Assadakah News (Roma) - E’ nato nella zona di Idlib, si chiama Ibrahim Saaed, e non sa che cosa voglia dire nascere e crescere in un Paese in pace. A soli 13 anni lavora come apprendista meccanico, fino a dieci ore al giorno, per contribuire al mantenimento della famiglia. Non frequenta la scuola perché, come lui stesso sottolinea: “Qui non interessa a nessuno se studi, bisogna sopravvivere…”. Il motivo è anche l’assenza delle scuole stesse. Sono pochi gli insegnanti che tengono duro, e fanno praticamente fronte volontario per l’istruzione, di fronte al blocco degli stipendi.
Ibrahim impara a smontare i motori, di qualunque dimensione. Inizia il lavoro alle 8 di mattina e smette alle 7 della sera, con la sua tuta macchiata d’olio, impolverato, sporco e stanco, e tuttavia con una volontà che dovrebbe insegnare a molti politici che cosa voglia dire voler vivere.
"Svito il motore, svito il cambio automatico, la guarnizione della testata - racconta il piccolo meccanico - qualsiasi cosa il mio capo mi dica di fare. A volte, quando i bulloni sono difficili, chiamo il mio capo per aiutarmi. Mi piacerebbe continuare a lavorare come meccanico in futuro e avere la mia attività".
Il 60% dei bambini nel nord-ovest della Siria sono senza istruzione e solo un terzo delle scuole è pienamente funzionante. Inoltre, lo spostamento di massa provocato dalla guerra e dal terrorismo, ha trascinato il 90% dei siriani nella più assoluta povertà, lasciando molti bambini senza altra scelta che iniziare a lavorare. I bombardamenti hanno costretto molte famiglie ad abbandonare le proprie case, e vivere in baracche nei campi. Per molte famiglie, il lavoro minorile è il solo mezzo per sopravvivere, dato che l'Unicef stima che l'aumento dei bisogni umanitari in Siria, dal 2020, è aumentato del 27%. Una situazione drammatica, di infanzia rubata che non sarà mai più restituita.
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