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Roma - Triplo riconoscimento a Stefania Battistini


Redazione – Il 24 novembre, Talal khrais corrispondente della National News Agency e responsabile per le relazioni internazionali dell’Associazione Italo-Araba Assadakah, ha presieduto un importante incontro a Roma, che ha visto come protagonista Stefania Battistini, giornalista e documentarista di Rai-1, alla quale è stato concesso un triplo riconoscimento, per professionalità, impegno e umanità. Alla giornalista, sono state donate tre targhe, da Talal Khrais per Assadakah, dallo scrittore poeta Francesco Terrone in rappresentanza della fondazione omonima e, in particolare, dall’ospite di eccezione, S.E. Tsovinar Hambardzumyan, ambasciatrice della Repubblica di Armenia in Italia. Nella redazione di Assadakah è ben noto cosa comporti svolgere il lavoro di corrispondente di guerra, dal momento che la maggior parte dei colleghi giornalisti hanno svolto o svolgono questo lavoro. Per questo, l’Associazione Italo-Araba Assadakah, la Fondazione Francesco Terrone, e l’ambasciata della Repubblica di Armenia, hanno voluto riconoscere e ribadire l’importanza di questo genere di professione, nella persona di Stefania Battistini, e in tutti i colleghi, conosciuti o meno, in particolare tutti coloro che hanno pagato con la propria vita il prezzo della verità.

A margine dell’evento, che ha avuto luogo nella sede della Stampa Estera a Roma, Stefania Batistini ha poi commentato: “…Tanti mi chiedono cosa si prova nello svolgere questo lavoro…secondo me, una delle prime cose che mi viene in mente di dire è che comunque lo ritengo un privilegio. Essere in un determinato luogo e in un momento specifico, per vedere senza filtri con i propri occhi, capire, e testimoniare di conseguenza è davvero importante, soprattutto perché oggi la professione è sempre più relegata a presentare certi avvenimenti comunque da lontano, seppur sempre importante. Ma comprendere certi risvolti, guardare l’espressione delle persone, vivere in prima persona una determinata situazione, lo ritengo davvero un privilegio. Si capisce davvero qual’è, e com’è l’impatto della guerra sulla popolazione civile, una delle cose che motiva la spinta etica e morale, alla base di questo tipo di lavoro, che comunque rimane una scelta personale. I pericoli ci sono, non è un segreto, si cerca di ridurre al minimo i rischi…dipende da ogni singola situazione. In Ucraina, ad esempio, il rischio è per i missili che possono arrivare all’improvviso, è un fronte molto vasto e molto instabile”.

L’elemento decisivo che ti ha spinta a intraprendere questo lavoro?

…Beh non è stato un unico elemento, ma diversi. A livello interiore il desiderio di essere il veicolo che consente di dare voce a chi non ne ha…L’idea di diventare nello specifico corrispondente di guerra è nata quando mi trovavo nel sud-est della Turchia insieme a un collega, fra il popolo curdo, fra Kalashnikov e tensioni varie, e ho pensato che volevo e dovevo raccontarlo”.

Che cosa non potrà mai comprendere fino in fondo chi vede un servizio al telegiornale o legge un articolo, senza essere sul luogo?

Domanda da un milione di dollari…Un discorso molto ampio…Sono tornata dall’Ucraina da poco e mi trovo trascinata in ragionamenti anche paradossali che per noi sono sorprendenti…Dico solo che nella realtà dei fatti, mi è capitato di tornare a casa con brandelli umani ancora incastrati sotto le scarpe, questa è la verità…E lo è stata per ben nove mesi a diverse riprese…Questo non viene percepito fino in fondo, sulla propria pelle, da chi non vive in prima persona…”.

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