Mourad Rouighi - Il 13 settembre 1993, nei giardini della Casa Bianca, la stretta di mano tra Yasser Arafat e Yitzhak Rabin, sotto gli occhi di Bill Clinton, simboleggiava il processo di pace e gli Accordi di Oslo. Un processo che trent'anni dopo è morto lentamente e inesorabilmente. Che cosa rimane di quegli Accordi di Oslo che tanto fecero sperare?
Dobbiamo avere il coraggio di accettare la risposta nella sua tragica brutalità: il nulla assoluto. Peggio ancora, Oslo si è rivelata una trappola per i palestinesi.
La storia ricorda che in quel biennio, molti passi sono stati compiuti, ma nessuno poteva prevedere l'assassinio di Yitzhak Rabin da parte del terrorista israeliano Ygal Amir, o il massacro dei fedeli in preghiera a Hebron da parte di un altro terrorista, Baruch Goldstein, e l'inizio di una melina diplomatica volta a scoraggiare ogni velleità dei palestinesi.
L'Europa non vuole riconoscerlo, ma buona parte della classe politica israeliana sempre più estremista, radicata in una cultura di espansione territoriale, aveva giurato di uccidere Rabin, e la sua morte, come quella del processo di pace, era stata oculatamente pianificata, ed è ciò che è avvenuto. Così, una serie di eventi sanguinosi ha lentamente ucciso Oslo.
E non è tutto: fra il 1993 e il 2000, Israele non ha mai smesso di costruire, espropriare e distruggere il territorio palestinese. Il Diritto Internazionale è sempre stato volutamente ignorato, e i palestinesi che chiedevano una pace giusta e duratura, basata sulle Risoluzioni delle Nazioni Unite, dovevano accontentarsi di una soluzione che non creasse troppi problemi a Israele. Detto in altro modo, i diritti degli israeliani hanno sempre avuto la precedenza.
Bisogna inoltre sottolineare la schiacciante responsabilità degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. I grandi padrini di Oslo hanno condannato la colonizzazione solo a parole, anziché attivare la diplomazia internazionale per colpire con sanzioni davvero dissuasive chiunque intralciasse il cammino verso la pace. L’altro pretesto utilizzato per giustificare lo stallo diplomatico è stato quello dell’assenza di un “partner di pace” da parte palestinese. Una visione ottusa che ha avuto come conseguenza la chiusura di ogni spiraglio verso un ritorno al tavolo dei negoziati, con la scelta di favorire accordi di pace con altri Paesi arabi, e far passare la questione palestinese come un dettaglio insignificante, da archiviare con il passare degli anni. Con buona pace del Diritto Internazionale, tanto sbandierato in altri contesti…
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