Lorenzo Utile (Assadakah News) - Al 23 agosto 2024, le vittime accertate della follia genocida israeliana nella Striscia di Gaza superano le 40.270 (circa 100mila i feriti), mentre proseguono le operazioni militari al sud e al centro, in particolare nell’area di Deir Al-Balah e Khan Younis e al Cairo giungono ancora una volta le delegazioni capeggiate da David Barnea, capo del Mossad, e Ronen Bar, capo dello Shin Bet, con nuove richieste per negoziare il cessate-il-fuoco, incentrate su due punti in particolare, il Corridoio Netzarim (collegamento est-ovest che separa Gaza City dalla zona meridionale) e il Corridoio Philadelphia (collegamento di circa 15 km che separa la Striscia dall’Egitto). Israele pretende di mantenere la propria presenza militare in queste due zone, rifiutando la presenza di una forza di pace Onu.
Corridoio Philadelphia e Corridoio Netzarim, sono queste due zone a costituire il punto cruciale della trattativa in corso al Cairo dove, oltre ai capi di Mossad e Shin Bet, e alla delegazione di Hamas, sono giunti anche William Burns, capo della CIA; il primo ministro del Qatar, sceicco Mohamed bin Abdulrahman Al-Thani, e i mediatori egiziani, mentre da Beirut il ministro degli Esteri libanese Abdullah Bou Habib, preme per una soluzione a breve termine per evitare che la delicatissima situazione sfugga dal controllo, con conseguenze devastanti. Nel frattempo, da considerare anche le iniziative del presidente palestinese Abu Mazen, che sta a sua volta lavorando con lo stesso scopo, compiendo visite ufficiali in Turchia, Arabia Saudita, ed è atteso al Cairo, per mettere a punto l’annunciata visita a Gaza (con entrata dal valico di Erez o quello di Kerem), avvenimento di significato fondamentale, che ha ricevuto l’approvazione di Washington e Tel Aviv, e che ha lo scopo di ribadire l’unità territoriale fra Cisgiordania e Gaza.
Il corridoio Philadelphia è quindi il punto critico dei negoziati in corso, unica via di accesso terrestre alla Striscia senza passare da Israele. Tel Aviv ha preso il controllo del corridoio da fine maggio, con l’approvazione degli Stati Uniti, che lo considerano compatibile con l’operazione militare a Rafah, a sia Hamas che l’Egitto non accettano la presenza di Israele nella zona, vista soprattutto come ancora di salvezza di Hamas. Il compromesso a cui si cerca di giungere prevede che le truppe israeliane di occupazione ottengano la sorveglianza dei primi tre chilometri del corridoio praticamente deserti, mentre il resto sarebbe monitorato dall’Egitto, con l’assistenza dell’Autorità Nazionale Palestinese, proposta che pare non incontrare l’approvazione né di Hamas né di Israele.
Secondo le ultime indiscrezioni, pare che il governo israeliano avrebbe “ammorbidito” le richieste sulla propria presenza militare nella zona, soluzione che comunque Hamas continua a rifiutare. Intanto, l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) ha denunciato lo sfollamento di massa dei palestinesi a Gaza, mentre l'esercito israeliano continua a emettere ordini di evacuazione in varie parti della Striscia. In 10 mesi di guerra, gli ordini di evacuazione israeliani hanno sfollato il 90% dei residenti.
In campo anche l’Unione Europea, che potrebbe ricevere il mandato per la sorveglianza del Corridoio Philadelphia insieme all’Autorità Nazionale Palestinese.
Di fatto, secondo le leggi internazionali, la richiesta di Netanyahu di mantenere truppe israeliane fra la Striscia di Gaza e l'Egitto, costituirebbe una violazione del trattato di pace fra Egitto e Israele. In merito a questo, il governo egiziano chiede garanzie specifiche sul definitivo ritiro della IDF dal Corridoio.
Intanto si rincorrono le notizie: da quella sul rifiuto del primo ministro israeliano di ritirare i soldati dal corridoio, e la possibilità che il controllo possa vedere la presenza di una forza internazionale, a quella sulla presentazione di una nuova proposta che vede la presenza delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea al valico di Rafah e in alcuni punti del Corridoio nato con il trattato del 1979 tra Israele ed Egitto, in seguito agli accordi di Camp David del 1978 e all'indomani della vittoria egiziana nella guerra del 1973 contro Israele, che affidava all'Egitto il controllo del Corridoio (per gli egiziani, il Corridoio Salah Al-Din).
Dall'altra parte, Yahya Sinwar, il capo politico di Hamas, ha posto la sua "linea rossa": nessuna intesa se prima gli israeliani non lasciano completamente la Striscia e soprattutto Netzarim e Philadelphia. Altre fonti, invece, affermano che Hamas aprirebbe alla presenza di una forza internazionale e sarebbe anche pronta ad accettare un veto su 50 nominativi di prigionieri palestinesi da liberare. Nell’affannosa, pressante ricerca di un accordo, con le diplomazie che cercano Pesi e contrappesi, la partita si gioca anche attraverso le notizie che vengono fatte filtrare dalle diverse parti.
Diversa invece la situazione per il Corridoio Netzarim, che si estende dal confine israeliano al Mediterraneo, separando di fatto il nord della Striscia dal sud, e prende il nome da un ex insediamento. Il corridoio vero e proprio, che attraversa la parte meridionale di Gaza City, è lungo circa 7 km ed è stato creato durante l'attuale conflitto, voluto da Israele per impedire che la strada venga attraversata non solo dagli sfollati palestinesi che vogliono tornare alle loro case nel nord della Striscia ma, in assenza di militari israeliani, anche da miliziani di Hamas, che ha già respinto la proposta-ponte perché ritiene sia allineata alle richieste di Israele, cioè al rifiuto del governo israeliano del ritiro completo delle truppe da Gaza e dal corridoio Philadelphia.
Dopo il ritiro della IDF da Gaza nel 2005, Israele firmò l’Accordo di Philadelphia con l’Egitto che garantiva al Cairo il diritto di schierare circa 750 guardie di frontiera lungo la zona cuscinetto sul lato egiziano del confine. Il corridoio comprende il cruciale valico di Rafah. Israele, per la sua sicurezza, ritiene di non poter rinunciare ad avere un controllo su quel passaggio, soprattutto dopo il 7 ottobre, e sostiene che le sue truppe sono dispiegate lì per impedire il contrabbando di armi e di munizioni dall’Egitto a Gaza.
Non bisogna dimenticare il motivo per cui l’esercito israeliano è a Gaza. Gerusalemme vuole che sia garantita la sua sicurezza e vuole che non si ripeta più un altro 7 ottobre, quando i terroristi di Hamas fecero irruzione dalla Striscia nei kibbutz. Per questo motivo per Israele è necessario il controllo dei due corridoi. Anche l’Egitto si oppone alla presenza militare di Israele nel corridoio di Philadelphia, per questo, purtroppo, non bisogna farsi troppe illusioni sul successo del negoziato.
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