Assadakah News - Al netto di risultati non soddisfacenti, il Qatar è un mediatore indispensabile nel conflitto tra Israele e Hamas. Innanzitutto proprio perché dal 2012 (da quando la guerra civile costrinse Hamas ad abbandonare la Siria) l’emirato ospita la leadership politica dell’organizzazione palestinese, con il benestare degli Stati Uniti, con cui esiste una ben provata cooperazione, per il fatto che il Qatar ospita il comando americano per Medio Oriente, Nord Africa e Asia Centrale.
Tutto questo però non sta portando i frutti sperati: nella Striscia di Gaza sono state uccise quasi 34mila persone e all’orizzonte non c’è una tregua, con il rischio di allargamento del conflitto, allargato a Mar Rosso, Siria, Libano. E poi c’è la questione Iran. In effetti un’azione più che altro dimostrativa, come ha spiegato il presidente della Repubblica Islamica, Ebrahim Raisi. Da parte sua, Netanyahu ha detto che andrà avanti per la sua strada, preparando la risposta all’attacco dell’Iran nonostante le forti pressioni internazionali contrarie, con Stati Uniti e G7 che puntano sulle sanzioni contro Teheran.
Secondo Axios, lo stato maggiore e l’intelligence militare di Tel Aviv, spalleggiati da Gallant, spingono per un contrattacco a breve. Secondo Abc, che cita una fonte Usa, Israele non attaccherà prima della Pasqua ebraica, il Pesach, che comincerà il 22 aprile e si concluderà il 30. Per il Wall Street Journal, Israele potrebbe scegliere di limitare i bombardamenti alle basi iraniane in Siria, che sono state già evacuate dai pasdaran. Una fonte americana ha invece detto alla Cbs che Washington si aspetta anche un attacco limitato sul territorio iraniano. Che, parole di Raisi, porterebbe a una risposta potente e feroce.
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