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Roma - Toccante commemorazione del 110° anniversario del Genocidio Armeno

Letizia Leonardi (Assadakah News) - Si è svolta ieri, 29 aprile, al Giardino degli Armeni di piazza Lorenzini, la cerimonia di commemorazione del 110° anniversario del Genocidio Armeno. Era prevista per il 23 aprile ma era stata annullata a seguito del decesso di Papa Francesco e della decisione del Consiglio dei Ministri di proclamare cinque giornate di lutto nazionale. Alle ore 19,15 alla presenza delle Istituzioni Capitoline, dei rappresentanti della Chiesa Armena e degli Ambasciatori armeni presso il Quirinale e la Santa Sede è iniziato il ricodo delle vittime del Metz Yeghérn con l'inno nazionale italiano e quello armeno. A seguire canti liturgici armeni e la preghiera in lingua armena da parte dell'autorità religiosa. Il giornalista e rappresentante del Consiglio della Comunità Armena di Roma, Robert Attarian ha dato il benvenuto ai presenti con il suo toccante discorso "Oggi ricordiamo - ha affermato Attarian - col cuore trafitto dal dolore ma colmo della speranza del Signore risorto, il 110° anniversario del genocidio armeno".

Ha ribadito l'importanza di non ignorare certe ferite inferte ad un intero popolo e ha letto le parole pronunciate da Papa Francesco dieci anni fa, in occasione del centenario del genocidio, dicendo che, quello degli armeni è stato il primo genocidio del XX secolo. Il rappresentante della Comunità armena di Roma ha ringraziato il defunto Santo Padre facendo notare che Il silenzio complice, nominato da papa Francesco, risuona anche oggi come 110 anni fa. "Quel ...A me che importa - ha proseguito Attarian - è risuonato anche nel 2023 quando 120 mila armeni, i figli dell'Artsakh - Nagorno Karabakh sono stati sotto assedio, affamati e stremati per poi essere cacciati dagli azeri, sotto la minaccia della pulizia etnica, dalla terra che avevano abitato da millenni e con i loro leader ingiustamente carcerati senza la possibilità di avere una giustizia. E quel... A me che importa risuona anche oggi quando ci sono tentativi di revisionismo storico ai danni della chiesa armena e del suo patrimonio religioso e culturale per cancellare la cristianità armena. La ferita inferta agli armeni continua a sanguinare perché c'è ancora silenzio, omertà, indifferenza". Il rappresentante della Comunità Armena ha ringraziato Roma per la donazione, avvenuta 10 anni fa, del Giardino degli Armeni e tutte le amministrazioni di quelle città che hanno voluto riconoscere il genocidio.

Ha ringraziato il parlamento italiano che, nel 2019, ha approvato la risoluzione per il riconoscimento del genocidio armeno e tutti coloro che sono vicini agli armeni, i rappresentanti della Chiesa Armena, il rettore e gli alunni del collegio armeno, i rappresentanti della Chiesa Armena Apostolica, l'Ambasciatore della Repubblica d'Armenia in Italia S. E. Vladimir Karapetyan e S. E. Boris Sahakian Ambasciatore armeno nella Santa Sede

La parola è poi passata all'Ambasciatore Karapetyan che ha letto il suo primo discorso in lingua italiana su quello che è successo nel passato e nel presente. "La negazione dei fatti storici implica il ripetersi dei crimini". E ha parlato dello sfollamento forzato del Nagorno Karabakh e la cancellazione della presenza armena con tentativi di manipolare e mistificare la storia. Ha dichiarato che noi abbiamo un ruolo da svolgere e ha ringraziato i presenti e anche le autorità capitoline.

Federico Rocca era lì in rappresentanza del comune di Roma, definito un amico armeno di vecchia data, senza interessi ma solo per amicizia. "Dobbiamo impegnarci - ha affermato Rocca - alla conservazione della memoria per testimoniare e raccontare per le future generazioni. Il popolo armeno ha lottato con enorme fierezza per la verità".

Il successivo intervento è stato quello dell'Onorevole Andrea Casu del gruppo parlamentare amicizia italia armena che ha nominato il suo collega Centemero che, insieme a lui, condivide questo impegno a favore degli armeni. Ha raccontato del suo viaggio in Armenia e la visita al memoriale. "Occorre - ha dichiarato Casu - unire le istituzioni laiche e religiose per la memoria del popolo armeno e rinnovare la vicinanza a un popolo che soffre anche attualmente per ciò che è successo nel Nagorno Karabakh. È stata poi la volta dell'ex europarlamentare del M5S Fabio Massimo Castaldo: "Roma non arebbe così senza il contributo che negli anni hanno dato gli armeni e 10 anni fa ero in Armenia alla commemorazi del centenario. Come politici dobbiamo lottare affinché tutti riconoscano il genocidio. La pace per essere vera pace deve essere giusta. L'UE deve proteggere il patrimonio armeno in pericolo. Perdere quel patrimonio e costringere migliaia di persone a lasciare la loro terra significa che non siamo stati in grado di assolgere il nostro compito e questo grida vendetta". Castaldo ha ricordato la guerra del 2020 e ha dichiarato che l'armenia è un futuro membro dell'UE per tutto quello che ha dato. Ha citato anche le minacce da parte degli azeri fatte ai parlamentari europei. "Dobbiamo - ha concluso l'ex europarlamentare - pretendere il rispetto del diritto di vivere nelle proprie terre. Aiutateci ad aiutarvi. Senza l'Armenia l'Europa è più piccola". La commemorazione è terminata con un canto liturgico per onorare Ignazio Maloyan, arcivescovo cattolico armeno, cittadino ottomano, arcieparca di Mardin degli Armeni che fu ucciso dai turchi durante il genocidio del 1915 ed è stato beatificato come martire da papa Giovanni Paolo II nel 2001.

