Rubrica Iran - Poesia - Poeti e poemi illuminanti - 30 Gennaio 2025
Patrizia Boi (Assadakah News) - Nel regno dei sogni e delle epiche sfide, si staglia la figura di Khosrow, l'ultimo dei sovrani sassanidi, e quella di Širin, la principessa armena dai capelli scuri come il cielo notturno. In un incontro che supera le leggi della storia, la loro passione diventa materia di poesia, immortalata nell'opera di un uomo la cui anima era legata all'infinito: Elyās Neẓāmī Ganjavi. Nato tra le mura della città di Ganja, nella terra di Arrān, oggi Azerbaigian, il poeta trascorreva la sua esistenza tra le ombre delle montagne e i canti della sua terra, dove la cultura persiana fioriva nel suo pieno splendore, pur dominata dai grandi Selgiuchidi. La sua è una storia scritta nel vento, le sue origini celate nel mistero, poiché i dettagli della sua vita sono un velo sottile, rivelato solo tra le righe dei suoi versi.
Giunto giovane a Ganja, dopo aver perso il padre, il poeta cresce tra gli echi della sapienza araba e persiana, nel calore della sua famiglia d’origine curda. Tre volte unito in matrimonio, tre volte il dolore della perdita attraversò il suo cuore. Ma fu Āfāk, la sua moglie più amata, di origine turca Kipčaka, a lasciare un’impronta indelebile. Da lei nacque Mohammad, il suo unico figlio, e nelle parole di Neẓāmī, si leggono ammonimenti e consigli, come se ogni verso fosse un seme piantato per il futuro.
La sua esistenza si svolse in un'epoca che si potrebbe definire di transizione, dove la turbolenza politica mescolava l’intellettualismo con la lotta per il potere. Ma anche nel caos, Neẓāmī nutriva la sua anima di sapere, costruendo ponti tra le stelle e la terra. Lo scrittore di saggezza non era solo un poeta; era un filosofo, un mistico, un alchimista delle parole. I suoi poemi, che toccano temi come l’astronomia, la medicina e la tradizione profetica, sono un compendio di sapere antico, un viaggio nella scienza e nel cuore umano. Per questo gli fu attribuito il titolo di Ḥakīm, il "Sapiente", in un mondo che riconosceva in lui la guida verso la verità.
Neẓāmī non era solo un uomo di parola, ma un uomo di storia. I suoi versi erano biografie di secoli passati, come nelle taẕkere, dove le vite degli scrittori e poeti venivano tessute insieme, creando legami invisibili tra le menti brillanti del passato. Ogni poeta era un piccolo sole, il cui calore irradiava attraverso le generazioni. Così, attraverso le sue taẕkere, Neẓāmī viveva eternamente, come un faro di conoscenza.
L'opera, il Panj Ganj, i Cinque Tesori
Il suo nome è oggi indissolubilmente legato al Panj Ganj, i Cinque Tesori, un'opera che contiene il cuore della sua anima (più famosa con il nome Khamse, di origine araba, Il Quintetto). Cinque poemi che rappresentano l'essenza del suo pensiero e della sua arte, una fusione perfetta di poesia e filosofia. Un cammino che inizia nel 1166 e culmina nel 1209, l'anno della sua morte, quando il poeta lascia al mondo un testamento immortale.
Le cinque opere sono:
Makhzan al-Asrār - Lo scrigno dei segreti
Khosrow e Širin
Leyli e Majnun
Haft-Payqar - Le sette principesse
Eskandarnāme - Il romanzo di Alessandro
Tra questi poemi, il primo volume dei cinque mas̱navī (un genere poetico della tradizione persiana, caratterizzato da una forma metrica in distici rimati (ogni coppia di versi ha una rima indipendente: aa, bb, cc...), il Makhzan al-Asrār (Lo scrigno dei segreti), composto intorno al 1173, rappresenta un'opera di forte impronta mistica e didattica. Strutturato in venti capitoli, ognuno introdotto da una riflessione morale o religiosa, il poema si ispira alla tradizione della poesia etico-filosofica e contiene racconti allegorici che esaltano le virtù della saggezza, della giustizia e della pietà.
