Assadakah News - La propaganda delle strutture media mainstream occidentali, continuano a divulgare una immagine distorta della condizione femminile nei Paesi arabi, e soprattutto nella Repubblica Islamica dell’Iran, o comunque un punto di vista che implica un pregiudizio, secondo il concetto occidentale.
Per bilanciare le parti e dare un quadro equilibrato di tutto questo, Assadakah News ha voluto dare il giusto spazio all’evento, e agli interventi degli ospiti e delle ospiti, fra cui giovani donne, venute appositamente dall’Iran per portare personalmente la propria testimonianza, al convegno che si è tenuto a Roma giovedi 12 settembre, sui rapporti Italia-Iran e in particolare sulla questione femminile fra culture, dialogo e cooperazione, organizzato dal movimento “Indipendenza”. Un dibattito che è senza dubbio servito a irrobustire i rapporti già profondi fra Iran e Italia, al quale hanno preso parte ospiti d’eccezione. La giornalista Francesca Ronchin e Francesco Labonia (associazione Indipendenza) ha introdotto alcune letture della docente e poetessa Elisabetta Pamela Petrolati, e il successivo dibattito si è incentrato su argomenti più che mai attuali.
Le sfide che la donna affronta in Italia, sono state esposte da Liliosa Azara, docente di Storia Contemporanea e Storia della Donna, all’università Roma Tre; Wilma Ginulla, dell’associazione Indipendenza, ha esposto il significato del concetto di libertà, cono le relative ambiguità culturali; Anna Valvo, dipartimento Scienze Politiche e Sociali dell’università di Catania, ha parlato di simbologia, simboli e interpretazioni fra i “burka invisibili delle donne occidentali”. Un interessante focus su donna e Islam, in particolare nella Repubblica Islamica, è stato offerto da Hanieh Tarkian, docente si Studi Islamici e analista geopolitica iraniana. Diversi esempi di donne iraniane che hanno affermato il proprio ruolo in cultura, scienza, economia, imprenditoria, tecnologia, e ruoli di grande responsabilità, sono state le testimonianze di Narges Yaghoobi Nia, ricercatrice, inventrice, e presidente di Iritaly Trading Company srl Roma; Marjan Aghazadeh Hoshyar, Ceo di Negrin Tejarat Fardous e presidente della associazione Donne Imprenditrici Settore edilizio in Iran; e Mishkat Asadi, Ceo di Gruppo Business Innovativi.
Marjan Hoshyar è un esempio di determinazione, volontà, professionalità e consapevolezza. Con una laurea magistrale in Gestione Aziendale, da 22 anni lavora nel settore delle infrastrutture, un ambiente principalmente maschile. Oggi Marjan è titolare di quattro aziende da lei stessa fondate per produzione, commercializzazione, consulenza finanziaria e infrastrutture. E’ fondatrice di un'organizzazione benefica che opera nel campo dell'istruzione, per promuovere il ruolo delle donne e dei bambini, e ha fondato il primo sindacato femminile. È stata la prima donna iraniana coinvolta nella Organizzazione Internazionale del Lavoro e ha partecipato alla conferenza annuale dell'OIL a Ginevra.
Majan ha raccontato: “Come in altre società, anche le donne in Iran hanno fatto progressi significativi nel campo della scienza, acquisendo maggiore conoscenza e abilità in questo ambito. Negli ultimi cinquant'anni, il numero di donne che hanno ottenuto lauree in vari campi e che hanno ricoperto ruoli manageriali e scientifici è aumentato notevolmente in tutto il mondo. Tuttavia, in Iran, contrariamente a quanto mostrato dai media, le donne non solo godono di diritti uguali agli uomini, ma ricevono anche il sostegno dei loro mariti, padri e fratelli. In Iran, abbiamo un sindacato femminile e le lavoratrici godono degli stessi diritti degli uomini. Il governo e le istituzioni sostengono le donne impegnate nel commercio. Nel nuovo governo iraniano, le donne hanno ottenuto ruoli chiave come ministri e consiglieri del presidente e hanno ricoperto posizioni manageriali. In alcuni ambiti accademici, il numero di studentesse e docenti universitarie supera quello degli uomini. Il numero di organizzazioni e enti benefici gestiti da donne è aumentato notevolmente. Credo che le donne possano rendere il mondo un posto migliore in cui vivere”.
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