Assadakah – Ci sono, fra gli altri, il presidente Egiziano Al-Sisi, alla Conferenza Internazionale convocata a Parigi per cercare di risolvere la questione libica, dove fra l’altro sono imminenti le elezioni politiche, il 24 dicembre. L'Egitto, che sta guardando alle opportunità economiche in Libia e ha ristabilito una presenza nella capitale Tripoli, ha chiesto lo svolgimento delle elezioni nonostante le controversie sul previsto sondaggio tra le fazioni libiche.
Capi di Stato internazionali e regionali di Francia, Italia, Germania, Onu e Libia discutono a Parigi della situazione libica in vista delle elezioni previste il 24 dicembre prossimo. Il presidente francese Macron sottolinea il rischio che il processo di transizione deragli. Al di là del governo di unità nazionale, di fatto sono diversi i centri di potere,
Si tratta del settimo incontro dedicato alla crisi libica dopo gli incontri di Parigi (maggio 2018), Palermo (novembre 2018), Abu Dhabi (marzo 2019), Berlino 1 (gennaio 2020), Berlino 2 (giugno 2021) e Tripoli (ottobre 2021). Partecipano una ventina tra capi di Stato regionali e internazionali, tra cui la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Sono rappresentati anche Tunisia, Niger e Ciad, i tre Paesi confinanti che stanno subendo i maggiori contraccolpi della crisi libica, in termini di instabilità, traffico di armi e mercenari.
All’incontro mancano i presidenti di Turchia e di Russia, per Mosca interviene il ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Con il presidente Macron hanno organizzato e sono presenti il presidente del Consiglio dei ministri italiano Mario Draghi, la cancelliera tedesca Angela Merkel, rappresentanti delle Nazioni Unite. Dalla Libia hanno confermato la partecipazione il presidente del Consiglio presidenziale libico, Mohamed Al Menfi e il primo ministro Abdulhamid Dabaiba.
Al momento una questione centrale è quella delle date: il voto del primo turno delle presidenziali è fissato per il 24 dicembre e un eventuale secondo turno è previsto per il 20 febbraio, in simultanea con le parlamentari. E c’è poi la posizione del capo dell'Alto consiglio di Stato libico, Khalid al-Mishri, che ha chiesto di astenersi dal partecipare alle elezioni non candidandosi o non andando alle urne. Al-Mishri ha affermato che le leggi elettorali annunciate dall'Alta Commissione elettorale nazionale alla stampa pochi giorni fa sono imperfette. “Le elezioni sono alle porte – ha osservato alla vigilia dell’incontro il presidente francese Emmanuel Macron - ma le forze che vogliono far deragliare il processo sono in agguato”. Bisogna tenere la barra dritta – ha aggiunto – è in gioco la stabilità del Paese”.
Nelle scorse settimane la ministra degli Esteri Najla Al-Mangoush è stata prima sospesa dalle sue funzioni e sottoposta a divieto di viaggio per “violazioni amministrative” e poi reintegrata dal primo ministro Abdul-Hamid Dbeibah. Si vive una situazione di transizione in cui non sono precisamente definiti nei fatti i confini di potere. Da anni sono diversi i centri di potere che hanno voce in capitolo in Libia e, sottolinea Mercuri, in questa fase si sono ulteriormente compattati. Inoltre sul terreno sono presenti diverse migliaia di militari turchi o siriani filo-turchi intervenuti a sostegno del governo di Tripoli quando era sotto assedio, oltre a mercenari russi accorsi in aiuto delle forze della Cirenaica guidate dal generale Khalifa Haftar. Entrambe le milizie straniere non hanno mai smobilitato né si sono ritirate dal Paese, come era previsto dopo la firma del cessate-il-fuoco e l’approvazione della road-map mediata dall’Onu per la fine delle ostilità e il ripristino di istituzioni democratiche.
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