Neẓāmī, attraverso storie esemplari, invita alla ricerca della verità interiore e del significato ultimo dell'esistenza, secondo una visione fortemente influenzata dal sufismo. L’opera è un intreccio di insegnamenti etici e spirituali, con immagini suggestive e simboliche che elevano la poesia a strumento di illuminazione. Il linguaggio raffinato e il tono meditativo fanno di questo poema un capolavoro della letteratura persiana, anticipando il senso di profondità e armonia che caratterizzerà le opere successive del Khamsa, getta luce sulla spiritualità e sull’etica, facendo dell’amore e della saggezza la chiave per comprendere l’anima umana.
Nel secondo mas̱navī, Khosrow e Širin, uno dei suoi capolavori, Neẓāmī intreccia la bellezza dell’amore con le leggi dell’universo, e l’amore tra i protagonisti si fa specchio di un ordine cosmico perfetto. La trama si sviluppa su un mondo di passione, ma il poeta vi inserisce sapientemente riferimenti filosofici e scienza aristotelica, come a voler ricordare che l’amore non è solo un sentimento, ma un principio fondamentale dell’esistenza.
Il terzo mas̱navī, Leyli e Majnun, è la storia dei due amanti destinati a non incontrarsi mai, ma che vivono il loro amore come una ricerca mistica, quasi divinatoria, in cui la separazione si fa simbolo dell’unione suprema. Ogni verso di Neẓāmī, con la sua profondità e la sua dolcezza, sfida la concezione di amore terreno, invitando i lettori a immergersi in un mondo dove la passione si fa strada verso la divinità.
La follia di Majnun, che diventa il suo soprannome per l'atteggiamento che assume, non è solo una manifestazione di disperazione, ma un simbolo profondo di una dissociazione dal mondo terreno, un distacco che trova radici in un amore che trascende la carne e si eleva verso una dimensione mistica. Per Neẓāmī, infatti, l'amore terreno tra Leyli e Majnun può essere letto come un'allegoria dell'amore mistico, quello che sfida le convenzioni, i limiti umani e la stessa morte.
L’innamorato, pur privato della possibilità di stare fisicamente con Leyli, cerca di colmare il vuoto con una continua riflessione sul senso profondo dell’amore, trasformandosi così da giovane amante a figura simbolica di chi ricerca la verità attraverso il sacrificio e l’abnegazione.
Neẓāmī esplora quindi il conflitto tra il desiderio fisico e quello spirituale, un conflitto che diventa la chiave di lettura dell'opera. Il poema, con la sua intensità emotiva, invita a riflettere sulla natura dell’amore e sulla sua capacità di trasportare l'individuo verso una dimensione di trascendenza.
Il quarto poema - Haft-Payqar (Le sette principesse), completato nel 1197, è uno dei lavori più complessi di Neẓāmī, sia nella struttura narrativa che nei temi trattati. La storia ruota attorno al re sassanide Bahrām Gur, che fin dalla sua nascita è destinato a una vita ricca di eventi significativi, ma è il suo incontro con le "sette principesse" a diventare il cuore pulsante del poema.
Nel poema, Bahrām Gur scopre le effigi delle sette principesse in una stanza segreta del suo palazzo. Ogni principessa proviene da uno dei sette continenti, e per ciascuna di esse, il re ordina la costruzione di un padiglione che rappresenta un concetto simbolico legato al colore, alla pietra, al pianeta e al giorno della settimana. Ogni principessa e il suo padiglione sono connessi a un significato profondo, che riflette le leggi cosmiche e l'ordine dell'universo.
