Un convegno relativo a una delle situazioni più attuali e prioritarie, ancora oggi senza soluzione, che per altro coinvolge direttamente non solo gli stessi Paesi coinvolti, ma anche una estesa serie di collegamenti internazionali e mondiali, che dipendono dalla crisi oggi in atto in Ucraina.
E’ stato il tema dell’incontro svolto al Tavolo della Politica Estera, presso il Circolo delle Belle Arti a Roma, in un dibattito organizzato dalla professoressa Maria Grazia Perna, con la partecipazione del giornalista libanese Talal Khrais, corrispondente della NNA National News Agency di Beirut, nonché responsabile delle relazioni internazionali dell'associazione italo-araba Assadakah, che ha illustrato la posizione degli Stati arabi in relazione alla crisi ucraina. Giovanni Masotti, autorevole giornalista RAI in pensione, ha moderato l’incontro alla presenza fra diversi ospiti di richiamo internazionale, degli ex ambasciatori Adriano Benedetti e Anna Blefari, e dei docenti universitari Maria Grazia Melchionni e Sofia Corciulo.
Nel suo intervento, Talal Khrais ha affrontato il complesso tema della presa di posizione dei vari Paesi arabi in merito alla crisi ucraina, nonché i danni subiti dai Paesi non esportatori di petrolio, a causa della mancata fornitura di grano (Libano, Siria, Egitto e Yemen). Per comprendere quest’ultima questione bisogna sapere, come ha affermato lo stesso Talal Khrais, che l’80% del grano esportato verso i Paesi arabi, necessario alla produzione del pane (elemento chiave della dieta dei più poveri) proviene dall’Ucraina o dalla Russia. Visto che il consumo di pane nei Paesi arabi è tre volte quello della media mondiale, si può facilmente comprendere quali devastanti effetti abbia il conflitto russo-ucraino in questo settore.
La guerra in Ucraina ha svelato la forte dipendenza dei Paesi arabi dalle importazioni alimentari, come ha rilevato anche la FAO: Yemen, Libia e Libano importano dall’Ucraina rispettivamente il 22, il 43 o il 60% del rispettivo consumo totale di grano. Questa dipendenza dalle importazioni di grano ha spinto diversi Paesi come Siria, Giordania, Iraq e Libano a tornare alla produzione autonoma, anche se ciò rende farina e pane più costosi.
I Paesi arabi osservano la crisi ucraina da una certa distanza. Gli arabi stanno attuando, così ha affermato Talal Khrais, un silenzio strategico, che mette in luce la loro volontà di mantenere una posizione di neutralità fra Washington e Mosca. Anche se la maggioranza dei governi arabi ha tradizionalmente legami più forti con gli Stati Uniti, va detto che negli ultimi anni la Russia è diventata un partner commerciale e militare sempre più importante. Inoltre, a fronte del disimpegno di Washington in Medio Oriente, molti Paesi arabi sono intenzionati a maggiori aperture verso Mosca e Pechino. Questa nuova strategia di politica estera da parte dei Paesi arabi è stata causata tra l’altro, come sottolinea Talal Khrais, dal disastroso ritiro americano dall'Afghanistan, valutato come segno inconfutabile del fatto, che pur di perseguire i propri interessi, gli Stati Uniti non si fanno scrupolo nell’abbandonare un proprio alleato, e gli esempi sono numerosi.
Sotto il profilo strategico, lo scontro Russia-Ucraina sta dunque dimostrando la crescente volontà dei Paesi arabi di affrancarsi dalle linee guida di Washington a favore di una politica estera sempre più autonoma. Lo dimostra tra l’altro il fatto che, a dispetto della volontà espressa dagli Stati Uniti di una chiara presa di posizione contro Mosca, al momento le posizioni espresse dagli Stati del Golfo sono, nel loro complesso, molto più caute e neutrali rispetto a quelle delle nazioni occidentali. Uno dei Paesi più importanti, l’Arabia Saudita, appare perfino disinteressato al conflitto, almeno apparentemente. Una presa di posizione che scaturisce, come ha ricordato il giornalista libanese, dalle tensioni fra il presidente americano Joe Biden e il principe ereditario nonché primo ministro saudita, Mohammad bin Salman.
Anche gli Emirati Arabi Uniti si sono limitati ad una vaga dichiarazione per una risoluzione pacifica del conflitto. Qatar e Kuwait, invece, hanno espresso sostegno all’Ucraina. Per il Kuwait, come ha notato Talal Khrais, il conflitto in Ucraina rievoca l’invasione che questa nazione ha subito dall’Iraq nel 1990. Comprensibile dunque che il governo del Kuwait inviti al rispetto della sovranità ucraina.
Nel complesso però, come ha fatto notare il giornalista libanese durante il dibattito, considerarti i delicati equilibri globali e nonostante le pressioni americane, la strategia degli Stati arabi, in particolare quelli del Golfo, è quella di non inimicarsi Mosca.
Tale presa di posizione, oltre ad avere ragioni politiche e soprattutto energetiche, si basa anche su motivazioni di natura strategica a medio e lungo termine. Diversi fondi sovrani dei Paesi arabi, infatti, hanno partecipazioni in grandi aziende russe, soprattutto del comparto energetico. Seguire gli Stati Uniti in maniera pedissequa significherebbe dunque, gettare al vento anni di investimenti, creando problematiche economiche rilevanti anche agli Stati del mondo arabo. Infine, Talal Khrais ha ricordato che la crisi ucraina ha causato enorme danni alla centralità della causa palestinese, rilegandola in una specie di dimenticatoio che consente alle forze di occupazione israeliane di agire sempre più impunemente. Basti pensare ai fatti di questi giorni a Jenin, in Cisgiordania, e ai giovani palestinesi, vittime dell’esercito israeliano, quanto e soprattutto del disinteresse occidentale per il loro destino. (mm)
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