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Roma - Servizi segreti per trovare l’accordo? Qualcosa non quadra…

Roberto Roggero - E’ previsto domenica 28 luglio, a Roma, un importante incontro di vertice. Nella capitale infatti si sono dati appuntamento William Burns, capo della Central Intelligence Agency; il ministro degli Esteri del Qatar, Sheikh Mohammed bin Abdul Rahman Al Thani; il capo del Mukhabarat egiziano, Abbas Kamal; e l’omologo israeliano, ovvero il capo del Mossad, David Barnea. Tema dell’incontro, il cessate-il-fuoco a Gaza. Ciò che desta particolare interesse, non è tanto l’evento in sé, quanto il fatto che i responsabili dei servizi segreti sopra citati abbiano scelto Roma per decidere su eventuali reciproche condizioni e richieste, per altro senza gli altri diretti interessati, ovvero la parte palestinese. Tutto ciò appare strano, perché l’Italia non è direttamente coinvolta nei negoziati Hamas-Israele, né ha sufficiente peso politico nell’influenzare le decisioni di una o dell’altra parte.

Le domande che automaticamente vengono a galla sono molte. Che cosa c’entra il governo italiano con questo importante incontro? Forse si è offerto di pagare le spese per mettere un piede dentro la questione? Forse si tratta di rigurgiti di nostalgia, di quando l’Italia aveva certo maggior valore. Si deve considerare però che quando a Roma si incontrarono Itzac Rabin e Yasser Arafat, al governo vi erano personalità di ben altro spessore, i vari Enrico Berlinguer, Bettino Craxi, Giulio Andreotti, che avevano una credibilità molto maggiore di oggi. Considerando la situazione internazionale, si potrebbe anche pensare a una sorta di “concessione” da parte di chi sta pilotando la situazione in Medio Oriente, per non far troppo sfigurare il Bel Paese e poter dire “c’eravamo anche noi”.

Si tratta di ipotesi, supposizioni, considerazioni, su uno scenario certamente permeato di mistero, perché la posizione dell’talia è, guarda caso, notevolmente ambigua, e nessuno meglio degli italiani è specializzato nel tenere il piede in due (o più) scarpe. La storia lo insegna fin troppo bene. Basti pensare al fatto che in Italia risiede l’ambasciatrice palestinese, ma lo Stato di Palestina non è riconosciuto ufficialmente. Tanto più ambiguo il fatto che l’Italia si è astenuta più di una volta in sede ONU, quando si doveva votare il cessate-il-fuoco e quando la mozione prevedeva il riconoscimento dello Stato di Palestina: Ma c'è di più: da una parte si fa vanto di organizzare aiuti ai palestinesi contribuendo al programma Food for Gaza, e dall'altra commercia armamenti con Israele per ucciderli...

Benjamin Netanyahu vuole un meccanismo per monitorare il movimento di armi e militanti palestinesi nella Striscia di Gaza e il controllo del cosiddetto “Corridoio Filadelfia”, la striscia di terra fra Gaza e l’Egitto. Secondo quanto riportato dal sito israeliano Walla, l’incontro di domenica non dovrebbe includere negoziati dettagliati, ma concentrarsi principalmente sulla strategia da seguire. Non è previsto che il capo del Mossad Barnea in questa fase sia affiancato dal capo dello Shin Bet, Ronen Bar, né dal capo del team che si occupa degli ostaggi, generale Nitzan Alon. Falsità una sull’altra, perché è ben difficile credere che i servizi israeliani non sappiano che cosa succede a Gaza, da sempre. Difficile credere che organismi come Mossad e Shin Bet non si siano accordi delle oltre 70mila tonnellate di cemento con le quali Hamas ha costruito i famigerati tunnel. Gli israeliani sanno in tempo reale, se non in anticipo, se a Gaza si sposta un soprammobile o una sedia da una stanza a un’altra.

Da considerare poi che fonti ufficiali da Tel Aviv escludono che a Roma si possa arrivare a una svolta sostanziale nella questione, perché il premier israeliano pretende un accordo che non può essere raggiunto.

Tenere il piede in due scarpe, una vera e propria arte tutta “Made in Italy”, con il governo che continua a sbandierare la necessità della soluzione a due Stati, ma non riconosce uno dei due. Qualcosa non quadra…

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