Ogni giorno, Bahrām Gur visita una principessa e ascolta una storia raccontata dalla sua voce, che è intrecciata con la simbologia associata al suo padiglione. Le storie narrate dalle principesse non sono solo racconti di intrattenimento, ma rivelano concetti filosofici e spirituali legati all'armonia cosmica e alla ricerca del sovrano ideale. La trama si sviluppa quindi non solo come una narrazione avventurosa, ma come una riflessione sul mistero dell'amore e sulla sua visione dell'uomo. Neẓāmī suggerisce che l'unione simbolica di Bahrām Gur con queste principesse rappresenti una ricerca dell'ordine universale, della spiritualità e della sapienza.
Il quinto poema del quintetto, Eskandarnāme, Il romanzo di Alessandro, è diviso in due parti: "Šarafnāme" (sull'onore) e "Ekbālnāme" (il libro della fortuna). Sebbene la prima parte sia stata probabilmente completata prima di "Afd-Payqar", è il "Šarafnāme" ad aprire l'opera, trattando della vita di Alessandro Magno in modo complesso e allegorico, seguendo la tradizione persiana.
Il poema racconta tre fasi significative della vita di Alessandro: le sue conquiste politiche e militari, la sua ricerca della conoscenza e la sua fase profetica. La parte iniziale, Šarafnāme, si concentra sulla nascita di Alessandro e sul suo desiderio di immortalità, ma, nonostante la sua ricerca dell'acqua della vita, non potrà mai raggiungere la tanto agognata immortalità.
La seconda parte, "Ekbālnāme", è un viaggio interiore di maturazione morale e intellettuale. Qui, Alessandro entra in dialogo con filosofi indiani e greci, tra cui Aristotele, Platone, Socrate, Ermete Trismegisto, Porfirio di Tiro, Talete di Mileto e Apollonio di Tiana. I dialoghi con questi filosofi trattano temi profondi come il principio primo dell'universo e la verità dell'esistenza. Attraverso questi incontri, Neẓāmī mostra come Alessandro evolva da un giovane conquistatore a un sovrano illuminato, in grado di comprendere i misteri del mondo e di crescere come uomo ideale.
Il poema si chiude con la morte di Alessandro, simbolo della finitezza dell'uomo, che, nonostante tutte le sue conquiste, non potrà sfuggire alla morte. L'"Eskandarnāme", esprime il pensiero di Neẓāmī sull'importanza della crescita spirituale e intellettuale e sulla necessità di un governante saggio che abbia raggiunto la consapevolezza della propria mortalità.
L'opera di cui è riconosciuto il suo straordinario valore poetico, assurse a una fama consolidata e godette di un successo indiscusso e senza interruzioni fino ai nostri giorni. Sulla base di tale riconoscimento, fu oggetto nei secoli successivi di innumerevoli imitazioni, rifacimenti e risposte da parte di grandi poeti o di semplici epigoni, e ciò non fece che accrescere la sua già enorme popolarità. Fra i grandi poeti che si misurarono con l'opera di Neẓāmī componendo a loro volta cinque o anche più poemi, ricordiamo di seguito i maggiori. Il poema Amir Khosrow-e Dehlavi (1253-1325); Khwāju-ye Kermāni (1290-1349); Jamāli (inizio del XV Sec.; Jāmi (1414-1492); Hātefi (m. 1521).
Il secondo mas̱navī, Khosrow e Širin
Khosrow e Širin, come suddetto, è il secondo mas̱navī del Khamsa di Neẓāmī, composto tra il 1175 e il 1191, quando il poeta aveva circa quarant’anni. Le date di inizio e fine emergono dai capitoli introduttivi e conclusivi, dedicati ai personaggi di spicco dell’epoca. Nei versi iniziali, troviamo elogi a Toghrol Arslān III (1176-1194), al suo delegato e patrono del poeta, Abu Ja‘far Moḥammad ben Ildogoz, noto come Yahān Pahlavān (1175-1186), e a suo fratello Saʿīd Qezel Arslān, che governò dal 1186 al 1191. Alla fine del poema, nel capitolo 100, Neẓāmī aggiunge versi in cui racconta la morte di Yahān Pahlavān (1186), loda il suo successore, Moẓaffar al-Dīn ʿOsmān Qezel Arslān, e menziona l’erede Noṣrat al-Dīn Abu Bakr b. Moḥammad (1191/2-1212/13).
