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Siria - Fra aspettative, speranze e realtà

Immagine del redattore: Roberto RoggeroRoberto Roggero

Assadakah News Damasco - Centinaia di persone si sono radunate in piazza degli Omayyadi, a Damasco, per celebrare i 14 anni dalle prime proteste scoppiate in Siria nei confronti del regime di Bashar al-Assad. Le cosiddette ‘Primavere Arabe’, poi sfociate in un lungo e sanguinoso conflitto. Le persone hanno sfilato con bandiere della rivoluzione siriana, scandendo lo slogan “Siria Unita”. Quest’anno, i siriani celebrano anche la caduta della dittatura durata oltre 50 anni, a cui ha posto fine l’8 dicembre scorso l’insurrezione armata guidata dal gruppo Hayat Tahrir al Sham (HTS) e dal suo leader Ahmad Al-Sharaa, diventato presidente ad interim.

La Siria ha una nuova Costituzione che dovrebbe durare fino al 2030, anno in cui sono state programmate le elezioni. Un periodo che in ogni caso sarà dominato da una sola autorità riconosciuta, ovvero Ahmad Al-Sharaa, nelle cui mani sono concentrati tutti i poteri, pur con le garanzie di rispetto di ogni componente della popolazione siriana, in particolare delle minoranze, come sancito dalla bozza della nuova Dichiarazione Costituzionale Temporanea, approvata giovedi scorso, che si ispira alla giurisprudenza islamica e che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini, senza distinzioni di religione, etnia ed estrazione sociale. Sarà comunque Ahmad Al-Sharaa a nominare il Comitato Supremo che sceglierà i 2/3 del Parlamento, mentre il terzo mancante sarà indicato dal presidente senza intermediari. Di fatto, Al-Sharaa è capo dello Stato, delle forze armate, del governo e della magistratura.

Ciò che però preoccupa sono le condizioni del Paese, nel quale ci sono ancora focolai di guerra, povertà e le impellenti questioni di profughi e sfollati, interni ed esterni. In una parola, la sicurezza. Israele controlla il Sud, i turchi il Nord, le sanzioni internazionali sono ancora in vigore, i curdi insistono per l’autodeterminazione (e nonostante le aspettative non sono nominati nella bozza di Costituzione), gli alawiti appaiono sempre più come una “presenza ingombrante”, e oltre sei milioni di siriani attendono di rientrare nel Paese. E poi ci sono i cristiani, che non nascondono la preoccupazione per il futuro.

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