Elisabetta Pamela Petrolati (Assadakah News) - Di sacralità è impregnato ogni singolo granello di sabbia, ogni pietra, in Palestina. Terra e patria di varie religioni, è sicuramente culla del cristianesimo visto che Gesù è nato a Betlemme. Cristiani cattolici, ortodossi e protestanti costituiscono una importante presenza in Palestina, infatti dopo quella musulmana la religione cristiana è la seconda confessione più praticata.
Il Natale in Palestina fino a due anni fa: immagini cristallizzate
Tutte le feste religiose sono molto sentite in Terra Santa, allo stesso modo si rispettano le ricorrenze dei cristiani, dei musulmani, degli ebrei, degli ebrei palestinesi. Terra di grande inclusione e rispetto, le persone hanno sempre partecipato alle diverse tradizioni indipendentemente dalla religione di appartenenza. I cattolici festeggiano il Natale il 25 dicembre e gli ortodossi il 7 gennaio. Ogni confessione cristiana ha le proprie chiese, le proprie comunità, i propri siti archeologici. A Nablos, ad esempio, gli importanti siti archeologici sono gestiti sia da cattolici sia da ortodossi.
I cristiani non sono presenti in tutte le città, la maggior parte di essi è concentrata in Cisgiordania. Per quanto riguarda il sud della Palestina grandi comunità risiedono (in ordine di concentrazione) a Beit Sahour, a Betlemme, a Beyt Jala. Grande presenza poi a Gerusalemme, Ramallah, Nablus e Jenin.
Il Natale è una festa molto sentita e i cristiani hanno abitudini simili in tutto il mondo: funzioni religiose, incontri tra parenti, scambi di regali. Il 24 dicembre sera, nella Basilica della Natività a Betlemme, si svolge la Santa Messa principale presenziata dall’alta rappresentanza clericale, con la partecipazione del mondo politico palestinese. A seguire un grande concerto musicale raduna le genti di ogni credo. La mattina del 25 dicembre si svolge una solenne processione che parte da Gerusalemme e giunge a Betlemme: vi partecipano autorità religiose, rappresentanti del mondo politico, membri del corpo diplomatico, civili, gruppi scout, bambini. Tutti camminano pregando, cantando; la banda allieta la marcia religiosa con la musica; le candele accese e lo sventolìo delle palme danno solennità alla preghiera comune e alla strada percorsa.
Le luci hanno grande rilievo nei festeggiamenti natalizi, la Palestina ha una forte tradizione nelle illuminazioni, tanto che tempo addietro anche la città di Torino ha fatto dono alla Terra Santa di un consistente apporto luminoso, come dono e segno di solidarietà per la persistente situazione di occupazione.
Babbo Natale cammina per le strade, dona giochi ai bambini; credenti e membri di associazioni religiose usano fare visita a ospizi e orfanotrofi per portare doni e alleviare la solitudine a chi si trova in situazione di disagio.
Il Natale cristiano e quello ortodosso costituiscono Festa Nazionale, tutto si ferma in onore di queste ricorrenze a cui partecipano anche i musulmani. I cristiani preparano dolci palestinesi da regalare ai vicini e conoscenti musulmani e molto spesso festeggiano insieme il Natale. Allo stesso modo i cristiani partecipano ai riti del Ramadan e ne condividono preghiere e abitudini.
Cibi della tradizione palestinese e cristiana si intrecciano: maftoul (piatto a base di bulgur); mansaf (carne d’agnello con salsa di formaggio); falafel (polpette di legumi speziate), hummus (salsa a base di tahina), shakshuka (uova e pomodoro); fatayer (fagottini ripieni di carne e spinaci); maqloubeh (riso palestinese rovesciato) e molti altri. Così come vari e deliziosi sono i dolci delle festività, ad esempio ma’moul (biscottini palestinesi di semolino e frutta secca); dahdah (pasta di semolino con zucchero, burro fuso, cocco e latte); knafa (formaggio bollito ricoperto di pasta rossa e guarnito al pistacchio).
Natale in Palestina oggi
Se il Natale e i suoi festeggiamenti in Terra Santa sono stati difficili, compromessi, coperti di difficoltà e tristezza in tutti questi lunghi anni dell’occupazione israeliana, negli ultimi due anni si sta vivendo una situazione senza precedenti. Dallo scorso Natale 2023, dall’inizio di quello che si è rivelato essere un vero e proprio genocidio a Gaza, il Natale non è stato più festeggiato in tutta la Palestina. Si svolgono esclusivamente le funzioni religiose. Non più illuminazioni, non più concerto natalizio, non più processione religiosa, non più presenza di Babbo Natale per le strade, non più festeggiamenti o riunioni di festa. A Gaza, la forte presenza cristiana aveva ospedali, chiese, università, banda musicale: a oggi tutto è perso. Quale Natale festeggiare tra distruzione e migliaia e migliaia di morti?
Dopo essere stato osteggiato dagli israeliani, il Papa è riuscito a far entrare a Gaza, il 22 dicembre, il suo inviato, cardinale S.E. Pierbattista Pizzaballa, patriarca cattolico e biblista italiano dell’Ordine dei Frati Minori, nonché patriarca di Gerusalemme dei Latini, per portare vicinanza e supporto alla comunità dei cristiani. Ha celebrato la Messa nella chiesa della Sacra Famiglia e ha sostenuto nella speranza e nella testimonianza i fedeli di Gaza. Pizzaballa è giunto a Gaza dopo una polemica tra Papa Francesco e l’Ambascaiata Israeliana accreditata presso la santa Sede.
“Non so quando o come finirà questa guerra - ha affermato Pizzaballa in uno dei momenti più toccanti della sua omelia - e ogni volta che ci avviciniamo alla fine, sembra che si ricominci da capo. Ma prima o poi la guerra finirà e non dobbiamo perdere la speranza. Quando le ostilità finiranno ricostruiremo tutto: le nostre scuole, i nostri ospedali e le nostre case. Dobbiamo rimanere uniti e pieni di forza.”
Con queste parole, con ciò che rimane, con ciò che si prospetta ancora, con insopprimibile speranza, ci uniamo alle parole del Cardinale, in questo insaguinato Natale.
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