Alla morte di Yahān Pahlavān, il poeta non aveva ancora ricevuto ricompensa per la sua opera. Fu Qezel Arslān a concedergli in dono il villaggio di Amduniyān come compenso per la composizione del poema. È probabile che i capitoli dedicati ai mecenati siano stati rielaborati nel tempo, adattati ai mutamenti politici che attraversavano la regione.
In questo mas̱navī, lungo oltre seimila distici, dopo una lunga introduzione di circa settecento versi, Neẓāmī narra la storia d’amore tra Khosrow II Parviz (590-628), sovrano sassanide, e Širin, principessa armena ed erede legittima del trono. Il poeta si distacca dalle fonti storiche tradizionali per approfondire la loro vicenda sentimentale, un elemento solo marginalmente trattato nello Šāhnāme di Ferdowsī. Mentre Ferdowsī si concentra sugli eventi politici e militari del regno di Khosrow, Neẓāmī pone al centro del racconto il legame tra i due amanti, esplorandone le dinamiche interiori e morali.
Secondo Neẓāmī, la versione autentica della storia sarebbe stata tramandata dagli anziani di Bardaʿ, custodi della memoria di un amore che il poeta volle nobilitare attraverso la sua arte. La narrazione, probabilmente alimentata da una ricca tradizione orale, era diffusa non solo tra la nobiltà, ma anche tra il popolo. Neẓāmī, vissuto in territori prossimi a quelli in cui la vicenda si sarebbe svolta, potrebbe averne raccolto una versione diversa da quella nota a Ferdowsī, che scrisse nel lontano Ṭus.
L’opera si inserisce nella tradizione letteraria persiana medievale, legittimandosi anche attraverso il riferimento diretto allo Šāhnāme: se Ferdowsī aveva ritenuto degna di menzione questa storia, Neẓāmī ne rivendica il diritto a un’elaborazione più ampia e dettagliata. Tuttavia, il poeta sente la necessità di giustificare la scelta di narrare una vicenda ambientata nell’epoca preislamica, dove l’amore tra un principe zoroastriano e una principessa cristiana si svolge in un contesto estraneo all’Islam.
Attraverso una raffinata costruzione simbolica, Neẓāmī trasforma la leggenda in un percorso di elevazione spirituale: Khosrow si evolve dall’immaturità alla saggezza, dall’egoismo alla piena consapevolezza dell’amore. Širin, invece, emerge come figura femminile di straordinaria forza morale, capace di conciliare passione e rettitudine, di affrontare il dolore senza mai tradire sé stessa. Il poeta si premura persino di riabilitare la sua figura, poiché nella versione dello Šāhnāme il suo ruolo era stato messo in ombra da una rappresentazione meno lusinghiera.
L’intento di Neẓāmī non è solo quello di narrare una grande storia d’amore, ma di rivelare, attraverso il destino dei protagonisti, la natura profonda dell’esistenza: un cammino dall’ignoranza alla conoscenza, dalle passioni terrene alla perfezione spirituale. Nonostante i momenti di riflessione malinconica sul destino umano, Khosrow e Širin è, in ultima istanza, un’opera che celebra la vita, la bellezza e il mistero dell’anima.
La trama si svolge su due piani: quello della corte e degli intrighi politici e quello della passione romantica e degli ostacoli che i due innamorati devono superare per poter stare insieme.
Il poema esplora vari temi, come:
L'amore impossibile: l'amore tra Khosrow e Širin è ostacolato da circostanze esterne, come le guerre, le alleanze politiche e le sfide personali. Questo amore diventa simbolo di un desiderio che trascende la dimensione terrena e che sembra destinato a rimanere incompiuto, un tema ricorrente nella letteratura persiana.
L'eroismo e il sacrificio: Neẓāmī dipinge Khosrow come un sovrano valoroso, ma la sua passione per Širin lo porta anche a intraprendere azioni eroiche, mettendo in discussione il concetto di potere come fine a sé stesso. Il sacrificio è un tema forte, poiché Khosrow è disposto a sacrificare la sua stessa felicità e il suo regno per amore di Širin.
