornare da noi.
Giuro ai vostri figli e alle generazioni future, la nostra unità è la nostra arma, e la nostra arma è il nostro esercito, affinché tutti i cinquanta dei prossimi anni siano giorni di bontà, di pace, di gioia e di vita, perché siamo stati creati per la vita... e la vita è stata creata per noi. Lunga vita a tutti voi, e lunga vita al Libano".
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