Assadakah News Agency - Una lettera aperta, sottoscritta da oltre 400 accademici e personalità pubbliche di spicco provenienti da Israele, Palestina e dalla comunità ebraica, ha evidenziato un “collegamento diretto” tra la riforma giudiziaria in corso da parte del governo israeliano e l’occupazione dei Territori palestinesi. Questo appello, che spinge verso un’azione concreta, invita la comunità ebraica negli Stati Uniti a rompere il “silenzio” e a impegnarsi in un dialogo significativo.
La lettera, affrontando la dibattuta riforma giudiziaria, afferma che l’obiettivo di questa proposta sembra essere quello di “rafforzare le restrizioni su Gaza, privare i palestinesi di pari diritti sia all’interno che oltre la Linea Verde, annettere ulteriori terre e condurre una pulizia etnica di tutte le regioni abitate dalla popolazione palestinese sotto il controllo israeliano”.
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Mettendo in risalto l’importanza critica dei diritti umani come baluardo contro l’instaurarsi di una dittatura, la lettera sottolinea che, a prescindere dal contesto politico – che sia uno Stato, due Stati o altre ipotesi – i diritti umani per tutti i cittadini devono essere preservati.
“Senza diritti uguali per tutti, che si tratti di uno Stato, due Stati o qualsiasi altro assetto politico, permane sempre il rischio di una dittatura”, afferma la lettera. Inoltre, denunciando l’attuale “regime d’Apartheid” di Israele, la missiva dichiara che i palestinesi sono stati la “questione irrisolta” nel contesto delle proteste che si sono protratte per più di sette mesi.
“Il popolo palestinese è privato di quasi tutti i diritti fondamentali, inclusi il diritto di voto e di protesta. Affronta una costante violenza: solo quest’anno, le forze israeliane hanno ucciso oltre 190 palestinesi in Cisgiordania e Gaza e hanno demolito più di 590 strutture. I coloni compiono incendi, saccheggi e omicidi con impunità”, afferma la lettera. L’ultimo violento episodio nei Territori occupati della Cisgiordania è stato l’uccisione di un giovane palestinese di 19 anni per mano di un terrorista israeliano.
Tra i firmatari spiccano leader di fondazioni, studiosi, rabbini ed educatori che invocano un’azione significativa. Incoraggiano il sostegno al movimento di protesta in corso in Israele, sottolineando l’importanza dell’uguaglianza per ebrei e palestinesi, sia all’interno che oltre la Linea Verde, nonché nei Territori Palestinesi Occupati (TPO). Inoltre, promuovono il sostegno alle organizzazioni per i diritti umani e la diffusione del loro lavoro nelle comunità, insieme all’approvazione di programmi educativi che offrano un’analisi obiettiva del contesto storico e contemporaneo di Israele. Tra i firmatari di rilievo, oltre 100 accademici affiliati alle università israeliane, tra cui figure di spicco come l’ex-capo dell’Agenzia Ebraica e membro della Knesset Avraham Burg. Nel 2021, l’ex-portavoce della Knesset aveva dichiarato che Israele ha poco a che fare con l’essenza dell’ebraismo.
Burg ha affermato che lo Stato ebraico è un ossimoro, spiegando che uno Stato è uno strumento nelle mani delle persone e non può avere un’essenza ebraica o di qualsiasi altra religione. Comunità e cultura possono essere ebraiche’, ma non appena si attribuisce a uno Stato un’essenza ebraica, una dimensione religiosa, esso non può più essere una democrazia appartenente al suo popolo.
La lettera esorta, inoltre, la comunità ebraica a spingere i propri rappresentanti a lavorare per porre fine all’occupazione e a limitare l’assistenza militare utilizzata nei Territori Palestinesi Occupati. Chiede inoltre di porre fine all’impunità israeliana nei confronti delle organizzazioni internazionali, inclusa l’ONU.
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