A ridosso del ricordo delle vittime del genocidio armeno diversi sono stati gli interventi di parlamentari e capi di Stato. Il 24 aprile Filippo Sensi del Pd, nel suo intervento in aula, ha ricordato il massacro. "Ricorre proprio oggi il centodecimo anniversario del genocidio armeno - ha affermato Sensi - una pagina fosca e negletta di un Novecento che non ci abbandona. Nel 1915 un pianificato sterminio portò alla strage, da parte dell'impero ottomano (ancora gli imperi, sempre gli imperi) di un milione e mezzo di armeni deportati, massacrati, violentati, crocifissi, lasciati morire nelle marce della morte lungo il deserto come polvere della storia. Alla loro memoria dobbiamo ancora oggi uno sforzo di verità, tuttora negata, la cui mancanza pesa sulla disgraziata situazione di tutta quell'area, piagata oggi da morte e aggressioni e dove tuttavia resiste testarda un'aspirazione alla pace, fioca luce della quale non dobbiamo disperare nella oscurità di questi anni".

"Basti pensare - ha sottolineato - alle centinaia di migliaia di armeni costretti a lasciare, poco più di anno fa l'Artsakh, esodo di una Bibbia di dolore che dobbiamo saper leggere, riconoscere e dire, ricordare, guardare dentro l'abisso che spalanca. Verità e giustizia sono le parole che di solito balbettiamo di fronte alla umana disumanità di questa violenza smisurata della volontà di un popolo di annichilirne un altro, perché non ne resti traccia, ombra, ricordo.

Per questo oggi sentiamo il dovere storico e collettivo di commemorare il genocidio armeno e fare più vivo ciò che non muore, l'aspirazione a un impossibile mai più, un sentimento profondo di silenziosa e complice vergogna, il disagio di un silenzio che rompiamo in questa sede solenne, dove tutti insieme qualche settimana fa, maggioranza e opposizione, abbiamo saputo fare un passo avanti per la pace tra Armenia e Azerbaigian, perché i diritti umani sappiano custodirsi come umani doveri di ognuno di noi, verso ognuno di noi. Aylevs yerbek', mai più". Alle parole di Sensi si è associato anche il senatore di Italia Viva Ivan Scalfarotto.

"Oggi si ricorda il genocidio armeno - ha dichiarato l'esponente di Italia Viva - che iniziò con l'arresto e la decapitazione degli intellettuali armeni, quindi le idee, la letteratura, la lingua di quelle persone. È questo che caratterizza un genocidio: il desiderio di annientare quel particolare popolo, cancellando la sua anima. Oggi dobbiamo continuare ad attivarci affinché in quella regione la pace prevalga e il popolo armeno non sia costretto ad altre sofferenze, come è successo anche di recente quando più di centomila persone sono state costrette all'esodo dalle loro casa". Anche Giulio Centemero della Lega, ha voluto ricordare il dramma degli armeni. "Sono trascorsi 110 anni dal genocidio degli armeni - ha spiegato Centemero - ma non dobbiamo dimenticare. Dimenticare la storia e soprattutto i suoi momenti più oscuri fa sì che gli stessi si ripetano. In questo giorno ci stringiamo a tutti gli armeni nel ricordo del Metz Yegérn e in particolare alle associazioni e comunità armene d'Italia, senza dimenticare che il popolo armeno è tuttora sotto minaccia esistenziale".

Anche Andrea De Priamo (FdI), componente del gruppo interparlamentare di amicizia Italia-Armenia, ha fatto il suo intervento in aula: "Il 24 aprile di 110 anni iniziò il genocidio del popolo armeno, ad opera dell'Impero ottomano, che dal 1915 al 1923 costò la vita a più di un milione e mezzo di cristiani armeni e provocò l'esodo di chi riuscì a sfuggire alle persecuzioni. A più di un secolo di distanza quello del popolo armeno è un genocidio dimenticato e, addirittura, in taluni casi negato. Il ricordo delle tragiche vicende del popolo armeno è uno strumento importante per vincere la battaglia del riconoscimento del genocidio e, soprattutto, un modo per ribadire la ferma condanna a ogni forma di persecuzione. In un contesto internazionale che vede il diffuso e preoccupante riaccendersi di conflitti, il riconoscimento e il ricordo di quei tragici eventi deve essere sempre di insegnamento alla ricerca della pace, e deve essere uno strumento per ricordare l'amicizia col popolo armeno e l'impegno espresso dall'Italia anche con una recente mozione bipartisan approvata in senato per promuovere e favorire la pace tra Armenia e Azerbaijan",



















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