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Russia e Algeria - Andrei Pavlenko, l’eroe silenzioso del disinnesco coloniale

Aggiornamento: 2 giorni fa



Maddalena Celano (Assadakah News) - “I nostri cuori sono rimasti in Algeria”: l’omaggio dell’Algeria ad Andrei Pavlenko, l’eroe silenzioso del disinnesco coloniale


In un tempo in cui le ferite del colonialismo faticano a rimarginarsi, l’Algeria compie un gesto simbolico di riconoscenza e memoria. Il presidente della Repubblica, Abdelmadjid Tebboune, ha conferito all’anziano colonnello russo Andrei Pavlenko l’Ordine dell’Achir – 10ª Classe, una delle massime onorificenze del Paese – per il suo ruolo essenziale nelle operazioni di sminamento delle mine francesi lungo i confini algerini, dopo la vittoria della gloriosa Rivoluzione di liberazione.

L'onorificenza è stata consegnata nel corso della visita di Stato del presidente Tebboune a Mosca, ma non si è trattato di un evento isolato. Pavlenko è stato recentemente anche ricevuto ad Algeri, il 12 giugno 2024, dal Generale d’Armata Saïd Chanegriha, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Nazionale Popolare (ANP), che ha voluto ringraziarlo personalmente per il suo contributo "nobile e umano". Accolto con calore, il colonnello novantacinquenne ha dichiarato commosso: “Questa visita mi ha permesso di rivivere i ricordi del mio servizio in Algeria. I nostri cuori sono rimasti lì”.



Durante gli anni tumultuosi seguiti all’indipendenza del 1962, la giovane Algeria si trovò a dover affrontare un nemico silenzioso: le centinaia di migliaia di mine disseminate dall’esercito coloniale francese lungo i confini est e ovest del Paese. Un’arma subdola, concepita per isolare la lotta del popolo algerino e minare il suo futuro. A complicare le cose, la Francia si rifiutò per anni di consegnare le mappe dei campi minati: solo nel 1967 ne furono parzialmente rese alcune.


Fu in questo contesto che entrarono in gioco tecnici e militari dell’ex Unione Sovietica, tra cui proprio Pavlenko. La loro missione fu pericolosa, lenta, ma fondamentale: disinnescare una minaccia invisibile che continuava a mietere vittime. “Il ruolo dell’Unione Sovietica nel salvare vite algerine è stato decisivo”, ha affermato il presidente Tebboune, ricordando le centinaia di vittime causate dalle mine anche dopo la fine ufficiale del conflitto.


Pavlenko, oggi in pensione, sta scrivendo le sue memorie in un libro dal titolo emblematico: I nostri cuori sono rimasti lì in Algeria. Un tributo a un popolo che ha saputo riconoscere, oltre la retorica dei blocchi geopolitici, la solidarietà concreta. Il gesto di Algeri non è solo un omaggio a un uomo, ma un segno di continuità storica e di memoria condivisa, che lega ancora oggi Algeria e Russia in un rapporto di rispetto e collaborazione.


Un gesto che fa riflettere: nella storia della decolonizzazione, troppo spesso raccontata solo dai vincitori, ci sono anche gli eroi silenziosi – quelli che, come Pavlenko, hanno agito per la vita, non per la gloria.





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