Il destino e il divino: Un altro tema chiave è il destino, spesso visto come una forza ineluttabile che guida le azioni degli uomini. In Khosrow e Širin, le forze divine e il destino giocano un ruolo importante nel determinare la vita dei protagonisti.
La bellezza e l'estetica: Neẓāmī descrive Širin con parole straordinarie, elevando la bellezza fisica a una sorta di manifestazione del divino. Il poema esplora anche l'importanza della bellezza come simbolo di armonia e perfezione, un concetto che era molto apprezzato nella cultura persiana medievale.
La struttura dell'opera
Il primo capitolo si rivolge a Dio in questo passo bellissimo sulla Poesia:
«Guarda con favore a quella sposa che è la poesia e che io, in questo mondo, ho allevato con tutta l'anima: declamandola il pensiero è felice ed è come se essa spargesse un profumo che rallegra ogni luogo. È portatrice di un sapere che illumina gli occhi, di una melodia che illanguidisce e commuove la mente: il suo racconto dei cuori e vivificante ed è ben conosciuta come chiave che scioglie le difficoltà. Concedi dunque a questo poema di esprimere significati elevati, dipingi attraverso questi versi il disegno della felicità rendendo dolce e piacevole questo racconto agli occhi del re, così che il presagio che se ne trarrà sia favorevole come dice il nome stesso, Širin. Accompagna Neẓāmī con la brezza che soffia dalla Tua grazia e versa poi una goccia della Tua generosità nel suo lavoro; e non appena verrà in soccorso il Tuo generoso favore, portaci, o miniera di perle, tutti i versi che possiedi».
Ecco come un vero Poeta può trattare il tema della Poesia già all'esordio del testo ed ecco ancora qualche passo in cui riflette sull'unicità di Dio:
«L'occhio Lo vide solo quando cancellò l'immagine del Sé, proprio in quell'attimo veniva infatti tolto ciò che impediva la vista. Il Suo decreto non giunge né presto né tardi e la Sua natura è pura, libera da ogni definizione: se indaghi le lettere dell'universo le troverai tutte in te stesso, è ‘tu’ lo troverai impresso sulla tavola del ‘Sé’. Apriti come fiore, in cento Petali, mostra il tuo marchio, perché non si può entrare in questo giardino d'amore col corpo integro: dal mondo altro sei giunto a questo mondo, ma ora passa oltre e torna da dove sei venuto! Non è difficile, non lo è per nessuno conoscere Dio, ma questa conoscenza trascina l'uomo fino allo stupore…».
La storia di Khosrow e Širin di Neẓāmī ha inizio nel capitolo 13 con la nascita del Khosrow. Il suo arrivo al mondo è segnato da presagi favorevoli, e fin da bambino mostra segni di intelligenza e bellezza straordinarie. Cresce sotto la guida severa ma giusta del padre, che si premura di istruirlo secondo i princìpi di saggezza e giustizia.
Un giorno, il destino del giovane principe viene svelato attraverso un misterioso messaggio. il capitolo 16 descrive un sogno dove vede i suoi antenati che gli annunciano che il destino ha in serbo per lui quattro doni, ossia quattro cose che gli spettano:
La prima: «...si siederà al fianco tuo una donna bella e di tale dolcezza che pari a lei non si è mai vista in nessuna epoca».
La seconda: «...avrai dunque un cavallo nero come la notte di nome Šabdiz, così veloce che neppure il vento di Ṣarsar raggiungerà la polvere dei tuoi zoccoli».
La terza: «...otterrai dunque un trono regale , alto e nobile come albero d'oro».
La quarta: «...avrai un menestrello di nome Bārbod alla cui sola menzione si farà dolce il veleno nella coppa. Al posto dei sassi troverai oro e al posto di quattro conchiglie troverai quattro perle».
