Roberto Roggero – Il recente rapporto pubblicato da Human Rights Watch, intitolato “The Threshold Crossed” (La soglia oltrepassata) è solo l'ultimo, in ordine di tempo, che evidenzia le numerose violazioni dei diritti della popolazione palestinese da parte di Israele, definite “Apartheid” dalla Corte Penale Internazionale dell'Aja. Anche l'autorevole “New York Times” ha pubblicato articoli e foto per le quali non sono necessari commenti: una settantina di bambini e ragazzi poco più che adolescenti, uccisi dai bombardamenti israeliani su Gaza.
La neo-insediata amministrazione Biden ha poi ricevuto una lettera aperta da un gruppo di deputati, che chiedono al presidente una più equilibrata strategia per affrontare la questione palestinese. La domanda è però una, e una soltanto: non bisogna chiedersi se la politica statunitense in proposito cambi, ma quando cambierà. Insomma, Joe Biden si trova comunque a gestire una ben difficile eredità, lasciata dal predecessore, con il ben poco opportuno riconoscimento di Gerusalemme capitale israeliana, e la faccenda del trasferimento dell'ambasciata americana. Per non parlare del tanto pubblicizzato “Accordo del Secolo”, che non pochi hanno definito totalmente assurdo, a cominciare dal fatto che sia stato affidato all'insignificante e assolutamente impreparato genero Jared Kushner.
Per quanto riguarda l'Europa, la situazione è differente, o meglio, statica, in quanto l'approccio alla questione palestinese sembra essere esattamente lo stesso di trent'anni fa, mentre si fa un gran parlare di difesa dei diritti umani, ma di fatto nulla di è smosso. Il problema è che se si assiste a una violazione ma non si fa nulla, o si volta la testa, di fatto si legittima tale violazione, nella assoluta impunità. E chi la compie si sente autorizzato a ripeterla, alla luce del sole. Il riferimento non solo alla UE, ma alla manifesta e voluta impotenza dell'ONU è puramente voluto, oltre al fatto che si parla sempre meno della “soluzione a due Stati”, che sarebbe quella più logica.
Al Parlamento Europeo ci si dà un gran daffare per indorare la pillola delle roboanti dichiarazioni della destra israeliana, per giustificare azioni definibili solo come “criminali”. Se da Israele arrivano dichiarazioni come “E' necessario annettere la Cisgiordania”, a Bruxelles si parla di “sostegno per la soluzione a due Stati”, oppure se il governo israeliano vota una legge che concede maggiori diritti alla popolazione ebraica e riduce quelli dei palestinesi, in Europa si sviolina la filastrocca della democrazia israeliana che concede uguali diritti e doveri, e si rasenta il ridicolo. Insomma, la politica europea si presenta continuamente come “una pezza giustificativa”, e questo non può più essere tollerabile. La gente di Gaza è fin troppo stanza per continuare ad accettare questa vergognosa ipocrisia, soprattutto dopo che è stata anche giocata, inutilmente, la carta della non-violenza, con la grande Marcia del Ritorno, costata la vita a oltre 200 palestinesi, e il ferimento di oltre 36mila. L'obiettivo era suscitare una reazione nella comunità internazionale, ma la risposta è stata un assordante silenzio. Per la UE, il problema che nasce automaticamente, a questo punto, è di credibilità, mentre Israele continua a radere al suolo le case dei palestinesi e annette giorno dopo giorno, impunemente, porzioni di terra palestinese.
Le rappresentanze diplomatiche europee continuano a essere due: una a Tel Aviv per parlare con Israele, una a Gerusalemme per parlare con i palestinesi. Gli europei fanno ancora finta che ci siano due stati, due parti, ma lo scenario è radicalmente cambiato, proprio a causa delle unilaterali annessioni israeliane. Solo l'Europa sventola ancora la bandiera dei negoziati, anziché premunirsi per affrontare una situazione di vero e proprio Apartheid.
L'unico Paese europeo, fra 27 membri, a prendere una posizione decisa, fino a oggi è stata l'Irlanda, il cui parlamento ha ufficialmente condannato la politica di annessione israeliana. Ci si domanda che cosa stiano aspettando tutti gli altri...
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