Lorenzo Utile - Il ministro degli Esteri e vice-premier Antonio Tajani è riuscito a sorprendere anche gli stessi addetti ai lavori alla Farnesina, con l’annuncio fatto nel corso di una delle ultime riunioni alla Camera dei Deputati, circa la nomina del nuovo ambasciatore italiano a Damasco, in Siria. Ci sono però alcuni aspetti poco chiari, ma andiamo con ordine.
Il ministro Tajani ha fatto la seguente dichiarazione: “Non so quando si insedierà il nuovo ambasciatore per la Siria, non so la data, ma sarà in tempi rapidi". Tale affermazione è stata la risposta alla domanda se il governo ha intenzione di nominare un rappresentante diplomatico ufficiale in Siria, ma perché proprio adesso questa domanda e non, ad esempio, in occasione della riammissione della Siria all’interno della Lega Araba? E ancora: il ministro degli Esteri sa bene che la Siria non è ancora un Paese pacificato. Il 30% della Siria è ancora preda di scontri armati ed esistono zone dove il governo del presidente Bashar Al Assad non ha alcun controllo o autorità, poiché spadroneggiano formazioni che fanno capo allo Stato Islamico, ad esempio nel territorio intorno a Idlid, dove comanda Hay'at Tahrir al-Sham (Organizzazione per la liberazione del Levante, conosciuta anche come Al-Qaeda in Siria) formazione militante salafita attualmente attiva.
La doppia faccia della politica porta a pensare che ci sia qualcosa sotto, quindi quale potrebbe essere il progetto italiano, e soprattutto non è chiaro se sia una iniziativa unilaterale o l’esecuzione di disposizioni provenienti da Washington, come si solito accade, nel tentativo di ristabilire rapporti col governo siriano, dopo oltre un decennio, a parte il fatto che i rapporti non si sono mai interrotti del tutto, dal momento che è sempre esistito un incaricato speciale che svolgeva le funzioni ufficiose di ambasciatore dalla sede di Beirut. Quella stessa persona che desso è stato nominato ambasciatore, ovvero Stefano Ravanian.
Per il ministro, si tratta di una scelta in linea con la politica estera del governo Meloni, strategia difficile da credere. Desta poi dubbi il fatto che la comunicazione ufficiale inviata a Bruxelles sull’iniziativa italiana, è sostenuta da Austria, Grecia, Slovacchia, Slovenia, Repubblica Ceca, Cipro e Croazia, ma mancano del tutto i principali protagonisti, direttamente coinvolti nella questione, ovvero Germania e soprattutto Francia, che non ne vuole sapere. Con il dovuto rispetto, che il documento italiano porti le firme dei sopracitati governi, non ha quel peso che sarebbe necessario a sostenere e portare a termine tale iniziativa.
Di fatto, il responsabile della politica estera dell’Unione Europea, Joseph Borrel, ha avviato la procedura per incaricare i propri servizi per un’analisi dettagliata che porti a una possibile soluzione. L’unica cosa da fare, a questo punto, è aspettare e vedere.
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