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Immagine del redattoreAssadakah

Siria: verso la liberazione di Palmyra

L’Europa non è pronta per combattere il terrorismo.


Lotta continua al terrorismo in Libano, in Iraq, in Siria, e in minima parte in Egitto, compresa l’area desertica del Sinai, zona di congiunzione tra il continente africano e asiatico, colpita quasi ogni giorno da attentati contro i militari egiziani. Negli ultimi giorni ci sono stati 18 morti e tra questi anche degli ufficiali. Nel Paese dei Cedri il massiccio controllo del territorio ha consentito alle forze dell’ordine di arrestare componenti dello Stato Islamico e el Nusra nell’area della Valle della Bekaa e nella provincia di Tripoli. I sospettati terroristi – Nawras Zeina, Abu Abdullah al Ordoni, Abu Abd al Rahman al Shami, Abu Hasan al Hawsh e Alaa Abu Maher – provengono dalla regione siriana del Qalamoun, al confine con il Libano. Arrestato anche Ahmed Satem, fratello di uno dei comandanti dello Stato islamico, noto con il nome di Omar e a sua volta comandante del gruppo estremista islamico nella città di al Raqqa, roccaforte siriana dello Stato islamico. Dal 2014 le forze di sicurezza libanesi hanno arrestato centinaia di elementi appartenenti al fronte el Nusra, soprattutto nel nord del paese e nei sobborghi della città di Arsal a pochi chilometri con il confine siriano. Allo stesso modo in Iraq ogni giorno le forze della sicurezza svolgono operazioni antiterrorismo per assicurare alla giustizia elementi non regolari. L’esercito iracheno sostenuto dalla cosiddetta Mobilitazione Popolare avanza per stringere l’Isis con l’aiuto dell’esercito siriano e delle forze Curde: l’obbiettivo è la città di Mossul. Le forze di sicurezza irachene hanno catturato recentemente 149 militanti islamici affiliati all’Isis mentre cercavano di confondersi tra le migliaia di civili in fuga dai numerosi villaggi situati lungo la valle dell’Eufrate. È la valle dove imperversano i combattimenti tra le forze regolari e gli jihadisti, e secondo alcune testimonianze attendibili i terroristi si muovono violentemente contro la popolazione che viene uccisa a sangue freddo. Si nascondono e cercano di sfuggire alla cattura. A differenza di quanto avviene in Siria, le forze irachene riescono ad avere un successo diverso perché possono beneficiare dell’aiuto della forza aerea guidata della coalizione internazionale degli Stati Uniti. L’esercito avanza verso il nord di Ramadi dove i combattenti delle forze armate hanno eliminato 50 terroristi dell’Isis, sempre grazie al supporto aereo della coalizione. Sul versante siriano la situazione cambia: si riprende terreno a Nord, a Sud e nella grande provincia Nord di Homs, dove l’avanzata dell’esercito arabo siriano va verso il sito archeologico di Palmyra, occupata e semidistrutta dallo Stato Islamico. Secondo il corrispondente sul posto, Sumar Hatem, da giorni i russi bombardano le postazioni dei terroristi dell’Isis intorno alla città storica ed è probabile che la prossima settimana si inizi con la liberazione. Il giornalista Sumar Hatem, che segue da mesi la situazione e vive in prima fila con i militari, ci informa che Damasco è decisa a riprendere Palmyra città simbolo, indispensabile per i collegamenti della lunga autostrada che taglia la Siria fino all’Iraq. Palmyra è vicina ai ricchi giacimenti petroliferi di al Halil e Arak che riforniscono di corrente elettrica tutta Latakia. La città di Palmyra è in un punto strategico, e conquistarla significherebbe aprirsi la strada per il distretto petrolifero di Deir Ezzor, un’area quasi totalmente in mano allo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante Isis. A combattere nella terra del deserto siriano ci sono anche gli uomini di Hezbollah e qualche vittoria è stata segnalata. È ragionevole prendere atto che migliaia di terroristi sono in fuga verso il Nord Africa e l’Europa. Testimoni oculari e agenti del servizio di sicurezza siriano, infiltrati nelle aree dell’Isis, segnalano una nuova strategia delle bande armate: rubare e falsificare i documenti ai cittadini regolari. Il Generale El Walid Sukkarieh esperto di terrorismo risponde alle domande del corrispondente Najia al Hussari osservando che: “Il rischio terrorismo in Europa é grande. L’Europa invece di collaborare con i Servizi siriani, iracheni, iraniani e gli Hezbollah sembra non cogliere in modo sufficiente la gravità del momento. Tutti gli uomini dei Servizi combattono il terrorismo e possono essere definiti persone di grande esperienza. […] Francia e Belgio per mesi hanno dato la caccia a un terribile terrorista, ma è probabile che ne debbano affrontarne migliaia. Come faranno? La Siria sta combattendo circa 100 mila terroristi esperti e l’Europa invece di collaborare ed aiutare la Siria nella sua lotta contro il terrorismo continua con le sanzioni contro il Paese Arabo”. Al Generale viene chiesto se ritiene l’Europa pronta oppure non abbastanza preparata, se pensa che l’abolizione di Schengen potrebbe isolare il terrorismo. La risposta del Generale è prevedibile, perché ritiene l’Europa “sicuramente non pronta. Anche noi non eravamo pronti, ma da cinque anni abbiamo accumulato esperienze. Il terrorismo viene combattuto solo se le informazioni vengono scambiate tra chi ha una lunga esperienza in campo, come la Siria, e gli altri paesi meno esperti. Fino a questo momento nulla sta avvenendo. Le stime ufficiali del Ministero dell’interno tedesco indicano il numero di persone che vivono in Germania: sembra siano 3.500 apparentemente radicalizzati, di fede islamica, corrente salafita, ma potenziali combattenti della Jihad pronti a dar seguito ad attacchi terroristici. Inoltre penso che questa stima minimizzi il pericolo. Il flusso di entrata in Europa (dal 2014) è di migliaia di elementi sovversivi”.

Talal Khrais-Redazione Roma, Paola Angelini-Redazione Roma Sumer Hatem-Palmyra, Najia al Hussari-Beka Libano

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