Lorenzo Somigli - Il primo colloquio con lui fu affascinante. È stato come esserci all’Hotel Alexandre quando incontrò un personaggio visto solo in rare, incerte immagini: Bin Laden, con la sua valigetta zeppa di dollari e le sue nerborute guardie del corpo. Rende bene l’idea di una Beirut grande lavatrice di soldi e crocevia di spie, di interessi globali. Come è stata e come ancora è. Il Professor Salvatore Lombardo è un osservatore raffinato, colto e puntuale, che conosce nel profondo la complessità dei luoghi di cui parla. Siano l’Afghanistan o il Libano. Dobbiamo ringraziare sentitamente l’Avvocato Roger Eddé che ci ha messo in contatto e per il quale Lombardo spende ottime parole: “Aveva fondato un partito simile a quello di Mandela in Sudafrica. Un esperimento molto interessante”.
“Rispetto ad alcuni giorni fa ci sono stati dei cambiamenti positivi. Massoud ha sferrato una controffensiva su più posizioni e con buoni risultati” spiega Lombardo, che con Massoud ha un dialogo regolare. “In contemporanea, i Talebani hanno commesso molti errori, che gli stanno alienando il sostegno della popolazione: hanno ucciso, hanno ristretto le libertà, soprattutto alle donne, hanno costretto molti a fuggire. Se sul piano militare si registra qualche successo, c’è il problema dei profughi ai quali Massoud cerca di provvedere come può ma non è facile”. Lombardo ha da poco, inoltre, inaugurato un Master di Relazioni Internazionali alla UMEF di Ginevra partendo proprio dal caso afghano.
Massoud, sebbene stia opponendo un’apprezzabile resistenza contro il regime, ancora non può contare sul sostegno della comunità internazionale. “Arrivano munizioni, un po’ di carburante. India, Tagikistan e Uzbekistan stanno dando piccoli aiuti. Di significativo non c’è nulla ma ci stiamo lavorando”.
“Vediamo se riusciremo a farlo venire a Parigi o a Strasburgo. Sono ottimista rispetto a prima”.
“C’è poco, invece, da sperare in Biden. Lui non dirige più niente, oramai è evidente. È ostaggio dell’estrema sinistra e della Harris. Sta solo disseminando il caos. Perché sta inviando tutte quelle truppe nei paesi baltici? Per infastidire la Russia? Cosa direbbe se Putin le inviasse in Canada o in Messico? Sono azioni pericolose per tutti. Per non parlare dell’ultimo oltraggio, ultimo di una lunga serie, alla Francia con la questione dei sottomarini. Macron ha fatto benissimo a ritirare l’ambasciatore”.
A proposito di Macron – dopo un’iniziale accelerata sul green pass è stato costretto a una vistosa retromarcia – le elezioni si avvicinano, Lombardo è sicuro: “Lui è quasi già rieletto. La sinistra è un disastro completo. Marine Le Pen intercetta le istanze di larga parte della Francia ma non è presentabile, non ha il livello di Macron e rischia di essere di nuovo sconfitta. Di fronte a due punti dolenti per il paese, la sanità e la sicurezza – non dimentichiamo che la Francia ha accolto ben due milioni di profughi in pochi anni – il Presidente ha dovuto rivedere le sue posizioni e concentrarsi su un’agenda più vicina agli interessi reali dei Francesi. Insomma, le politiche della Le Pen ma con un volto presentabile”.
Dopo questa interessante panoramica veniamo al Libano, un paese che Lombardo conosce approfonditamente. È stato inviato nel 1989, ha scritto un libro “Liban Libre” (1996, Transbordeurs) che ha venduto decine di migliaia di copie e che gli è pure costato un allontanamento dal paese, a cui è seguito anche “Retours à Beyrouth” (2006, Transbordeurs). “Mi occupo del Libano da decenni, dall’89. Il mio libro “Liban Libre” è vietato e a me è stato impedito per ben dieci anni di mettere piede in Libano. Però, quando il Generale Aoun è tornato ero con lui…”
Conosce molto bene il Presidente Aoun? «Ero in aereo con lui, ero l’unico invitato. Quando era in Francia venne ad una presentazione del mio libro su Massoud, che ammirava molto. In Libano ho conosciuto tutti i capi, anche Nasrallah».
“Le vie d’uscita per il Libano? Sono due” afferma e illustra una prima soluzione, a dir poco inconsueta (per noi). “Un colpo di stato militare di Aoun. L’esercito, che gode di ampia stima nella società, è con lui, Hezbollah è con lui, e si parla di un attore non di poco conto. Aoun potrebbe prendere il potere per un periodo limitato – uno, massimo due anni – con ministri militari: niente più feudi religiosi, niente ruberie, interventi rapidi e coraggiosi. Effettivamente avrebbe potuto farlo dieci anni fa, quando era al culmine della sua fama, dopo l’esilio in Francia e dopo quel rientro trionfale a Beirut. Oggi è più stanco, più anziano, meno legittimato rispetto ad allora. Ha puntato a prendere il potere con la legalità, perché crede nelle Istituzioni”.
Al di là dell’extrema ratio del dictator c’è una via riformista: “È la stessa che Massoud ha in mente per l’Afghanistan: il federalismo. Paesi che hanno una composizione etnica e religiosa difforme e che quindi hanno gli stessi problemi possono puntare alla stessa soluzione: avvicinarsi all’esempio con zone d’influenza. Ovviamente – precisa con acume – dobbiamo tener conto che anche all’interno di Cristiani e Musulmani ci sono più “sette” con più orientamenti politici. Per tornare alla riflessione su Aoun, all’incirca il 60% degli Sciiti sono con Hezbollah, quindi con Aoun, ma una percentuale non da sottovalutare come il 40% non lo è. I Sunniti non sono tutti con la famiglia Hariri che tiene i rapporti con il Presidente. I Cristiani al 90% parteggiano con Aoun ma c’è una minoranza comunque. Tengo a precisarlo perché stiamo parlando di un mosaico fortemente composito. Aoun – aggiunge ancora – è accettato dagli altri attori regionali: dagli arabi per il suo carisma, dalla Siria che vuole una pace duratura, persino da Israele che si rende conto di quanto sia problematico un Libano in crisi e dagli stessi palestinesi presenti in Libano”.
Ci ricolleghiamo alla Francia, il paese che più di tutti ha inciso sul moderno Libano. “Macron, durante la sua visita, ha minacciato la classe politica ma è stata una minaccia leggera, inconsistente. Non ha lo stesso peso di una minaccia fatta da Aoun… La Francia non può solo insistere per il cambiamento, che comunque non ha effetto sull’attuale classe politica. Deve fare qualcosa di concreto. Deve garantire con il Fondo Mondiale per far sbloccare dei soldi che sono essenziali per ristorale il debito pubblico e rendere di nuovo il Libano appetibile. Quando saranno state ripianate le finanze pubbliche bisognerà riformare il sistema in senso federale. Ogni zona avrebbe massima responsabilità su temi come scuola, energia e sicurezza, che sono determinanti per la popolazione. Il Libano è piccolo, grande paese. Cambiare senza colpevolizzare…gli attuali politici: sono ladri, non nazisti!”.
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