In apparenza questi doni rappresentano simbolicamente la Regalità - il trono di Taqdis - il piacere, la gioia di vivere - l'amore, la musica e la caccia su un destriero velocissimo.
Il fulcro del racconto – quel nodo che, sebbene mai esplicitamente discusso, pervade l’intero poema – risiede nel fatto che Khosrow, fino quasi al capitolo 86, non si affida al vincolo ufficiale del matrimonio, ma tenta di unirsi a Širin al di fuori di esso.
Dal capitolo 34 al capitolo 86 scorre, come un filo sottile ma incessante, la tensione tra le insistenze di Khosrow e il fermo rifiuto di Širin. È curioso, infatti, che Neẓāmī non approfondisca mai esplicitamente le ragioni di questo stallo: la sua narrazione lascia intendere che, per Širin, l’onore e il valore dell’Amore debbano prevalere sulla mera soddisfazione dei desideri, rendendo la sua figura simbolo di una morale elevata, capace di trasformare Khosrow in un Uomo e in un Sovrano degno del titolo, anche se il suo destino appare sin dall’inizio subordinato a quello del re.
Per il poeta la motivazione religiosa, scontata e intrinseca, si annulla nel passaggio repentino dall’attesa alla realizzazione, come se l’Amore vero potesse esistere soltanto all’interno del matrimonio. Al contrario, la spiegazione storica, per esempio l’incompatibilità delle fedi, risulta irrilevante di fronte all’importanza del percorso di maturazione del principe, il quale non potrà giungere alle nozze con una donna se non diverrà, in tutta la sua consapevolezza, un Uomo e un Re in grado di comprendere pienamente il senso dell’amore e della regalità.
Sul palcoscenico del poema si muovono, poi, altri personaggi che, pur apparendo sullo sfondo, giocano ruoli decisivi. C’è Šāpur, compagno e consigliere del re, il pittore abilissimo che, con la sua arte, imprime svolte decisive alla vicenda; e figure storiche come Bahrām Čubin, generale persiano con ambizioni usurpatrici, o Maryam, figlia di un imperatore bizantino, che rafforzano alleanze politiche. Altre figure, plausibili e documentate – come Šāpur o Menhin Bānu, zia di Širin, regina d’Armenia, che richiama le regole della condotta – si intrecciano con personaggi di pura invenzione, quali Fahrād e Šekar.
Fahrād, dotato di forza erculea e simbolo di un amore puro e disinteressato, contrasta con Šekar, giovane donna seduttrice, la cui presenza mira a suscitare gelosia e a rimandare l’unione definitiva tra Khosrow e Širin .
Ogni episodio nel poema diviene occasione di riflessione morale: si parla di Vita e Morte, dell’attaccamento ai beni terreni, della fede autentica e, soprattutto, dell’Amore.
Un segmento, quasi autonomo, occupa i capitoli dal 51 al 58, dove la drammatica rivalità tra Fahrād e Khosrow offre al poeta l’opportunità di esprimere la sua personale visione: mentre Khosrow, mosso da un amore egoistico e immaturo, si interroga sul perché ancora non conosca l’essenza dell’Amore, Fahrād, dotato di cuore puro, detiene le risposte, non come frutto di una scelta consapevole, ma per l’assoluta trasparenza della sua anima.
Nel capitolo 63, un ulteriore episodio – forse un espediente narrativo – posticipa l’unione di Khosrow e Širin, creando al contempo una tensione fra l’idea dell’Amore Sublime, incarnata da Širin, e quella dell’amore sensuale, rappresentata da Šekar.
La struttura dialogica, dominante nell’intero racconto, regala incontri e scontri verbali, epistolari e perfino musicali, tra i protagonisti. Uno dei momenti più intensi si osserva nel soliloquio di Širin (capitolo 50, versi 129-141), quando, di fronte a Šāpur, la principessa costruisce una serie di domande e risposte, immaginando le parole non dette di un Khosrow assente, e manifestando con forza il suo rifiuto di ridursi a concubina del re.
Lo stile dell'opera
Neẓāmī utilizza il mas̱navī, alternando versi di due righe con lo stesso numero di sillabe. La sua lingua ricca e variegata combina narrazione epica e lirica amorosa.
Il mas̱navī, forma tradizionale della poesia persiana, si struttura in distici—due versi che si alternano in una rima continua—dove ogni verso rispetta un rigoroso schema metrico e lo stesso numero di sillabe, creando un ritmo cadenzato e armonioso che conferisce al poema una musicalità ipnotica.
La lingua di Neẓāmī, ricca e variegata, trasuda eleganza in ogni parola. Egli impiega ampiamente metafore e simbolismi che donano al testo molteplici livelli di significato. Le immagini evocative e i riferimenti mitologici e storici non sono meri ornamenti retorici, ma veri e propri strumenti per dipingere un universo in cui la narrazione epica si fonde con la lirica amorosa. In questo modo, Neẓāmī riesce a intrecciare storie complesse, capaci di trasportare il lettore in un mondo dove la passione e l’eroismo convivono in un equilibrio raffinato.
La maestria di Neẓāmī risiede proprio in questa abilità: attraverso un linguaggio elegante e ricco di sottigliezze, egli plasma una narrazione che è al tempo stesso monumentale e intimamente personale. Ogni verso è pensato per rivelare non solo la trama degli eventi, ma anche i sentimenti più profondi e le aspirazioni spirituali dei personaggi, trasformando il racconto in un percorso di elevazione e conoscenza.
Neẓāmī, il poeta che cantava l’amore eterno, ma anche la forza della conoscenza, lasciava un’eredità che andava oltre le parole. Era un uomo che scriveva con la mente di un saggio e il cuore di un innamorato, che ci invita a guardare le stelle e a trovare il segreto nascosto tra di esse. La sua arte, come un gioiello prezioso, brilla ancora oggi, nel cuore del patrimonio mondiale dell'umanità.
Nota importante - La Fonte di questo breve saggio è il libro:
Titolo originale: خسرو و شیرین - Khosrow e Širin
Autore: Neẓāmī Ganjavi
Prefazione: Daniela Meneghini
Lingua originale: Persiano
Traduttore: Daniela Meneghini
Editore: Ariele
Anno di pubblicazione: 2017
Numero della pagine: 321
ISBN: 978889776351
Prezzo: €. 24,00
N.B.: del poema esistono tre traduzioni in lingua occidentale, una francese, una tedesca e una russa, questa è la traduzione italiana.
Nota alla traduzione di Daniela Meneghini - «...Si è deciso, come prassi ormai consolidata di dare del testo tradotto una versione in prosa. Poiché i singoli distici sono nella maggior parte dei casi autonomi dal punto di vista sintattico, la scelta della prosa ha comportato la necessità di stabilire delle connessioni tra i versi, attraverso congiunzioni, locuzioni o anche attraverso la subordinazione di una frase ad un'altra, al fine di evitare un ritmo troppo sincopato...».
A conclusione del mese di Gennaio pubblichiamo i link di tutte le Rubriche culturali dedicate all'Iran:
Il 1° giorno del mese sarà dato spazio alla Rubrica: Archeologia, cultura e tradizioni, “le mille e una Fiaba" di Patrizia Boi, Scrittrice e Ingegnere.
Il 7° giorno del mese sarà dato spazio alla Rubrica: Arte e dintorni, "I dialoghi dell'Arte" di Chiara Cavalieri, Esperta di Geopolitica e di Cultura del Medioriente.
Il 14° giorno del mese sarà dato spazio alla Rubrica: Musica, "Suoni dall'Universo" di Maddalena Celano, Saggista e Filosofa.
Il 21° giorno del mese sarà dato spazio alla Rubrica: Cinema, "Visioni e altri linguaggi" di Maddalena Celano, Saggista e Filosofa.
Il 30° giorno del mese (il 28° a febbraio) sarà dato spazio alla Rubrica in lingua italiana: Poesia "Poeti e poemi illuminanti" di Patrizia Boi, Scrittrice e Ingegnere.
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